Santa Teresa di Gesù d’Avila e San Giuseppe

don Marcello Stanzione

 Al Carmelo la devozione giuseppina di santa Te­resa viene oggi considerata come uno dei legami più ricchi, che la «Santa Madre» ha lasciato per i figli, con la vita spirituale. È una devozione che in lei si è tra­sformata «in un’esperienza soprannaturale… toccata soavemente e fortemente dagli eventi mistici che sono entrati nella sua animavi.

Questa meravigliosa realtà dell’esperienza interiore di Teresa riempie le pagine di un articolo del P. TO­MAS ALVAREZ, pubblicato oltre 50 anni fa nella Rivista di Vita Spirituale. Per fàr vedere come poté avverarsi in lei un’amicizia soprannaturale sulla base di una pura devozione e diventare un’intima vita, raggiungendo una zona di vita mistica che supera di gran lunga gli sguardi della storia, P. Tomàs Alvarez distingue alcuni punti interrogativi ‘In due fatti”. Sono i «due episodi simbolici, e si trovano alle due estremità della vita interiore di S. Teresa: l’uno al princi­pio della sua vita religiosa, l’altro quando ormai sta per raggiungere le vette. Il primo poggia sulla vita esteriore della Santa e si affaccia sulla vita interiore; l’altro costituisce uno dei grandi nodi della sua vita mistica».

Il primo fatto è legato al periodo in cui «Teresa, giovanissima ancora, religiosa carmelitana da appena due anni, è colta da una paralisi totale. Nella sua immobilità, viene inchiodata al letto da dolori acu­tissimi. È malmenata dai medici, dichiarata poi ingua­ribile, prende una decisione importante: scegliersi un medico nel cielo. Teresa trova e sceglie san Giuseppe». Infatti, nella Vita afferma: «È stato lui a fare che io potessi alzarmi e camminare, e non essere più rat­trappita». E aggiunge: «Già da alcuni anni, nel giorno della sua festa io gli chiedevo sempre qualcosa e sempre mi sono vista esaudita».

Come è arrivata Teresa a scegliere proprio san Giu­seppe? È molto probabile che ciò sia legata alla sua let­tura del Flos Sanctorum. Questa leggenda aurea ha avuto in Spagna, nel 1520, una nuova edizione, fatta da Juan Varela de Salamanca, letta anche da S. Ignazio de Loyola. Nella seconda parte di questa edizione, dove si parla dei santi e delle festività celebrate nell’anno liturgico, appare la vita di san Giuseppe. Non faceva parte dell’o­pera originale, che fu composta negli anni 1264-1267 da Giacomo di Varazze o di Voragine. È un’aggiunta, che riprende il lavoro del benedettino Gauberto Fabricio de Vagard, e porta il titolo «Comienca la hystoria de la vida del bienventurado santo Joseph esposo de la gloriosa virgen nuestra Senora Sancta Maria». Questa nuova edi­zione fu pubblicata quando la bambina aveva 5 anni di età,. Poco dopo, quando Teresa aveva 7 o 5 anni, con suo fratello Rodrigo faceva la lettura di alcuni Santi, come dice lei stessa, ed è possibile che si trattasse della nuova edizione di Flos Sanctorum, comprata da suo padre che riempiva la biblioteca della sua casa con nuovi libri. È vero, Teresa non ha lasciato una testimonianza sulla lettura di questa «hystoia» e nemmeno sugli «Otros textos sobre san José en el Flos Sandorum de Loyola», in cui si tratta della nascita di Gesù, della leggenda degli inno­centi, della nascita di Maria, della vita di Anna e di Eli­sabetta. Tuttavia, secondo P. Tomàs Alvarez e altri autori non si può negare che la lettura sia stata in lei una delle fonti devozionali e spirituali della sua vita e dottrina e che proprio così la figura di san Giuseppe abbia lasciato un particolare riflesso nella sua mente.

L’esperienza fatta da bambina ha certamente con­dotto Teresa a dedicarsi anche in seguito alla preghiera rivolta a san Giuseppe, per lasciarsi guidare da questo suo «celeste medico» e per lodarlo: «Cominciai a far celebrare Messe e recitare orazioni approvate (dalla Chiesa). E presi per avvocato e patrono il glorioso san Giuseppe, raccomandandomi molto a lui! Vidi chiara­mente che questo mio padre e patrono mi trasse fuori sia da quella situazione, sia da altre più gravi in cui erano in gioco il inio onore e la salvezza dell’anima mia, meglio di quanto io non sapessi chiedergli. (Ho) rice­vuto grazie da questo Santo benedetto».

Con la preghiera, si apre in lei un contatto intimo: «Ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe ci soc­corre in tutto. Il Signore vuol farci capire che allo stesso modo in cui fu a lui soggetto la terra – dove san Giuseppe che gli faceva le veci di padre, avendone la custodia, poteva dargli ordini – anche in cielo fa quanto gli chiede».

L’altro fatto, scrive P. Tomàs, è legato a una visio­ne di Giuseppe e Maria. Teresa racconta: «In quello stesso tempo, il giorno dell’Assunta, in un convento del­l’Ordine del glorioso san Domenico, stavo meditando sui molti peccati che in passato avevo lì confessato e su altre cose della mia vita miserabile, allorché fui presa da un rapimento così grande che mi trasse quasi fuori di me. Mi sedetti e mi pare di non aver neppure potuto vedere l’elevazione né seguire la Messa, tanto che poi me ne rimase lo scrupolo. Mentre ero in questo stato, mi sembrò di vedermi rivestire di una veste bianchis­sima e splendente e, al principio, non vidi chi me la ponesse. In seguito scorsi alla mia destra nostra Signora e alla sinistra il mio padre san Giuseppe che me la met­teva indosso e capii che ero ormai purificata dei miei peccati. Vestita che fui e piena di grandissima felicità e gioia, mi parve che nostra Signora mi prendesse le mani, dicendomi che la mia devozione al glorioso san Giu­seppe le faceva molto piacere”.

In un’altra visione Teresa dice: «Non vide chia­ramente il glorioso san Giuseppe». Però nonostante di non vedere la sua figura, si sentì «inondata di gioia e d’ineffabile dolcezza» e così la devozione al Santo Patriarca diventò «personale», il che vuol dire nel caso di Teresa diventò una profonda esperienza interiore di san Giuseppe, un’esperienza di amicizia pura, che da allora iniziò e l’accompagnò per tutta la vita.

Ma questa sua amicizia con il Santo Patriarca ri­maneva essenzialmente devozione, cioè un profondo atto religioso, carico di rispettosa venerazione, e impo­stato sul fatto dell’interessamento iniziale domanda di aiuto, di medicina celeste. Tutto questo nel primo fatto ha creato affetto, devozione, venerazione, fiduciosa domanda e nell’animo di Teresa si è manifestato in una sola cosa come un prodotto puro e sincero del suo cuore e della sua fede! Risultato diretto di quel gesto iniziale col quale si volse al Santo, «scegliendoselo», «chiedendo aiuto materiale», «sperando di avviarsi sul serio verso una vita di preghiera». Fu che lei stessa si accorse subito dell’efficacia della sua scelta. Inco­minciò a comprovare per esperienza, a vedere chia­ramente… per esperienza la soave e benefica corri­spondenza con cui il Santo, dal cielo, interveniva in suo aiuto.

Questa esperienza teresiana della celeste protezione del glorioso Patriarca è un dato fondamentale e deci­sivo nella storia dei suoi rapporti con il Santo, vissuta con fede e in abbandono alla sua protezione.

Sappiamo però poco come in lei si realizzò con il tempo la trasformazione della sua esperienza di Giu­seppe-Protettore. Infatti accadde al sopraggiungere della vita mistica, quando cioè Teresa cominciò ad avere una nuova maniera di sperimentare le realtà soprannaturali: così, per esempio, la sua esperienza della profondità dell’anima, dell’inabitazione della Tri­nità in essa, dell’immensità e onnipotenza di Dio nelle cose, ecc. Fu allora che anche la sua devozione a san Giuseppe venne toccata e trasfigurata dalle grazie mistiche; e così, quella semplice esperienza precedente, fatta di fede, fiducia e gratitudine, divenne un’espe­rienza superiore, un’esperienza “soprannaturale”, di­rebbe lei stessa, col suo termine preferito.

Per ben capire questo fatto e il suo rapporto con la nuova situazione interiore della Santa, bisogna notare che non si tratta di un fatto eccezionale o iso­lato nella sua vita interiore. Basti ricordare che la vita mistica, quale si realizzò in lei, si presenta caratte­rizzata da fortissime esperienze delle realtà sopran­naturali. Si pensi, per esempio, all’inabitazione o alla presenza della Trinità Santissima nell’anima della Santa, che negli ultimi anni della vita teresiana divenne «visione intellettuale continua», cioè espe­rienza spirituale pura, chiara e quasi ininterrotta delle Persone divine inabitanti dentro e presenti fuori.

In questo clima si capiscono anche i rapporti della Santa col suo glorioso Patrono. Non soltanto la Tri­nità e l’Umanità Santa del Signore diventano realtà presenti ed accessibili alla sua preghiera e al suo sguardo interiore, anche i Santi del cielo vengono rag­giunti.

Su questo piano e in questo senso si sviluppò misti­camente la devozione della Santa al suo glorioso Patriarca. Ne siamo bene informati da lei stessa. Non è altro il senso che hanno nella sua «autobiografia interiore» le apparizioni e visioni del Santo.

Dopo aver parlato dei fatti di devozione e di espe­rienza interiore di san Giuseppe è necessario notare che in Teresa: i nuovi rapporti mistici non si attuano esclusivamente sul piano dei valori spirituali della vita interiore «grazie mistiche, arricchimenti di virtù, meriti, ecc. Anche sul piano terreno, in cui Teresa si vede costretta a svolgere la sua attività di riforma­trice, si fà presente e si lascia sperimentare la prote­zione del Santo. Così, per esempio negli affari eco­nomici cagionati dalla fondazione del primo Carmelo» lei racconta: «Una volta, trovandomi in tale situazione da non sapere che fare né come pagare alcuni operai, mi apparve san Giuseppe, mio vero padre e protet­tore, e mi fece comprendere che il denaro non mi sarebbe mancato; pertanto pattuissi pure il prezzo. Così feci, senza avere neppure un soldo e il Signore mi provvide in tal maniera da far meravigliare quanti lo seppero.

Questo racconto, dice P. Tomàs, fa «scorgere le vaste dimensioni che raggiunse la sua esperienza mistica nei propri rapporti con san Giuseppe: il Santo interviene non solo nei profondi fatti interiori, quali la citata visione della veste candida, ma anche nelle vicende cagionate dagli affari apostolici di Teresa. 1 resoconti della sua Autobiografia non ci forniscono dati particolareggianti per andare oltre nella nostra ricerca e determinare la frequenza e l’intensità di questi rapporti avuti per via mistica».

Abbiamo, invece, testimonianze di seconda mano, ma altamente autorevoli, che ci informano in propo­sito. Basti riportarne una il cui contenuto è per noi prezioso. Si deve a suor Isabella della Croce, nel pro­cesso informativo di Salamanca (1591): «Era la Santa devota dei Santi, specialmente di Nostra Signora e del glorioso san Giuseppe; e ha sentito dire che gli apparve spesso e che andaba a su lado. Celebrava le feste del Santo con molta devozione.

Chi ha letto il Libro della Vita di Teresa, capisce subito il senso e la portata di questa affermazione. Si sa che una delle esperienze mistiche più profonde e di maggior valore avute dalla Santa sia stata la perce­zione della presenza di Gesù al suo lato destro. Ora, l’affermazione di suor Isabella va nella stessa dire­zione, ed è forse legata alle prime fondazioni di mona­steri con il titolo di san Giuseppe.

Qui P. Tomàs aggiunge che «sono soprattutto le immagini del Santo quelle che meglio esprimono l’at­teggiamento realista e umanissimo della Santa mistica, nella sua devozione. Le porta con sé nei viaggi, le regala ai monasteri poveri, facendole precedere dal lieto e solenne annuncio delle sue lettere. Fa loro presiedere i retablos negli altari maggiori delle sue chiese… È in questo ambiente di devozione che fiorisce, spontanea e naturale, la leggenda del san José parlero, cioè il “san Giuseppe delle confidenze”. La Santa viene nominata Priora del monastero non riformato dell’Incarnazione, il monastero dei suoi primi anni di vita religiosa. La nomina provoca una fortissima reazione e violente divi­sioni fra le centoquaranta monache che lo popolano. Finalmente il P. Provinciale riesce a penetrare nella clausura per insediare la nuova Priora. In mezzo al fra­stuono delle proteste e al canto del Te Deum intonato dal gruppo favorevole, la Santa entra nel coro “abbrac­ciata ad una piccola immagine di san Giuseppe.

Colloca nello stallo priorale un’immagine della Madonna, nel seggio della sottopriora la bella imma­gine di san Giuseppe, e sedutasi nel posto accanto prende per la prima volta la parola. Poco dopo, tutto il monastero è in ordine. “E, san Giuseppe che rivela tutto!”. Dopo questo si racconta: “Quando la Madre Priora torna da qualche sua fondazione, dopo mesi di assenza, va subito a visitare il san Giuseppe del coro e parla con lui… Quindi il buon san Giuseppe dello stallo sottopriorale riceve dalle suore il nomi­gnolo di: san José parlero».

Tale fioritura di devozioni in una persona come Teresa, che «aborriva cordialmente le “devozzonns a bodas’; (devozioni stolte), e che ormai aveva intrecciato rapporti diretti con la persona stessa del Santo, è la miglior prova del realismo e umanesimo teresiano, e delle vaste dimensioni che nella sua vita raggiungeva la devozione al glorioso Patriarca di Nazareth». P. Tomàs afferma che «con questi dati si può ben cogliere il senso profondo della testimonianza teresiana su san Giuseppe e sull’efficacia del suo patrocinio: quanto la Santa ci dice, è cosa che lei sa per esperienza. Quale strana insistenza la sua nel dato sperimentale, quando inter­rompe la relazione della propria storia, per trasmetterci solennemente il suo messaggio su san Giuseppe». Dice

infatti «lo vorrei persuadere tutti a essere devoti di questo glorioso Santo, per la grande esperienza che ho dei beni che ottiene da Dio».

«Non ho conosciuto persona che gli sia veramente devota … che non faccia notevoli progressi nella virtù, perché veramente fa progredire in maniera tutta par­ticolare le anime che si raccomandano a lui».

E continua a dire: «Dovrebbero amarlo special­mente le persone che attendono all’orazione, giacché non so come si possa pensare alla Regina degli angeli nel tempo in cui tanto soffri con Gesù Bambino, senza ringraziare san Giuseppe per essere stato loro di grande aiuto. Chi non dovesse trovare un maestro che gli insegni l’orazione, prenda questo glorioso Santo per guida e non sbaglierà nel cammino. Piaccia a Dio che io non abbia sbagliato nell’arrischiarmi a parlarne perché, anche se mi professo a lui devota, nel modo di servirlo e di imitarlo ho sempre mancato». È una devozione essenziale. «Soltanto chiedo, per amor di Dio, che ne faccia la prova chi non credeva e vedrà per esperienza di qual vantaggio sia raccomandarsi a questo glorioso Patriarca e l’essergli devoti».

«È questo, senza dubbio, il perno e l’asse del mes­saggio teresiano a favore di san Giuseppe», nota P. Totnàs. La sua è la voce di chi sa per esperienza quello che dice. Ne è cosciente. Anzi, in questo come in altri settori, l’esperienza mistica teresiana è dinamica e comunicativa. Non si ferma nella semplice afferma­zione, nella propria convinzione o nell’effusione della propria esperienza. Tende a riprodurle e comunicarle agli altri. E vi riesce. E nella constatazione di questa riuscita trova un nuovo appoggio per insistere sul valore della sua testimonianza e sull’impegno di tra­scinare altri ancora a provare la stessa esperienza. Così il suo messaggio giuseppino è nello stesso tempo testi­monianza personale e apostolato universale».

P. Tomàs conclude affermando: «Dottrinalmente, tutto ciò è sommamente semplice e pratico: sicurezza personale della propria tesi (efficacia della devozione al Santo nella vita spirituale) e invito pressante a met­terla in pratica (chi non crede, provi e vedrà). Vi sono, però, due o tre precisazioni o affermazioni più espli­cite, che meritano di essere messe in rilievo. Basti accennarle:

1 – La Santa rivela, anzitutto da parte del Santo Patriarca la sua funzione di «patrocinio»: potere uni­versale d’intercessione. Nel suo modo realistico di con­cepire le cose, anche quelle trascendenti, ci porta subito al concreto: per lei, gli altri Santi del cielo (esclusa, naturalmente, la Madonna) hanno un potere limitato e specializzato: un settore particolare della Chiesa o uno speciale bisogno delle anime. San Giu­seppe invece, no: Egli è dispensatore universale.

2 – Il secondo dato rilevato dalla Santa stessa è in rapporto con la vita spirituale, o meglio ancora, con la vita di preghiera. Tutta la sicurezza della sua espe­rienza viene messa a fuoco su questo punto, per for­mulare e rafforzare le sue tesi capitali: che san Giu­seppe è Maestro di orazione, ch’egli è modello delle anime oranti che è impossibile una vita di preghiera, di orientazione cristologica e mariana, che non intrecci stretti rapporti col Santo Patriarca …

3 – Quest’ultimo dato ci porta al terzo punto rile­vante, contenuto nella testimonianza teresiana: san Giuseppe in stretto rapporto con Maria e con Gesù. San Giuseppe non è inteso dalla Santa isolato e come unità a sé stante, ma nella Sacra Famiglia. Questa associazione accade persino nelle esperienze mistiche della Santa: nella sua grande esperienza della veste candida, san Giuseppe compare ed agisce accanto alla Madonna. In una delle esperienze che precedono la fondazione del primo monastero riformato, è il Signore che appare per dire che il convento si intito­lerà a san Giuseppe, e che verrà custodito a una porta dalla Madonna, e dall’altra dal Santo Patriarca. Il Signore, la Madonna e san Giuseppe: la Sacra Famiglia è presente nell’intimo della vita mistica della Santa, e quasi a capo della sua opera riformatrice».

Un osservazione finale: tutti questi dati, che abbia­mo presentati separatamente, nella Santa hanno for­mulazione simultanea e diretta, semplice e categorica. Sgorgano direttamente dalla sua esperienza personale, senza l’intermezzo di un ripensamento che li faccia diventare teoria. «Non sono tesi; sono convinzioni per­sonali, brani della vita vissuta da Teresa stessa nel vivo contatto con le stesse realtà di cui parla: nell’u­mile e fervente devozione teresiana a san Giuseppe».