Proverbi Africani: l’acculturazione

Padre Oliviero Ferro  

L’ACCULTURAZIONE comprende i fenomeni che risultano dal contatto continuo e diretto di gruppi d’individui avente differenti culture, in modo tale che avvengono cambiamenti nelle culture originarie dei due gruppi o di uno di loro (Melville J. Herskovits, The study of culture contact, 1938). La storia dell’umanità è fatta di catene di acculturazioni. La civiltà occidentale sorse di colpo, ma dovette ricevere le luminosità dell’oriente e dell’Egitto per perfezionarsi. La Grecia ellenizzò Roma. Nessuna cultura scompare senza lasciare tracce. Soltanto i gruppi che non intrattengono nessun scambio con gli altri si sottraggono all’acculturazione (come vorrebbe qualche illuminato di oggi!!!).

Non è un processo di assorbimento. I Paesi nordamericani hanno un debito nei confronti di milioni di Africani deportati come schiavi (dal 1500 in poi) per la costituzione delle ricchezze materiali e per la creazione di caratteristiche culturali specifiche. In America, ogni cultura rimane attaccata al proprio modo di vita specifico, ma si fondono tra di loro per formare la grande America. Il rigetto aggressivo di una cultura, con la pratica della segregazione e dell’apartheid, che si accompagna sempre con una impresa di disprezzo e di caricatura, non è probabilmente nella sua violenza reazionaria, che la maschera di u a inevitabile interdipendenza che si vuole negare. (N.B.: l’autore che ci aiuta a capire i proverbi, il congolese RDC Jonas Shamuana Mabenga scriveva nell’anno 2.000!). Ora passiamo ai proverbi. “Pur diventando secco, il fiume mantiene il proprio nome” (Ashanti, Ghana) (non si cambia personalità con il cambiamento dello stato sociale. Si rimane se stessi).

Una persona che si lascia prendere dalla cultura altrui, s’immedesima in quella cultura (come di solito facciamo noi missionari, cercando di conoscere, apprezzare, sentire propria la cultura del posto),, ma rimarrà profondamente uomo della propria cultura d’origine (pur avendo vissuto in Africa, cerco di apprezzare e conoscere meglio la mia cultura. Nel caso particolare: quella di Venezia dove sto vivendo da qualche anno). “Il fungo che cresce tra i “nkula”, verrà chiamato “nkula” (Basonge, Congo RDC). E’ chiaro che l’assimilazione razziale non è mai opera facile. Richiede tempo, pazienza e cuore e intelligenza aperta, senza pregiudizi. “La corteccia (buccia) di un albero non aderisce mai ad un altro albero”. (Galla, Etiopia). E uno simile “Il tronco di un albero resterà tanto tempo nell’acqua, ma non diventerà mai un coccodrillo” (Wolof, Senegal). Pur cercando di essere africano…dentro di te c’è sempre la tua cultura di origine che non si può nascondere. Ed è bene perché si dialoga tra culture e l’una arricchisce l’altra.  E un altro ancora “Si può lavare la tartaruga della savana quanto si vuole, ma essa non diventerà mai tartaruga acquatica” (Malinkè, Senegal). A Roma occorre vivere come i Romani. Bisogna adattarsi ai loro costumi e non dire “ma nel mio pese si faceva, si diceva, si operava così e così, qui invece”.

Sei in un posto nuovo e se ci vuoi vivere, devi imparare ad adattarti, cominciando dal mangiare, il modo di salutare, camminare, ragionare, la concezione del tempo (orologio), la fretta o la calma…”Se trovi i pipistrelli aggrappati ad un albero, aggrappati pure” (Banyoro, Uganda). Non bisogna dimenticare che gli scambi culturali sono utili all’arricchimento reciproco. Il mondo è diverso e per questo che è interessante. “Senza l’apporto di acque esterne, il fiume non gonfia mai” (Ashanti, Ghana).