Milano: Covid-19, DAD ad oltranza? Intervista a Suor Anna Monia Alfieri

In questi giorni, oltre agli allarmi sanitario ed economico, ce n’è uno sociale conclamato (parola di Ministra dell’Istruzione): le classi pollaio, in tempi di fase 2 e 3, impediranno la riapertura delle scuole. Si teme una DAD ad oltranza anche per l’a.s. 20/21.

Allarmati gli studenti, i genitori, i docenti, le scuole tutte. E anche gli psicologi.

Due denunce-limite: l’isolamento dei trecentomila alunni con disabilità confinati – quando non abbandonati –  in casa; la tragica previsione della dirigente del Caivano di Napoli: “se i miei ragazzi non tornano a scuola se li prende la criminalità”. Ma è possibile una soluzione?

Abbiamo sentito Suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche, una delle voci più autorevoli e accreditate nel panorama scolastico italiano. Una laurea in giurisprudenza, una in economia, anni di esperienza di (ri)organizzazione e conduzione di “realtà complesse” un CV di tutto rispetto che a ragion veduta la rende una voce autorevole. E la Nazione in questo momento ha quanto mai bisogno di esperti che conoscono la realtà.

In estrema sintesi e con lucida chiarezza sr Alfieri risponde:  «La soluzione c’è: utilizzando le 40.479 sedi scolastiche statali e le 12.564 sedi scolastiche paritarie, nel rispetto del distanziamento sociale, a costo zero, domani stesso potremmo riaprire le scuole».

Suor Anna Monia, sappiamo che le sue sono opinioni frutto di tanto studio e senso civico e che hanno un certo peso presso la classe politica e i cittadini. E’ considerata una figura autorevole ma anche estremamente libera, capace di invocare ed ottenere trasversalità a favore della Famiglia e della Scuola.

Lei non ama i mezzi termini: le chiediamo di aiutare i nostri lettori a contestualizzare i termini dell’allarme “scuole chiuse e Dad ad oltranza, mentre i nostri bambini e ragazzi scalpitano per tornare a scuola”.

 Alcune osservazioni che danno la cornice del quadro:

  1. In tempi di Coronavirus, la scuola è sempre più classista. Gli studenti che non hanno il device adeguato devono usare (se e quando possono) lo smartphone dei genitori impegnati con lo smart working. Chi vive in un campo rom e non è certo in grado di collegarsi. E dove si costruirebbe un ordinato angolo di studio? Questo succede anche agli studenti delle periferie delle città e in molte realtà del Sud. E che cosa dire di chi non ha nessuno a casa in grado di seguirlo e di aiutarlo?

2.     La scuola non può ripartire a settembre, perché le classi-pollaio non consentono il distanziamento sociale. Si tratta, ancora una volta, di quegli invisibili la cui situazione ho denunciato negli anni, chiarendo che purtroppo in Italia il ricco sceglie la buona scuola pubblica – statale o paritaria – che vuole, mentre il povero è costretto ad accontentarsi; a più riprese, il Governo, interpellato, si è barricato dietro ad un mutismo assordante, mentre non dovrebbe far altro che adempiere al compito che la Costituzione gli assegna: “rimuovere gli ostacoli”.Ecco dunque che, in una situazione di emergenza, si evidenziano le voragini del sistema scolastico italiano, palesemente classista, regionalista e discriminatorio.

La ministra Azzolina con il decreto scuola e le recenti dichiarazioni sembra indirizzarsi verso la DAD anche per l’a.s. 20/21. Lei come valuta questa soluzione?

Credo che si stia correndo il rischio reale di fornire soluzioni inadeguate e pericolosissime:

a) dare fondi a pioggia. In realtà non servono soldi, ma soldi spesi meglio. Le tecniche di organizzazione aziendale hanno ampiamente dimostrato che c’è una soglia oltre la quale i danari in più non solo non aiutano ma, avvitando e anestetizzando il sistema, addirittura creano un danno;

b) congelare tutto. Non si riparte, si eliminano gli esami di Licenza Media, si svolge online la maturità e tutti promossi. Gli stessi alunni, tranne i maturati, collaborativi o no, si ritroveranno a scuola a settembre fortemente disturbati dal punto di vista psicologico. Non occorre essere un’aquila in EMDR per capirlo.

Con i debiti distinguo, suona così il decreto scuola licenziato il 06/04/2020, che estende le misure di contenimento per l’emergenza covid-19.

Ma quale sarà il peso sociale di questa decisione?

Soprattutto se la didattica a distanza andrà avanti anche a settembre 2020, prepariamo una task force di psicologi ed educatori: già da ora abbiamo abulici davanti a zoom, ragazzi sempre più isolati, già con pregresse difficoltà al confronto, alla vita condivisa. Vita familiare – per vari motivi – pari a zero. Per anni abbiamo cercato di curare il fenomeno dei ragazzi che si isolavano con una chiara dipendenza da internet: ora avremo una crescita esponenziale, almeno in determinate fasce di età.

D’altra parte, il rientro alla normalità si scontra con le classi pollaio che impediscono il distanziamento sociale. Quale secondo Lei l’alternativa?

Le scelte funeste e lo scenario non costruttivo che si presentano al Governo sono:

  1. continuare con la didattica a distanza senza avere una mappatura precisa delle migliaia di studenti non raggiunti, e della qualità dei risultati, come si denuncia in questi giorni, al netto delle lodi e dei ringraziamenti della Ministra;
  2. spendere a pioggia per la didattica online o peggio con i doppi turni;
  3. al costo dei ragazzi discriminati si aggiungono gli ulteriori costi sociali con l’aggravante del danno futuro per questi ragazzi e per la collettività;
  4. peggio, il rischio è sfornare gente non scolarizzata, dalle scarse competenze, irrecuperabili da adulti … I banchi incastrati e le flipped classroom sembravano una conquista; oggi ci accontenteremmo di gente che sappia leggere e scrivere;
  5. il peggio del peggio: inserire nelle classi pollaio (!) i 300.000 alunni delle scuole pubbliche paritarie condannate a chiudere, che comporterebbero per lo Stato una spesa di 3 mld di euro, da aggiungersi ai 2,8 mld richiesti da Toccafondi per tentare di riaprire le scuole a settembre.

Tutto questo era evitabile negli anni passati, spendendo meglio e distribuendo con più intelligenza gli allievi fra le varie sedi scolastiche pubbliche – paritarie e statali. Perché tali sono le scuole del servizio nazionale di istruzione, per legge: pubbliche paritarie e pubbliche statali.

L’ideologia preferisce invece spendere 10mila euro a danno degli studenti e dei genitori, piuttosto che spendere meglio evitando le classi pollaio.

Ma quanto costa un allievo della scuola Statale? Qualcuno dice 6.500,00 altri non meno di 10.000,00 euro. Ci aiuti a capire.

Come si evince dal dossier dell’Indagine Ocse – Pisa del 2019, che esamina i dati del 2015, il costo di un allievo dalla scuola statale dall’Infanzia al Liceo è di euro 89.336,00 annui. Per un dato più aggiornato dobbiamo fare riferimento allo Studio degli economisti De Civicum con Deloit, che colloca il costo di un allievo della scuola statale a euro 10.000.

In una recente Nota le conferenze USMI-CISM hanno offerto allo Stato la possibilità di valutare – per far fronte alla emergenza delle scuole che, senza dubbio, avranno bisogno di garantire un sufficiente “distanziamento sociale” – l’utilizzo, previo accordo, di parte degli edifici delle scuole pubbliche paritarie, in una sorta di “patto educativo e civico”, perché i due organismi responsabili delle Scuole Paritarie ritengono che la riapertura a settembre segnerà la effettiva rinascita del nostro Paese, dopo questo inverno sociale, economico e culturale. Ci pare di capire che sia la soluzione che Lei propone: è cosi?

Certamente è una soluzione realistica, conveniente e percorribile; dalla figura che segue si evince chiaramente, guardando al numero delle sezioni, il quadro degli spazi nella scuola pubblica italiana, statale e paritaria:

Ci sono gli edifici a norma, esistono le persone che possono garantire oggi di aprire le scuole nel rispetto del distanziamento sociale a costo zero, eppure si continua a prediligere la politica dell’assurdo. 

Una soluzione di buon senso: cosa impedisce di attuarla?

Purtroppo, in presenza dell’ideologia, neanche l’emergenza consente soluzioni di buon senso che pongano al centro il bene del singolo. Neppure il rischio di défault economico è convincente… L’ideologia non arretra neppure di fronte alla quasi certezza di rivolta sociale e di imbarbarimento delle giovani generazioni.

Occorre il vaccino contro l’ignoranza e la superficialità, e questo è prodotto in una scuola che funziona, con docenti che possono lavorare in modo intelligente e con un numero ragionevole di alunni; una scuola pulita, solida, con le dovute assistenze e con i docenti di sostegno per i disabili.

Stiamo toccando con mano che la politica della semplificazione, del tutti-possono-fare-tutto ed esprimersi-su-tutto (dove sono adesso i no vax? Ben nascosti…) ha miseramente fallito e, soprattutto, ha reso l’Italia più povera e più fragile. I cittadini vogliono risposte serie. Altrimenti il “ce la faremo” è uno slogan colorato. Ce la faranno in pochi, se non si supera l’ideologia.

Diciamo la verità nuda e cruda: in questi momenti quello della irresponsabilità è un lusso che neanche i pentastellati di memoria populista possono permettersi.

OGGI OCCORRONO SCIENZA, COSCIENZA E COMPETENZA, altrimenti ci si faccia da parte: in ballo c’è il futuro dell’Italia, non la piattaforma Rousseau!

Nei prossimi giorni il Decreto Cura Italia torna al Senato. Lei è impegnata in prima linea per favorire la più ampia trasversalità politica e le recenti agenzie vedono l’opposizione FI-LEGA-FDI-UDC- e le due forze al Governo PD-IV convergere per un aiuto concreto alla famiglia accanto alle scuole paritarie. Lei è ottimista, quale il suo auspicio?

L’unico scenario che mi prefiguro è che il buon senso civico prevalga. Il Governo, impegnato nel miglioramento del decreto Cura Italia, può e deve prendere atto dei numerosi emendamenti presentati, altrimenti sia consapevole che dovrà spiegare ai 900.000 allievi della scuola paritaria, ai loro genitori e ai 100.000 docenti le ragioni che lo hanno convinto a sacrificarli, nonostante il beneficio che apporta il pluralismo educativo, accanto a quello economico di 6 mld annui. Peggio, dovrà spiegare – sempre il Governo – quale peso ha avuto l’ideologia, tanto da potersi permettere, in tempi di emergenza coronavirus, una spesa, prevista ed evitabile, connessa alla chiusura del primo 30% delle scuole paritarie, di 3 mld di euro nel prossimo settembre, con l’immissione forzata di 300mila alunni dalle paritarie chiuse alle statali delle classi pollaio. Sempre che agli italiani interessi dove vanno a finire i soldi delle loro tasse e non badino solo a sapere quando potranno andare in spiaggia.

Chi minimamente ragiona e sa, ascolta i bollettini di guerra del TG: “Salveremo le piccole e medie imprese, i lavoratori, daremo liquidità…” E i 100.000 docenti di cui sopra, e le piccole scuole già indebitate, magari con ambienti ampi e a norma, costruiti con intelligenza…, le scuole che con 5000 euro annui per allievo danno un ottimo servizio pubblico (allo Stato ne servono 10.000, e il servizio non è ottimo), quelli chi sono? Pagano le tasse, fino all’ultima lira, i docenti e le scuole. Nessun segreto per la GdF. I bilanci sono pubblici.

Allo scopo di comprendere, è a disposizione il Dossier che integra quanto sopra esposto.