La vita spirituale è concretezza
Diacono Maurizio Scorza
La vita di fede in Gesù Cristo riguarda l’esperienza concreta di tutti i giorni. Non si diventa cristiani a tavolino, con grandi e geniali ragionamenti. È la vita che ci fa diventare cristiani, nella nostra storia personale e sociale, negli avvenimenti che viviamo. Concretezza è prendere atto di dove sto oggi io, di dove mi trovo; è analizzare la realtà che vivo. Non una realtà ideale. La mia propria, con tutte le inquietudini, le paure, le fragilità, i doni ricevuti. Tutto. Così, partendo dall’oggi, ci si chiede: dove mi trovo? Dio nel giardino dell’Eden disse ad Adamo: Adamo, dove sei? Il punto della mia storia determina il coinvolgimento della mia vita interiore, della mia spiritualità. Una vita non destinata solo alle persone che decidono di consacrarsi a Dio, ma propria di ogni essere umano; anzi, oggi più che mai, c’è bisogno di uomini che, con Jacques Maritain, possiamo definire “contemplativi per le strade del mondo”.
La vita spirituale è per tutti. È la via sapienziale per comprendere il senso della mia vita, della mia stessa natura. Una risposta che può venire solo guardando al “modello” perfetto di uomo, all’archetipo, ovvero a Gesù. Si può intuire, così, che la domanda “chi sono io?”, tipicamente filosofica, diventa, alla luce del Vangelo, “per chi sono io?”. Nella misura in cui sono relazione, io sono. Non esisto da solo, non basto a me stesso. Non mi capisco solo guardandomi allo specchio, ma il mio specchio sono gli altri e, in ultima analisi, Gesù. Nella storia di chi mi sta di fronte leggo la mia storia; in qualche modo, mi leggo nel prossimo. La vita interiore è vita nella carità, verso gli altri e verso se stessi; essa non comporta una fuga dalla realtà ma una comprensione vera e profonda della stessa realtà.
Chi cura la propria spiritualità vive con più consapevolezza la propria esistenza e trova il suo “proprio” nella storia quotidiana. Come in ogni favola, però, nella vita interiore c’è sempre un bosco da attraversare; biblicamente, parliamo di deserto. Questo cammino faticoso diventa possibile se siamo certi che ci accompagna un “Virgilio”, come è accaduto a Dante nell’Inferno. La comunità cristiana in questo ha il suo carattere specifico: essere il luogo dove ognuno può incontrare una guida per non sentirsi solo nella salita; un aiuto che sappia additargli la meta che giustifica il peso della giornata. In ultima analisi, la vita spirituale, lungi dall’essere destinata solo a poche anime elette, è semplicemente vita, vita di appartenenza a un Dio che è Padre e che mi fa comprendere che il mio presente può essere vissuto perché non sono solo.