Pier Giorgio Frassati, l’universitario Goliardo

Avv. Marcello Feola*

Pier Giorgio Frassati, l’universitario Goliardo  – tra le mille e mille facce che i Goliardi sul proscenio dei secoli dal Medio Evo ad oggi hanno storicamente assunto: ludica, scapigliata, giocosa, – “… noi non abbiam per rito altro che il riso…”, – baldanzosa, spavalda, spregiudicata, – “… in bere ed amare il Goliardo è signor…”,  turbolenta, schiamazzante, tumultuosa, scurrile, raffinata, carnascialesca, macchiettistica, burlesca,  ilare, umoristica, canzonatoria, caricaturale, satirica, sarcastica,  gaudente, crapulosa, “noi l’opulenta mensa abbiam per ara…”, potatoria, “…  i cantici di Bacco al ciel leviamo…” , epicurea, “… noi d’Epicuro i sacerdoti siamo…”, disinibita, licenziosa, erotica, “ … noi la face d’amor lieta rischiara… anarchica, ribelle, protestataria, antistituzionale, laica, profana, adogmatica, dissacrante, antichiesastica, scettica,  “… crediamo a tutti ed a nessuno…”, epica, patriottica, “… fra l’armi sposammo in sacro connubio la Patria e il Saper…”, eroica, “… ribelli ai tiranni, di sangue bagnammo le zolle d’Italia…   obliammo un poco la filosofia, per conoscer la morte e per cantare forte i canti vivi della Goliardia…”,  infingarda, prosastica, giullaresca, intellettuale, poetica, parodica, canora, “ … osanniam alla gioia, alla vita ed all’amore… a lor sacrando i cantici fino a che duri il mondo“; nel variegato paradigma di  policordi e poliformi  atteggiamenti dai registri, contenuti  e stili più disparati e fantasiosi, – “… siam mercanti d’allegria, ricchi di fantasia…”, espressione di un estroso genio creativo folgorato dalla scintilla intellettiva promanante dal “critico Pensiero in luce di fantasia fatta sensibile nel canto”, che connotano la composita  “Societas Goliardorum”, va annoverato anche il volto “edificante”  dell’universitario cattolico-cristiano Pier Giorgio Frassati, la cui ardente gioventù improntò all’amore ed alla fede, alla carità ed al bene, alla solidarietà ed alla liberalità verso i negletti ed i diseredati, elevati valori umani che  ne esaltano la dignità della vita, fusi nello spirito di “fratellanza” alimentata dall’amicizia.

Un Principe di Goliardia scrisse: “tra Noi vi fu il figlio di Pietro Bernardone che sposò Madonna Povertà e Stravizio Pisano che sposò la bella Senese. Francesco è ora sugli altari del mondo e ci aiuta a vivere; Stravizio aleggia nelle nostre taverne e ci aiuta a piangere”.   L’ardito accostamento, che potrebbe prima facie sembrare irriverente e blasfemo, è invece quantomai storicamente veritiero e del tutto calzante;   la Goliardia, con spirito di “fratellanza”, ha sempre accolto tutti, “… tutti entran nel nostro Ordine che fa l’anime liete… a festa qui si accettano i grandi ed i minori, si accoglie il ricco e il povero, s’apron le borse e i cuori…”, figli di nobili e di contadini, aristocratici e plebei, timorati e licenziosi, laici e cattolici, morigerati ed ubriaconi, fini intellettuali e grezzi fracassoni, affabulatori forbiti e sboccati ciarlatani, menestrelli cortesi e villani prosatori nessuno escluso – ma tutti uniti nell’amore entusiastico per la Vita ed il Sapere, nel perseguire la Conoscenza, nella perenne ricerca della Verità, “… la vita è nostra come l’amore, la fede, la carità, la speranza, il male ed il bene, a ciascuno secondo il suo cuore. Viviamo da secoli insieme perché la Scienza ci affratella. Le nostre canzoni sono di tutti e sono le nostre, come l’universo”, chiosava il Principe.

Ecco perché tra l’eterogenea Gens Goliardica  trovano albergo sia il “beato” Pier Giorgio Frassati, che da provetto scalatore quale fu, ci ha additato ed “ha aperto sentieri di luce verso orizzonti di preghiera, amicizia, carità ed allegria”, come ha felicemente postato su facebook un membro, “Brigante/Brigantessa”, dell’Associazione “Brigata Frassati” di Salerno, attingendo l’estasi della “beatitudine” celeste, sia anche coloro che identificano il bene ed il fine della vita nei piaceri materiali terreni, ricercando l’estasi nell’euforia bacchica “… poculis accenditur animi lucerna, cor imbutum nectare volat ad superna…” (le coppe accendono le lucerne dell’anima, il cuore imbevuto di nettare vola in cielo), e tra le voluttuose grazie di Venere, “… Frine con noi sacerdotessa abbiamo… per Citerea echeggiano le danze e il riso… Venere è procace… e ha in fronte il paradiso…” –   In egual modo li amiamo, perché tutti ci sono “fratelli”; ciascuno a suo modo ha alimentato la millenaria epopea goliardica. Giovane solare, sempre allegro e radioso, pieno di vigore fisico e spirituale, Pier Giorgio, insieme ai suoi più cari amici universitari, all’insegna della “fraterna” amicizia, con ilare spirito goliardico e di cristiana giovialità, fondò ”La Compagnia dei Tipi Loschi”, improntata allo studio, alla fede ed alla preghiera, ma anche alla gioia di vivere, coniugando con identico, intenso fervore il dovere ed il piacere.

Con i “lestofanti” e le “lestofantesse”, come scherzosamente si denominavano, assumendo eccentrici pseudonimi goliardici, – Lui si chiamò “Robespierre”, l’Incorruttibile, – strinse  “un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali”, che involgeva tutti gli aspetti della vita, ludici e trascendenti;  dietro le divertenti facezie, le goliardiche burle, i buffi proclami in stile pseudo-rivoluzionario, si celava un sodalizio sorretto da una profonda fede che diveniva letizia, una cristianità che si faceva “fratellanza”, credendo “nella possibilità della vita come esperienza di gioia”. 

*Principe di Goliardia