Messa quotidiana di Papa Francesco su Rai1 occasione per recuperare nostra umanità

Bianca Fasano

Alcuni giorni fa ho scoperto su internet che il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), ha definito:« Roba d’altri tempi», la Messa del Papa trasmessa ogni mattina sulla prima rete alle ore 7. Onestamente, mentre sono a conoscenza del triste fatto che siano circa 260 milioni i cristiani perseguitati in tutto il mondo (pare siano in calo le uccisioni.),[1] è la prima volta che mi rendo conto come esista una “Unione degli Atei e degli Agnostici”, né tantomeno che questa possa in qualche modo sentire minacciata la visione del mondo spirituale degli Italiani i quali, seguendo, appunto, tale Messa, potrebbero “esserne condizionati”. Neanche fossero bambini.

“Roba d’altri tempi?” Non mi sembra che “altri tempi”, qualsiasi questi siano, abbiano presentato (insieme), la caratteristica di una società dei credenti allontanata dalla Chiesa (in quanto, materialmente, le Chiese sono chiuse ai credenti), a causa di una pandemia e che un Papa abbia avuto la possibilità (la volontà, il coraggio, l’ardimento o, come direbbe lo stesso Francesco “la schiettezza”), di dire Messa utilizzando, appunto, i mezzi televisivi. Quindi: “Tempi moderni”, potremmo dire, parafrasando un film con il grande Charlie Chaplin, non “altri tempi”.

Va bene, conosciamo  l’articolo 7 della Costituzione della Repubblica Italiana, sappiamo che non esiste una religione di Stato. “Con l’art. 7 la Costituzione recepisce i Patti Lateranensi, cioè gli accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929 da Mussolini (per l’Italia) e dal Cardinale Gasparri (per la Santa Sede). (…)”

è stato riaffermato il principio di laicità dello Stato. Quella figura di Gesù in Croce, che si ritrovava nelle scuole e negli Uffici aperti al pubblico è stata “messa fuori”, mentre in Italia sono circa cinquanta gli edifici sinagogali: li troviamo raggruppati in prevalenza nel centro-nord della penisola, con i loro decori e gli stili architettonici che vanno dal barocco, al rococò, al neoclassico.

Intanto in Corea del Nord, Somalia, Iraq, Siria, Afghanistan, Sudan, Iran, Pakistan, Eritrea e Nigeria essere Cristiani vuole dire rischiare al minimo di doversi nascondere e al massimo di morire.

il Paese più pericoloso in questo senso è la Nigeria, a causa degli attacchi delle tribù Fulani e degli islamisti di Boko Haram. Ricordiamo poi la Repubblica Centrafricana  e lo Sri Lanka, dove nel 2019  c’è stata la così detta “Pasqua di sangue” e morirono oltre 253 persone, colpite tre chiese, quattro alberghi di lusso e un complesso residenziale.[2] Quello che rimane costante, come riferisce il sito di Vatican News, è “l’aumento della pressione che riguarda la vita privata e la vita pubblica nelle comunità e nella Chiesa”.

Senza annotare che, consapevole delle proprie “colpe,” Lo studio del tema “La Chiesa e le colpe del passato” venne proposto alla Commissione Teologica Internazionale da parte del suo Presidente, il Card. J. Ratzinger, in vista della celebrazione del Giubileo dell’anno 2000. In tal senso venne formata una Sottocommissione così composta:  Rev. Christopher Begg, da Mons. Bruno Forte (presidente), dal Rev. Sebastian Karotemprel, S.D.B., da Mons. Roland Minnerath, dal Rev. Thomas Norris, dal Rev. P. Rafael Salazar Cárdenas, M.Sp.S., e da Mons. Anton Štrukelj.

In precedenza un Papa: Giovanni Paolo II, si era salvato da un tentativo di omicidio (dovremmo dire miracolosamente, però non vorremmo infastidire gli atei), il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro, in Vaticano, dopo che Mehmet Ali Ağca (un killer professionista turco), gli aveva sparato quattro colpi di pistola ferendolo gravemente. Mesi dopo, il Papa lo perdonò e “il terrorista” ricevette in seguito anche il perdono del Presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi. Sembra che lui fosse restato davvero male, non in quanto pentitosi, piuttosto dal fatto di non avere condotto a termine “professionalmente” il suo operato:  “ (…)Ma di una cosa mi resi conto con chiarezza: che Ali Ağca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c’era stato Qualcuno o Qualcosa che gli aveva mandato all’aria il colpo».[3]

Oggi, noi fedeli, chiamati, come direbbe Papa Francesco, a esprimere “schiettamente” le nostre convinzioni religiose, non abbiamo proprio voglia di chiederci, preoccupati, se la Messa del Papa possa scuotere l’agnosticismo, l’ateismo, l’incredulità di quanti vogliono NON credere. Anzi: dovremmo dirci lieti che l’operato di Papa Francesco riesca a scuoterlo e condizionarlo. Da credenti è il nostro fine più importante, purché sia assolto soltanto con l’esempio e mai con la costrizione.

[1] “Sono cifre da accompagnare però al condizionale, dato che – per dirla con la Federazione internazionale per i diritti dell’uomo – è “praticamente impossibile” rispondere alla domanda su quante siano “le persone che vengono discriminate, perseguitate o addirittura uccise per il loro credo religioso”.

 [2]Come spiega Cristian Nani, direttore di Porte Aperte – “è vero che sono diminuite le morti e le uccisioni, ma è un dato che solitamente cambia a seconda dell’anno e che quindi risulta molto altalenante”.

[3] Dalle parole che Indro Montanelli riportò in seguito pronunciate da Giovanni Paolo II, durante una cena privata del 1986, in merito all’episodio.