La Voce e la Vita della Chiesa: Non dimentichiamo chi vive in carcere

Diac. Francesco Giglio

Alcuni giorni addietro ha concluso la sua avventura terrena Padre Riccardo Sommella, missionario Vincenziano. Nato a Napoli e deceduto per covid all’età di 97 anni.  per circa 45 anni è stato cappellano nella Casa Circondariale di Fuorni.   Nel 2011 cessa la sua attività pastorale nelle carceri di Salerno e, malgrado i suo 87 anni, continua il suo servizio a Napoli nel carcere di Poggioreale. Il suo esempio e la sua vita trova riscontro nella Lettera agli Ebrei (13,1-4): “Perseverate nell’amore fraterno.  Non dimenticate l’ospitalita’; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo.  Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono, essendo anche voi in un corpo mortale“.

In questo particolare momento in cui l’epidemia sta causando migliaia di morti la nostra fede ci invita a pregare per loro. Credo sia importante  ricordarsi anche dei fratelli e delle sorelle rinchiusi nelle carceri. Ora più che mai dobbiamo essere loro vicini con la preghiera, perché il Signore li aiuti, li consoli.

I carcerati di Velletri, tempo addietro, hanno scritto una lettera a Papa Francesco. Questi ha loro risposto con queste parole: “Dio vi ama sempre, non hanno importanza gli errori che avete commesso….Vi ringrazio per aver pensato a me in mezzo alle difficoltà delle vostre situazioni di vita attuale. Per questo motivo – soggiunge – nelle mie visite pastorali domando sempre, quando ciò è possibile, di poter incontrare chi vive una libertà limitata, per portargli l’affetto e la vicinanza. Anche per questo ho voluto che nell’Anno Santo della Misericordia, vi fosse un giubileo dei carcerati.

Carissimi – continua Francesco – voi vivete un’esperienza nella quale il tempo sembra si sia fermato, sembra non finisca mai. Ma la vera misura del tempo non è quella dell’orologio. La vera misura del tempo si chiama speranza! Ed io desidero che ognuno di voi tenga sempre ben accesa la luce della speranza della fede per illuminare la vostra vita . Di qui l’esortazione a pregare il Signore perché riempia il tempo di vera speranza.  …”Siate certi sempre che Dio vi ama personalmente; per Lui non ha importanza la vostra età o la vostra cultura, non ha importanza nemmeno che cosa siete stati, le cose che avete fatto, i traguardi che avete ottenuto, gli errori che avete commesso, le persone che avete ferito. Non lasciatevi rinchiudere nel passato, anzi trasformatelo in cammino di crescita, di fede e di carità. Date a Dio la possibilità di farvi brillare attraverso questa esperienza”... Nella storia della Chiesa, ricorda poi il Papa, “tanti Santi sono arrivati alla santità attraverso delle esperienze dure e difficili!”. Dunque, conclude la lettera, “aprite la porta del vostro cuore a Cristo, e sarà Cristo a capovolgere la vostra situazione. Con Cristo è possibile tutto ciò!

La situazione dei carcerati in questo momento è molto particolare e noi, per certi versi, ci troviamo nella loro stessa condizione perché nel nostro isolamento forzato sperimentiamo il disagio di non poter vivere i rapporti umani. Quando il rapporto con le persone si interrompe, si entra in una profonda crisi. Esperienza questa che i  detenuti conoscono, perché la vivono abitualmente.

Quello di incontrarsi e di avere relazioni è un dono grande che la vita ci offre, ma che stiamo apprezzando solo ora che ne siamo privati.

Quanto è importante oggi telefonare alle persone che amiamo o conosciamo, parlare con loro sapendo che chi riceve una chiamata, in qualche modo ci vede e ci sente vicino. Forse mai come in questo particolare momento stiamo comprendendo quanto è importante la vicinanza e il contatto umano. Quanto è bello ricevere una visita, incontrare i familiari, vivere in prima persona la gioia dell’abbraccio.

Dobbiamo diventare tutti carezza, così come fa il Santo Padre tutti i giorni ricordando nella preghiera questi nostri fratelli e sorelle. A loro il Papa regala sempre una parola di speranza e di vita. In questo momento così drammatico, dobbiamo essere capaci di recuperare il senso autentico dello stare insieme. Cosa questa che i detenuti conoscono molto bene.

A quanti si trovano a vivere questa realtà di separazione dal mondo va il nostro affettuoso e fraterno pensiero.

Allora coraggio fratelli e sorelle, la Pasqua di resurrezione è vicina e quindi con gioia camminiamo con e verso Cristo “riaffermando la nostra fede e continuando a credere e a sperare nonostante tutto.