Salerno: 6 fratelli per 6 fornelli

Luciana Mauro
 Il sogno di papà Leopoldo era di vederli tutti uniti, ad esprimere l’insita arte culinaria, in un solo ristorante. Non è andata così. Col tempo le loro strade si sono divise e oggi solo Giuseppe, di tutto lo staff di chef firmati Bracciale, ha scelto Salerno come sua città adottiva e vi lavora da anni, dividendosi tra la mitica trattoria del Padreterno alla Rotonda e Torre del Greco, città d’origine che ha messo da parte preferendo la tipica cucina salernitana, i suoi aromi e sapori, le sue tradizioni. “Siamo tutti di Torre e facciamo tutti il mestiere di cuochi – spiega Peppe o’turrese – io qui a Salerno ho messo il cuore, perché mi piace come città e amo la gente, perché forse ne ho conosciuto la parte migliore”
Vincenzo, Pasquale, Nello, Antonio e Francesco, i suoi cinque fratelli appassionati di cucina, girano invece la Campania e l’Italia, lavorando in diversi locali . Ma ad unire i Bracciale è un solo credo e fin da ragazzi, nella loro vita, non hanno voluto fare altro. “La cucine è un’arte – commenta Giuseppe – che ha radici profonde nella cultura di ogni popolo. Per questo ogni luogo ha i suoi profumi, il suo gusto che ne contraddistingue usi e costumi”. Lo chef noto per i sublimi “paccheri allo scoglio”, un piatto di mare inventato e dedicato proprio a Salerno, non ha dimenticato quando da bambino, si svegliava con il profumo di buon cibo che mamma Carmela, provetta cuoca, metteva a cuocere di buon ora. “Allora si usava molto la sugna – racconta – e mia madre la preparava in casa mettendo a bollire, per ore, lardo di cotica, pezzi di limone e alloro. Doveva cuocere a lungo, quel composto che inondava la casa di un profumo che non ho dimenticato. Poi veniva filtrato e messo nei vasetti. Ne bastava un tocco per dare sapore ad ogni pietanza”. E che sapore! Ragù, carni e arrosti prelibati, frittelle, pizze e sinanche il pane diventavano autentiche godurie. Buone, semplici e genuine. Come la cucina di un tempo che oggi unisce, anche a distanza, sei fratelli accomunati dalla stessa passione. E chissà che non si avveri, un giorno, il sogno di papà Leopoldo. Vederli tutti insieme agli stessi fornelli, magari di un ristorante del centro, ci fa già venire l’acquolina in bocca!.