Cava dei Tirreni: Lettera aperta personale de “La Nostra Famiglia” votata all’unanimità dai lavoratori

Il 28 gennaio 2020 la Direzione dell’Associazione “La Nostra Famiglia”, tramite un comunicato scritto, ha imposto ai propri dipendenti l’applicazione, a decorrere dal 1° febbraio, di un nuovo contratto di lavoro (CCNL ARIS RSA e CDR) con forti penalizzazioni normative e retributive.
In questo modo ha interrotto le trattative per il rinnovo del vigente contratto (CCNL AIOP), scaduto ormai da 13 anni, a pochi giorni dalla loro conclusione.
Per noi dipendenti della sede di Cava de’ Tirreni, come per gli altri operatori dell’Associazione “La Nostra Famiglia” di tutta Italia, è stato estremamente deludente subire, di punto in bianco, tale imposizione che stride fortemente con il nostro sentire. Ci illudevamo di appartenere ad una comunità fondata sul rispetto, l’ascolto reciproco ed il riconoscimento della dignità del lavoro e dei lavoratori, valori che consideriamo imprescindibili e che ci guidano eticamente e moralmente anche nello svolgimento del
lavoro quotidiano e nel rapporto con i bambini e le loro famiglie.
Ed anche per noi, come per i nostri colleghi delle altre sedi, è stato ancora più duro e doloroso constatare la mancanza di questi principi da parte dell’Associazione per il modo con cui si è tentato di mistificare retoricamente (il bene dell’umanità…) una chiara intenzione di aumentare le ore di lavoro senza retribuzione, in barba ai diritti, alla dignità ed alla professionalità di chi lavora e, doppiamente più grave, andando a compromettere, paradossalmente, proprio quella qualità del servizio evocata che è garantita, invece, dal miglioramento delle condizioni di lavoro del personale dipendente e non certamente dal suo contrario. Ci permettiamo di ricordare solo sommessamente che siamo noi operatori che ogni giorno con dedizione, passione ed amore verso la nostra speciale utenza, garantiamo la qualità del servizio; siamo noi quotidianamente impegnati a dover fare “bene il bene”, a mantenere
alta la reputazione del Centro, basti pensare alle lunghe liste di attesa necessarie per accedere al nostro Ente che i genitori preferiscono fare pur di garantire qualificati percorsi educativi, terapeutici e riabilitativi ai propri figli.
Se si hanno validi e convincenti motivi per spiegare le proprie ragioni perché mettere i dipendenti di fronte al fatto compiuto e rinunciare ad avere un confronto a cui nessuno si sarebbe sottratto? Non ci siamo, infatti, mai sottratti dal sostenere gli indirizzi strategici dell’Ente per garantirne il futuro, sostenendo raccolta di fondi, adesioni al 5×1000, orari supplementari di lavoro in situazioni diemergenza. A questo punto è legittimo pensare che quando non si hanno spiegazioni si ricorre alle giustificazioni. Evidentemente per risolvere le proprie difficoltà organizzative e gestionali è più facile chiedere sacrifici ai lavoratori.

E poco importa confidare sul loro senso di appartenenza e sulla condivisione delle finalità dell’Associazione.
Tra le scuse addotte:
– il senso di responsabilità dell’Associazione verso l’utenza e ciascuno di noi,
– l’assunto che l’innovazione possa continuare ad essere un processo che contraddistingue ciascuna attività,
– il principio di continuare a fare “bene il bene” affinché scienza e tecnica siano sempre al servizio della carità.
Dunque, noi operatori ci chiediamo: ma l’innovazione organizzativa e tecnologica può essere davvero tale se non è basata sulla
partecipazione e la condivisione, sull’importanza degli aspetti emotivo-motivazionali?
Pensiamo davvero che questa innovazione non debba prescindere da una visione condivisa, di valorizzazione delle singole risorse, di motivazione intrinseca? La motivazione è una spinta interiore, è l’energia che ci fa andare avanti, che nasce dai nostri valori, dai nostri punti di riferimento. Inutile dire che le Vostre modalità ci sembrano un ottimo sistema per demotivare le persone. Le imposizioni generano avversione, cioè motivazione negativa. L’Ente rischia di perdere una parte valida del suo modo di procedere: quella basata sul rapporto di fiducia con i propri dipendenti e quella relativa ad alcuni principi condivisibili a cui si suppone ci si debba ispirare.
Ci potete biasimare se vediamo che la “Nostra Azienda” non procede nella direzione che dice? Che voglia continuare a distinguersi nel fare “bene il bene” perseguendo “poco bene” per gli operatori?
Noi continuiamo a chiedere alla “Nostra Azienda” di puntare a motivare, di custodire tutte le cose buone (non solo alcune), di continuare a scegliere modelli che possano “insegnare” e non “punire”.
Continuiamo a chiedere alla “Nostra Azienda” di restare “La Nostra Famiglia”.
Abbiamo il dovere di andare avanti. Mai tornare indietro!
I dipendenti del Centro di Cava de’ Tirreni