Salerno: Pubblico Impiego, Sciopero sindacale 9 dicembre 2020

I sindacati della Pubblica amministrazione di Cisl, Cgil e Uil hanno dichiarato lo sciopero della categoria per cambiare e migliorare la Pubblica Amministrazione, per la sicurezza nel lavoro, per le assunzioni in tutti i settori pubblici e per il rinnovo del contratto.

Scioperano lavoratori che hanno pagato un prezzo altissimo anche in termini di contagi e morti nei luoghi di lavoro a causa del Covid, che hanno la contrattazione aziendale bloccata in un settore importante per il sistema Paese dove sono presenti 350.000 lavoratori precari con contratti a scadenza, nell’incertezza per il loro futuro e quello della loro famiglia.

I diritti di cittadinanza passano per l’efficacia e la puntualità del lavoro pubblico: non c’è qualità del servizio se non c’è qualità del e nel lavoro, non c’è diritto alla salute senza strutture adeguate e personale sanitario, non c’è sostegno alla famiglia e alla natalità quando mancano asili nido, strutture e personale nel sociale a sostegno della disabilità e della non autosufficienza, non c’è diritto alla sicurezza quando mancano strumenti e lavoratori dedicati!

La Pubblica Amministrazione ha bisogno di riformarsi e innovarsi, ha bisogno di un grande piano di digitalizzazione e formazione, ma per fare tutto questo occorrono investimenti, visione e partecipazione dei lavoratori.

Lo Stato datore di lavoro per i dipendenti pubblici non può non riconoscere il diritto al contratto per i suoi lavoratori, un contratto già scaduto da oltre 2 anni.

Non si sostituisce la contrattazione con le circolari ministeriali, non è così che si realizza il cambiamento, questa è una mentalità vecchia e improduttiva.

Oggi il Paese tutto fa i conti con le scelte sbagliate del passato, tagli ai posti letto, alle piante organiche del personale, centinaia di migliaia di posti di lavoro pubblico cancellati, servizi ridotti all’osso.

Tutto questo ha creato un Paese più diviso, ingiusto, diseguale e l’emergenza pandemica ha fatto emergere drammaticamente quanto il lavoro pubblico faccia la differenza!

In questo contesto gli attacchi volgari che in questi giorni sono stati fatti ai sindacati confederali dopo la dichiarazione dello sciopero hanno un unico scopo: indebolire il sindacato e dividere i lavoratori, forse per distogliere l’attenzione sui veri problemi del Paese!

La battaglia dei lavoratori pubblici è la battaglia di tutti noi per la dignità del lavoro e della persona, perché senza i servizi siamo tutti più soli e più deboli.

I segretari generali della funzione pubblica di Cisl, Cgil e Uil hanno scritto, al Direttore de La Repubblica, una lettera sullo sciopero del prossimo 9 dicembre che potete leggere qui di seguito:

“Perché lo sciopero del 9 dicembre è per il paese e non contro”

 

Caro Direttore,

abbiamo letto l’intervento di Boeri e Perotti che si schierano nella filiera di chi fomenta rancore nei confronti della categoria dei dipendenti pubblici.

Alcuni nostri chiarimenti sono però d’obbligo, perché tutti possano formarsi un’opinione.

Lo sciopero del 9 dicembre è per rivendicare più assunzioni, garantire maggiore sicurezza per i lavoratori dei servizi pubblici (mancano, ad esempio, ancora guanti in sanità mentre le educatrici dei nidi chiedono mascherine Ffp2) e sì anche per il rinnovo di un contratto scaduto da due anni.

Parliamo di un contratto che riguarda oltre 3,2 milioni di lavoratrici e lavoratori, ed è per questo che sono in stato di agitazione tutti i comparti pubblici: Funzioni Centrali, Locali e Sanità.

Da Boeri e Perotti – che vivendo in una condizione di privilegio forse sono troppo distanti dalla difficile realtà dei lavoratori dipendenti – ci aspetteremmo un po’ meno qualunquismo e un po’ più di competenza.

Non sono gli “statali” a scioperare ma tutti i pubblici, e lo fanno per chiedere maggiori investimenti, per il loro salario e per innovare la PA.

Il 4% di incremento citato da Boeri e Perotti è la base per tutti, tiene insieme cioè il magistrato e il cancelliere, il prefetto e il poliziotto, il dirigente e l’educatore, l’operatore sanitario, l’infermiere e il tecnico di radiologia ma anche il direttore generale di un grande ente pubblico. Una media del pollo che falsa l’esito:

il governo ha stanziato risorse che nella forbice della diseguaglianza del nostro sistema di contrattazione non produce i 107 euro stimati da alcuni ma, ad esempio, circa 70 euro, al netto dell’indennità di vacanza contrattuale, per quegli operatori sanitari che stanno affrontando la pandemia e con il rischio di perdere altri 19 euro (per un lavoratore inquadrato in D in sanità) di retribuzione se non si procede a stabilizzare l’elemento perequativo, ovvero quella misura che colmò il divario nel 2018 di chi non raggiungeva aumenti pari a 85 euro medi mensili lordi dopo dieci anni di blocco della contrattazione.

I 400 milioni previsti dalla manovra, in sostanza, andranno in larga parte alla dirigenza e, ad esempio, non ci consentiranno di fare la riforma del sistema di classificazione del personale.
Non vogliamo perdere la scommessa del miglioramento della PA, chiediamo per questo di aprire un confronto (al momento negato) per poter affrontare questi e altri nodi.

Si potrebbe ragionare di premiare chi in questi mesi ha dato un contributo importante per la gestione dell’emergenza, costruendo maggiore equilibrio nella distribuzione delle risorse.

Quello che non è giustificabile è contrapporre diritti e lavoratori.

Togliere qualcosa ad un dipendente pubblico che guadagna poco più di mille euro non aiuta il precario che ne guadagna un po’ meno.

Il problema è assumere i precari, avere salari dignitosi tutti, pubblici e privati, far ripartire l’economia e contrastare l’emergenza sanitaria con più sicurezza. Il governo è il nostro datore di lavoro e, da quando gli abbiamo inviato le piattaforme per il rinnovo dei contratti, non ha mai avviato il confronto sul rinnovo.

Questa è l’ultima legge di Bilancio che può intervenire, a normativa vigente nel settore pubblico, sul triennio contrattuale.

Il Segretario Generale

Pietro Antonacchio