Proverbi Africani: il carattere

Padre Oliviero Ferro
Il carattere è l’elemento più personalizzante dell’individuo all’interno della comunità. I suoi aspetti positivi e negativi sono determinanti nell’assegnazione dei ruoli e funzioni sociali. Ma anche nella pratica delle semplici relazioni interpersonali. Come in ogni società, in Africa si preferiscono i caratteri cosiddetti “buoni” e si sconsigliano o condannano quelli “cattivi”. Quello che la saggezza tradizionale insegna, è anzitutto ad avere la consapevolezza delle varie vicende contradditorie dei caratteri umani; e poi a sapere quali possono essere gli insegnamenti orali a disposizione per promuovere e mantenere quello che viene ritenuto positivo e correggere o evitare gli aspetti che sono negativi. Ed ora via con i proverbi. Dai Bahaya della Tanzania ascoltiamo questo “Seduto o in piedi, il rospo rimane lo stesso” (in parole povere: non si cambia il carattere di una persona). Sempre i Bahaya aggiungono “Non è la mano, ma è il cuore che dona” ( e di questo dovremmo accorgerci più spesso, pensando a che non è l’offerta che conta, ma è l’intenzione del cuore che vale. Anche se il regalo è piccolo, insignificante, se è dato con il cuore, è un grande tesoro). E’ chiaro che ogni uomo apre il suo cuore soltanto ai suoi più intimi compagni di vita. Anche se oggi sembra che c’è l’abitudine di aprirsi sul social (FB e altri), come ci ricordano i Bahumbu del Congo RDC “il cuore dell’uomo non è un sacco dove chiunque può inserire la mano”. E un altro proverbio  che viene dai Douala del Camerun riprende  la medesima idea “Il cuore è una cassaforte che non si apre mai facilmente (l’uomo non si rivela mai facilmente. Spesso quello che si vede è solo l’esteriore. Le cose più importanti sono custodite gelosamente). E continuando sulla stessa idea, anche i Bkwa cienze del Congo RDC ci ricordano “Il cuore dell’uomo è come una foresta oscura” (è difficile penetrare il cuore dell’uomo e scoprirne le intenzioni nascoste). Quante volte abbiamo sentito che bisogna conoscere bene il nostro cuore, quello che vi è nascosto, magari facendosi aiutare da qualcuno. Altrimenti rischiamo di fare delle scelte, come si dice oggi “di pancia” di cui magari poi ci pentiremo. Lo dicono bene i Basuto del Lesotho “Il nostro cuore è come una capretta; bisogna saperla legare bene” (è importante saper controllare i nostri desideri). Quante volte abbiamo sentito questa frase “al cuore non si comanda”. Ce lo dicono i Toucouleur del Senegal “Il cuore non è un ginocchio che si può piegare”. L’importante è avere qualcuno vicino per fare le cose bene. Gli Hutu del Burundi rendono bene questo concetto, dicendo “Il fuoco di un amico infiamma prima di quello del nemico”. Lo avevamo già detto all’inizio: il carattere non cambia, al massimo si può migliorarlo un pochino, ma non è così facile. Infatti i Lunda dello Zambia condividono con noi la loro riflessione, dicendo: “Il vecchio leopardo perde la sua cattiveria e non il colore della sua pelle”.  Tutti ne facciamo esperienza: le sofferenze, i problemi, le difficoltà spesso rimangono in fondo al nostro cuore e facciamo fatica a farli uscire, se non troviamo qualcuno che ci ascolta. C’è chi è timido, che ha paura di essere giudicato o chi invece, un po’ sfacciatamente, mette in piazza i suoi problemi, il suo carattere (come si vede in certe trasmissioni televisive e in altri mezzi di comunicazione). Forse l’ascolto di quest’ultimo proverbio ci può dare una mano. “Una ferita continuamente nascosta non guarisce mai” dicono gli Agni della Costa d’Avorio.