Il Papa, la Messa del mattino, la fede e la salute degli ammalati nel mondo

Bianca Fasano  

Questa mattina mi sono svegliata qualche minuto prima delle sette del mattino per ascoltare la messa celebrata dal Santo Padre su Rai Uno in diretta da Santa Marta. Il rito senza fedeli, probabilmente non ne ha avuti mai tanti. Il nostro Papa Francesco “era in compagnia” dei suoi tre segretari e le due suore che lo accudiscono. Confesso che mi è sembrata davvero una situazione molto particolare essere in diretta con quell’uomo tanto importante per la Chiesa, che, mai come in questo momento così terribile per il mondo, deve sentirsi tanto debole e inerme, di fronte al fatto che sia lui a fare da intermediario tra noi e il suo (nostro), Dio. Già alcuni giorni fa mi è sembrato così inerme, nel suo abito bianco, mentre procedeva, zoppicando sulla gamba destra (mi sembra quella), solitario, per strade vuote, a Roma, allo scopo di intercedere per il suo gregge (credenti e non credenti), lasciando il Vaticano per andare in visita alla basilica di Santa Maria Maggiore e sostare di fronte alla Vergine. Dopo è andato in «pellegrinaggio» nella chiesa di San Marcello per invocare «la fine della pandemia» davanti alla immagine di Cristo che salvò Roma dalla “grande peste”.
Come molte persone in questo periodo terribile, anche io sono completamente “sfasata”, rispetto agli orari di sonno – veglia. Non riesco ad addormentarmi la sera, anzi, trascino le mie attività al computer o davanti alla televisione, fino alle tre del mattino, per cui, svegliarmi alle sette per la messa è un bel problema. Sono una fortunata: IO CREDO. Così, pur non essendo affatto una credente che segue la messa ogni domenica, resto sempre colpita dalle parole:
– “ Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me.” » (Luca 22-19)
«Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.» (Luca 22-20)” pronunciate durante la liturgia e torno indietro nel tempo, riuscendo in qualche modo a vedere l’uomo, che si apprestava a morire sulla croce, mentre dice: – “Fate questo in memoria di me.” Mi commuovo.
Questa mattina, con la televisione che ha alle spalle la finestra, mentre ero lì a seguire quell’uomo di Dio che, semplicemente, come un prete di campagna, svolgeva il suo misterioso operato, è capitato che si alzasse il sole, lentamente, proprio alle spalle dell’immagine dell’ostia tenuta alta dal Papa Francesco. Lentamente ha continuato a venire su, lucente, quasi accecante, come una luce che parlasse di rinascita miracolosa. Qual è, se vogliamo, quella del nostro sole, destinato un giorno a finire, che si alza all’orizzonte al mattino.
Dicevo: ho la fortuna di essere credente e non so se sono stata capace di passare questa cosa preziosa (la fede), ai miei figli, o se questa sia un fiore spontaneo. Tuttavia non riesco a non stupirmi dell’acredine con cui alcuni dirigono parole cattive ad un uomo, il Papa, che svolge il suo operato ogni giorno, in una missione che non è detto abbia scelto di sua propria volontà e neanche lo rende il più sereno degli uomini.
“BEATI COLORO CHE CREDONO”.
Bene. Quell’acredine che sento e vedo, tante volte rivolte anche agli uomini non di Chiesa, che svolgono un ruolo difficile, poniamo, oggi particolarmente, come il nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale, certamente, sta pagando cara la sua volontà di giungere al Governo di questa Italia, in un mare in burrasca, quell’acredine che trovo tanto stolta e vana.
Intanto Papa Francesco per pregare, non deve essere solo. L’energia preghiera deve essere forte, così giunge ai miracoli in luoghi dove i miracoli accadono.
Da solo, se non è seguito e non c’è chi dice: “io credo”, non so se ce la farà.