Zelarino: Proverbi Africani: le abitudini

Padre Oliviero Ferro                                      

L’ABITUDINE è il modo di comportarsi, individuale, frequentemente ripetuto e quindi ormai incarnato nella personalità del soggetto, al punto tale da orientare la propria esistenza. Le ABITUDINI significano anche un insieme di usi e costumi di una collettività, sistematicamente standardizzati nei codici di comportamenti e ormai caratteristici di uno specifico gruppo. Esse sono gli elementi fondamentali della vita di un clan, villaggio, etnia. E son diventate nel tempo parte della propria natura personale e dell’identità socioculturale della comunità. Perciò le abitudini non si correggono facilmente. L’etica insegna quali sono i meccanismi per sviluppare le buone abitudini e per eliminare, anche se costa, quelle cattive. E ora vediamo cosa ci dicono i proverbi.

“Con l’abitudine, quando qualcuno tocca il cane, non si lava le mani” (Sango, Centro-Africa) (Bisogna coltivare le buone abitudini. Perché con l’abitudine, certi comportamenti anche sbagliati diventano normali e non si pensa più a correggerli). Da notare che un’abitudine acquisita da piccoli e diventata connaturale, non si cambia più (vediamo la propria esperienza personale) “Anche se il cane diventa ricco, non guarirà mai dal frugare” (Baluba, Congo RDC). E un altro simile “Il camaleonte non ha mai cambiato la sua camminata regale” (Bamoun, Cameroun). Non sempre possiamo dare la colpa che abbiamo preso delle brutte abitudini fuori di casa.  A volte succede che le abbiamo imparate in casa (es: dire parolacce, criticare, alzare le mani, menefreghismo…) “Il difetto non si nutre al mercato, si lavora per esso” (Pangwe, Gabon). Una cattiva abitudine rende l’uomo cieco.

“Il difetto non ha occhi” (Hutu, Burundi). E l’abitudine scioglie ogni prudenza nel relativo ambito della vita “L’abitudine è assassina” (Dan, Liberia). Quante volte abbiamo detto “ormai siamo abituati così, perché cambiare” ed ecco i Beti del Cameroun ci ricordano questo nostro modo di pensare “Si guarisce da una malattia, ma non si guarisce mai da una cattiva abitudine”.  Perché? Perché certe abitudini rendono l’uomo incosciente dei propri errori “La capretta ritorna tranquillamente dove ha rovinato le piantagioni” (Wolof, Senegal).  I Warega, Congo RDC, ci donano la loro sapienza. “E’ al fiume che l’anfora si rompe ed è là che dove l’uomo ha le sue abitudini che muore” (una abitudine troppo radicata può diventare una trappola. Se tu frequenti sempre i medesimi luoghi, un giorno, tu avrai dei problemi). Eccone un altro “Fin tanto che non ha rotto l’anfora di sua madre il bambino non conserva i suoi consigli” (è attraverso l’esperienza, anche se negativa, che tu troverai la tua strada.

E’ attraverso le prove, gli errori, gli sbagli, che tu arriverai ad arrangiarti nella vita. La prudenza e l’attenzione si insegnano solo attraverso l’esperienza personale. E infine: i consigli che ti danno i genitori, i maestri, gli amici, entrano da un’orecchia e escono dall’altra, mai il giorno in cui li avrai trasgrediti, tu ne soffrirai. In quei giorni tu scoprirai che sono giusti). Un altro proverbio, sempre dei Warega, mette in scena il porcospino. “Porcospino, tu muori nella manioca; quello che l’uomo conosce, è ciò che lo uccide” (dato che il procospino era troppo abituato al campo di manioca, si fidava al punto di non prendere più delle precauzioni, ed è caduto in trappola, Quindi, se tu ti abitui a una persona, a una situazione, al punto di non fare più attenzione, di non essere vigilante, tu ti lascerai imbrogliare.). Ricordiamoci quest’ultimo “L’uccello cessa di volare soltanto quando muore” (Tutsi, Rwanda).