Salerno: consiglieri Celano-Gallo, richiesta convocazione Consiglio Comunale, lettera a Prefetto

In data 1° dicembre 2020, undici Consiglieri comunali di Salerno, oltre 1/3 del Civico Consesso, hanno sottoscritto e notificato al Presidente del Consiglio di Salerno, al Sindaco e al Segretario generale dell’Ente una istanza di convocazione del Consiglio ai sensi dell’ art.39, comma 2 del TUEL per discutere dell’intervento di risistemazione di Piazza Alario [all.1].

Il giorno 14 dicembre 2020, i Consiglieri istanti hanno ricevuto una nota di diniego alla suddetta richiesta a firma del Presidente del Consiglio comunale e del Sindaco di Salerno, con motivazioni che appaiono già prima facie infondate e lesive dei diritti e delle prerogative dei Consiglieri firmatari [all.2].

Nella nota in questione, infatti,  il Presidente Ferrara ed il Sindaco Napoli giustificano irricevibilità dell’istanza eccependo che l’argomento di cui si richiede la discussione non rientrerebbe tra le competenze attribuite  al Consiglio Comunale  ai sensi dell’art. 42, II comma, del D.Lgs. 267/2000. Tale diniego appare agli scriventi, come detto, una grave lesione delle prerogative dei Consiglieri Comunali riconosciute dalla legge e rafforzate dalla giurisprudenza e dai più che facilmente comprensibili chiarimenti del Ministero degli Interni che si è già pronunciato su analoghe vicissitudini.

E valga il vero.

Come si evince con nettezza e chiarezza dal parere del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno “Applicazione degli artt.39, comma 2, e 42, comma 1, del decreto legislativo n.267/2000 – Territorio e autonomie locali” del 05.02.2004 ancor pubblicato sul sito del Governo in data 16.03.2018 [https://dait.interno.gov.it/pareri/97010 – all.3], appare necessario sottolineare che il diritto dei Consiglieri Comunali ex art.39, comma 2, «è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell’ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve di venti giorni» (T.A.R. Puglia, Sez.1, 25 luglio 2001, n.4278). L’orientamento che vede riconosciuto e definito «il potere dei consiglieri di chiedere la convocazione del Consiglio medesimo» come “diritto” dal legislatore è, quindi, ormai ampiamente consolidato (sentenza T.A.R Puglia, Lecce, Sez. I del 4 febbraio 2004, n.124).

La questione sulla sindacabilità dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione persino ‘straordinaria’ dell’assemblea, si è orientata nel senso che al Presidente del Consiglio spetti solo la verifica formale del prescritto numero di consiglieri, non potendo comunque sindacarne l’oggetto.

La giurisprudenza in materia, infatti, si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, «al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l’oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l’ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all’ordine del giorno» (T.A.R. Piemonte, n.268/1996, Tar Sardegna, n.718 del 2003).

Si aggiunga che il T.A.R. Sardegna, con la sentenza n.718 del 2003, ha respinto un ricorso avverso un provvedimento prefettizio ex art.39, comma 5, del citato decreto legislativo in quanto, ad avviso del giudice amministrativo, il Prefetto non poteva esimersi dal convocare d’autorità il Consiglio Comunale, «essendosi verificata l’ipotesi di cui all’art.39 del T.U.O.E.L. n.267/00».

Inoltre, si è sostenuto che appartiene ai poteri sovrani dell’assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell’ordine del giorno non debba essere discusso – questione pregiudiziale – ovvero se ne debba rinviare la discussione – questione sospensiva – (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez.1, 25 luglio 2001, n.4278 e sempre T.A.R. Puglia, Lecce, Sez.1, 4 febbraio 2004, n.124).

Va peraltro rilevato che, qualora l’intenzione dei proponenti non sia diretta a provocare una delibera in merito del Consiglio comunale, bensì a porre in essere un esame degli argomenti proposti, si potrebbe ipotizzare, ai sensi dell’art.42, comma 1, del decreto legislativo n.267/00, che rientri nella competenza del Consiglio comunale in qualità di “organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo” anche la trattazione di “questioni” che, pur non rientrando nell’elencazione del comma 2 del medesimo art.42, attengono comunque al suddetto ambito di controllo.

Del resto, la dizione legislativa che parla di “questioni” e non di deliberazioni o di atti fondamentali, conforta nel ritenere che la trattazione di argomenti non rientranti nella previsione del citato comma 2, dell’art.42, non debba necessariamente essere subordinata alla successiva adozione di provvedimenti da parte del consiglio comunale.

Per tali motivi, con la presente, si denuncia alla S.V. la grave violazione di legge da parte delle Autorità cui compete la convocazione del Civico Consesso da tenersi non oltre il ventesimo giorno dalla data di richiesta e, pertanto,

SI CHIEDE

di voler attivare nell’immediato e d’autorità i poteri sostitutivi che la normativa vigente attribuisce ai Prefetti ponendo così rimedio al  pregiudizio delle attribuzioni di legge riconosciute ai Consiglieri Comunali.

Con ossequio,

 

Dott. Roberto CELANO                                Avv. Leonardo GALLO