In libreria: “Mi manca il mare” di Corrado Calabrò – Ediz.- Genesi

Fabio Dainotti

Delle poesie contenute nel volume intitolato Mi manca il mare, edito da Genesi editrice, “le tematiche fondative, scrive Di Lieto nell’ammirata prefazione, sono l’amore, il mare e la donna”.  In questo canzoniere d’amore le illecebre muliebri sono cantate con infinite variazioni sul tèma. Ma della donna, del suo aspetto fisico, non sappiamo quasi nulla. Pochi i riferimenti fisici concreti: le lunghissime gambe di Jessica; gli occhi chiari; a volte si tratta di un fare donnesco come il ravviarsi i capelli, in una poesia, Variazioni, che è quasi un madrigale.

La figura femminile spesso adombrata e seminascosta dietro il “tu” che introduce un dialogo o a cui si rivolgono le confessioni appassionate dell’Io lirico, è sempre presente e incombente, con tratti a volte enigmatici o indecifrabili. Nell’efficace traduzione da Giovenale intitolata Messalina, è una femmina insaziabile. Altre volte è come una epifania, o la presenza attesa che non si materializza (Il “2”). In alcune poesie è la donna angelo (L’angelo incredulo), da cui però occorre guardarsi. Ma è anche, quella di Calabrò, poesia dei riflessi dell’amore su chi dice io nel testo, che assurge così al ruolo di vero protagonista dell’opera.

Si tratta di una poesia d’amore, e di un amore che fa paura (L’angelo incredulo); soggetto, si direbbe, alle ‘intermittenze del cuore’; un amore che viene “da un binario ignoto”. “Calabrò insegue un sogno d’amore senza fine”, osserva Guido Gerosa, in uno dei tanti giudizi critici riportati in calce al volume.

Poesia d’amore, dunque, ma anche una sorta di storia sacra. Già in Se non sei tu l’amore si parla di “avvento” e il tu è un “angelo scanzonato”, che ha un “volto d’angelo di cera” (Dilemma). “Un’ostia di cera” è anche la luna mentre “gli angeli soffieranno nelle trombe” in Contro natura. Le mani di lei non “moltiplicano/ il pan di via per la… comunione”, scrive il poeta in Hai svoltato l’angolo a sorpresa; dove è notevole l’adynaton: “il fiume a un tratto scorrerà all’inverso. In Elisione si arieggia nel distico finale la formula sull’indissolubilità del matrimonio. Come non pensare a Catullo e alla sua concezione matrimoniale dell’amore, per altro per Clodia, una donna sposata. Già il titolo Giardino degli ulivi inserisce il fulminante distico in un’ambientazione sacra, che si vien poi precisando nel verso: “già impiccato al bisogno di tradirti”. Numerosi i riferimenti alla storia sacra: si prenda il bell’accenno a Esaù, a Eva e al serpente in Gemellaggio. Al misticismo rimanda altresì l’idea che bisogna perdere la vista per vedere più addentro nella realtà; ad esempio in Imprinting, dove s’incontra anche l’espressione “tua immagine e somiglianza”, leggiamo: “Ad occhi chiusi /per vedere il tuo volto”. Personaggi biblici affollano i versi di Gemellaggio ed espressioni di tipo liturgico si rinvengono in Marelungo (dove, tra l’altro, predomina la poetica dell’indeterminato, soprattutto nel penultimo verso: “e chi lo sa da dove viene il mare”. Ma si veda anche in Hai svoltato l’angolo a sorpresa: “Da dove spira il vento? e verso dove?”). Si ispira alla devozione e credulità popolare nello stesso testo il riferimento a un fatto di cronaca: “A Isernia la madonna ha lacrimato/e a Tropea la santona suda sangue”. D’incenso si parla in “Stanca le ali”. Largo spazio ha anche l’elemento magico, in L’esorcismo dell’Antilussurgiu. C’è inoltre una tensione verso l’infinito, verso l’oltre, simboleggiata dal “beccaccino abilitato/ a navigare fino alle tre miglia”, che sogna di emulare l’alcione, “nato per sfiorare /l’ignoto scollinare degli oceani”; ma si veda anche la locuzione “tendere al largo”, in Lo stesso rischio, dove il mare e l’amore rappresentano un rischio che val la pena comunque di affrontare.

L’ambientazione è naturalmente marina. La centralità dell’elemento equoreo è declinata anche dalla sapiente posizione enfatica della parola tematica “mare”, che spesso si trova in fine di verso (e anche sottolineata dalla rima) e dopo una pausa creata da una incidentale che interrompe il fluire della sintassi; un esempio per tutti: “e circondare, come un lago, il mare” (In attesa d’imbarco). Questa disposizione della parole non è senza importanza, anzi è studiata ad arte e crea un effetto particolare. Nel mare infatti anela di spegnersi ogni ansia, quasi un’attesa che si scioglie in un sospiro, come il fiume che in Contro natura “continua a spasimare verso il mare”; o i “torrenti /anelanti al mare” in Labentia signa. Un altro elemento naturale interessato da una analoga disposizione delle parole è l’alba: “e ti denuderà così svestita, /mentre la luna impallidisce, l’alba” (Déshabillée); lo stesso dicasi del vento. Tutti questi versi presentano un vasto andamento liberatorio. Una nota nostalgica sembra risuonare nella rievocazione dei paesi adagiati sullo Ionio, con le piazzette, dove “non sanno più giocare a perdifiato/ i ragazzi con le ombre”. (L’ultima luna di giugno). Bellissimi i notturni nei testi L’ultima luna di giugno, Lunazioni, Venere (a) e (b), A luna spenta, Amazzone.

Si tratta di un mare-madre (“Una scaglia dorata ricopre/il grembo senza sale/del mare di gennaio” (Una lama nel miele), un mare che “palpita e pensa”, come osserva Piero Cimatti, in un suo giudizio critico riportato in quarta di copertina; ma tutta la natura è umanizzata, se si parla, con efficace trasposizione, di “stanchissima estate” (Contro natura) o di “firmamento imbarazzato” (Dilemma); o di “falò spudorato del tramonto” e di “lunghi rossori” che “striano” dantescamente “le guance del cielo” (Entra negli occhi senza farmi male). E ancora leggiamo: “stupore della sera” (Labentia signa); “il filare impettito dei pioppi” (Doppio passo); “la luna incredula” (Lunazioni). È una poesia di immagini: bellissima quella, di sapore vagamente felliniano, della “nave-traghetto/ che passa nel buio trasognata” o della sirena “seduta a prua con le gambe nell’acqua, /lo sguardo acceso di bagliori azzurri”. Tra le immagini ricorrenti quella del crollo del mondo, o  della paura di una caduta  a causa di “una crepa sottesa nel ghiaccio”, in Cavillature, dove la “incrinatura” potrebbe far pensare al coup d’éventail che ha provocato una légère meurtrissure in un vaso di fiori, in una lirica di un grande poeta transalpino, Sully Prudhomme; e in Roaming: “Si aprirono crepacci/nelle strade del centro in cui scomparvero/mulattieri e carretti con cavalli”; e più avanti: “sentire che il pianeta/sta per venirti meno sotto i piedi”; e ancora: “per resistere al vortice oscuro/in cui dovrà precipitare”.

Numerose le citazioni; eccone alcune: labentia signa, citazione lucreziana (come lucreziana è la paura del crollo del mondo; da Goethe: “fermati un attimo /fermati giovinezza” (Olimpiadi); da Wilde: “il ritratto in cantina non invecchia?” nella Ring- komposition intitolata Hai svoltato l’angolo a sorpresa; la bella di Apparizione fa pensare a Une passante di Baudelaire; Verrà l’amore ed avrà le tue labbra è un titolo che rimanda a Pavese; e tanti altri ancora sono i riferimenti culturali.

Si riscontra un andamento colloquiale in molte composizioni (a volte si tratta di veri e propri dialoghi: è il caso di Come dice il Veda). Andamento epigrammatico hanno la prima composizione del volume, ma anche Liaisons, Insulto, I lumi del secolo, (una sorta di libero arbitrio spiegato al popolo), Indegnità; e altre. Tipico dell’epigramma, in alcune liriche, è il fulmen in clausola; si veda il finale di Vite spanate: “e più che mai m’avvito alla tua vita/ma come una vite spanata”. Quasi una ninna nanna è Il Canto senegalese, che arieggia i modi popolareggianti delle filastrocche, ma contiene un significato politico e strizza l’occhio all’attualità; gli stessi o simili esiti in Sbianca il giorno. Tono gnomico si riscontra in Labbra d’altra donna e in Indegnità. Andamento poematico è infine quello che si registra in alcune composizioni di più ampio respiro.  Si assiste spesso al variare dei piani stilistici, si trascorre dal presente al passato, in un suggestivo andirivieni temporale, come si evince dall’uso dei tempi, ad es. in Accorre improvvisa, dove è notevole l’uso della metonimia: “Accorre improvvisa al mio petto/ la tua giovinezza”; ma si veda anche Alba di notte. Insistito l’uso dell’antitesi, che, tra le figure retoriche, è quella che esprime, nelle letterature di tutti i tempi, le inquietudini esistenziali, come osserva Bice Mortara Garavelli, in un suo aureo volumetto. Compare già nella prima poesia del volume, intitolata Ressa: “La penuria di te mi affolla l’anima”; ma citiamo anche “la terra ci resta vicino/mentre ci trasporta lontano” (nella già citata Roaming, bell’esempio di poesia cosmologica, ma non esente da riferimenti ghiotti a una cronachistica in grado di muovere il riso, come nel caso del sindaco morente, che all’ annuncio dell’arrivo del re, mostra nel labiale la frase: ‘Me ne fotto del re’). Un‘altra figura usitata è la similitudine. Appare già in limine, si potrebbe dire, nella seconda poesia del volume: “Sei apparsa nel mio sentiero/come una nuvola fredda”. Spesso si tratta di ‘similitudini rovesciate’, per dirla con Guido Oldani, perché rovesciato è il rapporto tra uomo e natura; un esempio per tutti, tratto dalla già citata Entra negli occhi senza farmi male: “Entra- se puoi- nell’anima, /entra nei miei occhi senza farmi male/così come, all’ingresso del porto, /le navi s’introducono incorporee/nell’azzurra vetrata del Naxos”. Un seguito allitterante è quello che appare in Sotto le palpebre, mentre c’è efficace anafora in Duemilauno. E l’enallage nelle “vacche che giravano gli occhi/ inclinando le corna pensierose/per scrutarci di lato” (Gambarie); tra l’altro spesso lo sguardo degli animali è al centro dell’attenzione del poeta. Soprattutto in Duemilauno, in cui l’io lirico ci dice di voler essere negli occhi di svariati animali, con effetto straniante. Numerose le metafore: la strada è una “bianca cicatrice”, e qui emerge anche una sottesa protesta contro l’eccessiva antropizzazione della natura, forse la speculazione edilizia, in La luna nel pozzo, dove compare anche un chiasmo nel refrain “Non puoi vederla tu, tu sei straniera”. Non mancano i parallelismi: “annuncia il giorno e anticipa la sveglia” (Imprinting), o gli iperbati, ad esempio in Silvia che troppo grandi. E ancora: allitterazioni, rime composte, insomma tutto lo strumentario retorico e ritmico-melodico, ma sempre finalizzato a una maggiore espressività e a una resa efficace.

Il lessico fa registrare un ampliamento del territorio poetico con il diritto di cittadinanza acquistato, per altro non da oggi, dai termini tecnici (“legno douglas” in Alba di notte), o specialistici, o termini poco “poetici” come “spazzatura” in Dormiveglia; (W. Carlos Williams parla di un immondezzaio). Notevole l’uso insistito di forestierismi (password, subway, forever, flat) e latinismi; si riportano interi versi in lingua straniera: “te quiero para olvidarte/para quererte te olvido” (omaggio ad A. Machado). Si potrebbe parlare, e pour cause, di plurilinguismo.

Insomma una poesia colta, raffinata, che ama presentarsi nelle vesti di un’apparente semplicità, ma è frutto di notevole sapienza stilistica.