Sofferenze italiane senza rassegnazione

Sofferenze italiane senza rassegnazione

Giuseppe Lembo

Tornando a riflettere sulle gravi e diffuse sofferenze italiane, da buoni italiani, bisogna saper trovare la via giusta per camminare insieme con un fare condiviso, cancellando quel male oscuro che si chiama rassegnazione, un tratto genetico italiano, ma soprattutto del Sud d’Italia, fortemente vittima di una burocrazia che, alleata ed insieme alla politica, producono un fare inconcludente che sta uccidendo l’Italia, sempre più bisognosa di rigenerarsi a nuova vita, assolutamente necessaria per costruire un Paese nuovo fatto di modernità nella tradizione; tanto, con un fare saggiamente positivo, il frutto delle buone idee per un’Italia d’insieme, partecipata e condivisa. Tanto, per evitare il massacro italiano di una confusione istituzionale e non che lentamente sta facendo morire l’Italia con una quotidianità di interventi che non producono né cambiamento, né futuro, ma unicamente, una sola grande confusione, in tutto il sistema Italia. Un sistema fortemente ammalato che, proprio non sa trovare le risposte giuste ai tanti gravi mali italiani; tanto, non sapendo assolutamente fronteggiare le crescenti criticità italiane da quelle antropico/sociali, a quelle naturali ed a quelle disumane di un declino economico che sta facendo morire l’Italia. Il nostro Paese è attraversato dalla smania istituzionale di una diffusa dismissione e di una delocalizzazione che sta cancellando la grande risorsa italiana del suo sistema produttivo con, tra l’altro, le eccellenze italiane, di un made in Italy che tanto piace al mondo, non sapendo assolutamente  trovare le soluzioni giuste, nel buono e saggio uso delle tante risorse italiane, soprattutto turistico/culturali che ci invidia il mondo e che tanto possono dare al futuro del Paese, se saggiamente costruito, come insieme umano, sociale, culturale, politico ed economico. L’Italia non produce ricchezza; tanto, per colpa di chi la governa e non sa mettere la marcia giusta per far crescere il Paese. Nel ventennio 1995-2015 il PIL italiano, è cresciuto di un misero 10,3%, ossia mezzo punto di media all’anno. Troppo poca la ricchezza prodotta e, tra l’altro, assolutamente inferiore rispetto a quella degli altri Paesi europei, dove il PIL è cresciuto molto, molto di più, facendoci rimanere indietro e creando condizioni da fanalino di coda del nostro Paese sia in ambito europeo che nel più generale rapporto con il mondo sviluppato. Mentre l’Europa con determinazione va avanti per costruirsi il futuro, l’Italia di un passo avanti e due indietro, non va da nessuna parte, se non verso il suo disastro da tempo annunciato; tanto, per un fare confuso che non è assolutamente un fare condiviso per il cambiamento e lo sviluppo italiano. Non è cambiamento e tanto meno modernità italiana; per essere concretamente tale, ha bisogno, prima di tutto e soprattutto, di certezze italiane; di certezze senza confusione, per ridare il necessario ossigeno al futuro italiano che ha bisogno di risorse per mantenere in piedi l’Italia dal declino economico sempre più grave e che, cammin facendo, si va trasformando anche in una crescente regressione civile, assolutamente senza ritorno. L’Italia, da lungo tempo, oltre un ventennio, produce poca ricchezza. Tanto rispetto al passato italiano ed agli altri Paesi europei dal PIL in crescita, mentre da noi nel periodo 1955-2015 abbiamo registrato un notevole calo degli investimenti pubblici con un meno 29%. Meno risorse investite ha significato e significa meno sviluppo ed altrettanto meno cura del territorio, sempre più abbandonato a se stesso, con gravi difficoltà a fronteggiare i disastri e superare le condizioni tristi di un declino economico che, lo si può minimizzare quanto si vuole, rappresenta l’inizio della fine del futuro italiano, sempre più dismesso e tra l’altro, tristemente diversificato nelle diverse realtà italiane. Siamo un Paese fortemente ineguale; un Paese per il quale e saggiamente, proprio non si sa che fare per cambiarne il corso. In questa condizione di diffuso malessere italiano, dobbiamo necessariamente cambiare; tanto per non morire d’Italia. Dobbiamo essere attenti alla spesa, tra l’altro, in una condizione di grave emergenza. Nella grave sofferenza italiana occorre, senza stare a guardare più oltre, riaccendere il motore della produzione di ricchezza, spento da vent’anni; ormai da troppo tempo spento, con un grave danno italiano. Ancora abbiamo a nostro favore l’importante posizione di grande potenza industriale del pianeta; una posizione che, con grave danno, potremmo vederci cancellata, da un fare italiano assolutamente poco saggio che ci fa, tra l’altro rischiare di non essere più oltre tra i paesi più moderni del pianeta; tanto, con un grave e disperatamente triste, danno italiano e del suo futuro che da vent’anni non sa riaccendere il motore della produzione di ricchezza, una grave sofferenza italiana da affrontare e vincere, per evitare il nostro triste destino di Paese dal futuro negato; dal futuro umanamente in declino con grave danno per il tutto italiano, compreso il suo ricco patrimonio di saperi, di testimonianze, di cultura e dei valori dell’ESSERE che, oltre ad essere un grande patrimonio-ricchezza italiana, sono parte irrinunciabili di un grande patrimonio-ricchezza del mondo.