Festa della Presentazione di Gesù al Tempio

Padre Giuliano di Renzo

La festa della Presentazione di Gesù al tempio ci fa meditare la Madonna come braciere dal quale sale in offerta d’amore il Figlio Verbo di Dio fattosi in Lei, per Lei e da Lei uomo per noi. Per noi e per restituire al Padre l’onore che gli avevamo tolto e quindi cancellare con ciò il nostro debito all’infinita Giustizia della divina Santità. Maria mediatrice, Maria corredentrice fu unita al Figlio in un solo Sì di vittima. “Eccomi, sono la serva del Signore, si faccia di me quello che hai detto” (Lc 1,38). E “entrando nel mondo Cristo dice: Tu, o Dio, non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel Rotolo del Libro – per fare, o Dio, la tua volontà. Per quella volontà noi siamo stai santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo, fatta una volta per sempre(Ebr 10,5-10 e Sl 40,7-9).  Maria una sola volontà con quella del Figlio, Alma Socia Christi.

Doveva essere allora un’entrata trionfale del Messia ma non si trovarono che i santi Simeone e Anna.

Ugualmente, entrata trionfale doveva essere a Gerusalemme prima della passione.

Invece ancora una volta, come sarà sempre: “Alla vista della città (Gerusalemme), Gesù pianse su di essa, dicendo: Se avessi anche tu, in questo giorno, conosciuta la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata!” (Lc 19,41-45).

E’ Dio che piange. Dio piange e mai ha smesso di piangere sulle città, sulle società e sugli uomini, sulla perdita delle nostre anime. La sofferenza che il Signore prova per noi e al nostro posto per il nostro disfacimento, dovrebbe richiamare noi alla seria considerazione della Passione di Gesù. Ma ciò non è possibile quando manca l’amore.

A ben vedere la Storia Sacra è non è cammino dell’uomo con Dio, ma storia sacra come viacrucis di Dio verso l’uomo.

Noi ci figuriamo Dio un solitario freddo Allah, un astratto Grande Architetto, o altro, tutto meno che Dio vivente, che perciò ama ed è quindi giusto della giustizia che è Santità dell’Amore, perciò che l’uomo teme perché si scopre peccatore, nega perché teme. Lapsus freudiano del subcosciente umano che svela a noi che Dio c’è e messi di fronte a Lui ci sentiamo istintivamente peccatori colpevoli di non confessato antico delitto.

L’uomo teme perciò Dio e come già dopo il primo peccato cerca sempre di nascondersi alla luce di Lui e cercare di nascondersi Lui a sé.

Ma il Verbo che è la Luce rimane là nella sua coscienza. Il Verbo illumina ogni uomo che viene in questo mondo e senza di Lui l’uomo stesso non sarebbe (cfr Gv1,1 ss).

In quanto il Verbo è parola di essere propria dell’Essere sommo – Colui che è, Io Sono – che tutto illumina di essere, l’uomo non sarebbe essendo l’uomo immagine vivente di Lui.

La Sapienza percorre l’universo, penetra in ogni spirito, anche il più sottile, ed è perciò che pure la natura è percorsa dal verbo dell’esistere, logos che rende la mente accessibile a se stessa e coscienza di sé e luce, consente cioè all’uomo di intendersi e intendere e alla natura di essere dalla mente intesa. Nella natura il Verbo ha sua gloria nel verbo matematico col quale a noi si rivela.

Nomi che sono in fondo antintellettualistici, come dire che dalla cecità la visione, reticenze per togliere dall’orizzonte della coscienza la luce del Nome che sta dentro di noi e noi cerchiamo. La storia umana è scorrere di tragedie dell’uomo nella vana sua ricerca della felicità.

Fecisti nos (Domine) ad Te, et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te” (Sant’Agostino. Conf. 1,1; P.L. 32,661).

L’uomo vive la vita come una fuga da sé, aggrappato a tutto e a tutto estraneo e da tutto, a tutto aggrappato e a tutto estraneo. Perennemente fuggiasco e vive la divisione, interiore con se stesso ed esteriore col mondo, come lotta che fa tormento la sua esistenza. La corrente esistenzialistica della nostra filosofia, il concetto di angoscia e noia ne è il segno nella ragione raziocinante che lo scova e trae da sé nel tentativo di avere una salvezza. Ma nessuna salvezza l’uomo può dare a sé e dolore e morte sono la cifra del suo fallimento.

Non per nulla Gesù si annuncia come salvatore nel portare la pace agli spiriti senza pace, misericordia alle anime cadute, speranza agli spiriti avviliti dall’inesorabilità dell’apparente inanità della vita, resuscitando la bimba morta ai genitori disperati, il defunto unico figlio alla madre vedova rimasta sola morti, il fratello amato a due sorelle distrutte e a sé l’amico caro. E la sua personale Resurrezione sarà per tutti il primo squillo della vita che ritorna, perché la morte subita per amore mostra che l’Amore è più della Morte, perché di fronte alla Luce le Tenebre svaniscono.

Estenuato, corpo e anima tutto piaghe Gesù cammina barcollando verso il Calvario portando sulle spalle lacerate l’atroce carico della sua croce. Vede delle donne che uniscono a consolarlo il loro pianto suo dolore. Dimentico della drammatica sua condizione di innocente sottomesso a tanta furia di umana cattiveria e malvagità si preoccupa di consolare Lui le donne che vorrebbero consolarlo: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me ma su voi stesse piangete e sui vostri figli giacché verranno giorni in cui si dirà: Beate le sterili e i ventri che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato…perché se tali cose si fanno al legno verde che cosa sarà fatto al legno secco?” (Lc 23,28-31). Gerusalemme sconterà il suo tradimento di Dio con una terribile fine, monito a quanti privano sé di Dio.

Ma Sant’Agostino che ha sperimentato la seduzione del male ci ricorda che però “Dio, che ti ha creato senza di te non può salvarti senza di te” (Sant’Agostino. Sermo CLXIX,13). Dobbiamo riavvicinarci al Signore col cuore pentito e la preghiera, che abbiamo abbandonata dicendo che ci annoia e ci stanca. Come sorprenderci se quando preghiamo ci avviciniamo al Signore sciatti e distratti, col cuore lontani da Lui? Se abbiamo abbandonati o diradati i sacramenti e importando quotidiana conversione è più comodo dire che sono superstizioni e intanto ci si dà a vere superstizioni perché l’anima non può fare a meno una devozione perché la sete di amore, è profondo bisogno dell’anima e invoca la presenza in sé di Dio. E tuttavia andando contro noi stessi avendo smessi di aver fame di Dio?

Dalla contemplazione della Passione di Gesù diventata in loro un vissuto i santi hanno appreso ad affiancarsi a Lui e come il Cireneo caricarsi un poco dei peccati di tutti e per quanto è in loro espiarli. San Pio, la venerata signora Luisa, i Servi di Dio Luigina, Giacomo Gaglione, Fra Immacolato Giuseppe di Gesù, Suor Annitina, San Francesco e  come loro, conosciuti o sconosciuti, hanno accettato di far parte, secondo che lo Spirito di Dio chiedeva e dava a ciascuno, del sudore di sangue di Gesù nel Getsemani, dei dolori della sua Passione, subire gli sberleffi del mondo che irride selvaggiamente ancora all’agonia di Lui sulla croce.  Opera immane di sofferenza e di amore fu ed è portare a salvezza quante più anime possibili da questo mondo nefasto.

Abbiamo bisogno di scendere nelle profondità di noi stesi, nelle strette della nostra umana disperazione per sentire forte la Voce della resurrezione che si fa strada come acqua della vita nell’oscuro tortuoso labirinto della coscienza che ha dimenticata se stessa.

Abbiamo bisogno di quel Qualcuno che l’anima porta in sé anche se non si mai preoccupata di conoscere. Qualcuno abile di imboscate su vie di Damasco e folgorando faccia riemergere da dentro di noi la dimenticata sua bellezza tanto antica e tanto nuova.

Fare esperienza del nulla, dei propri fallimenti, per accogliere il Tutto. Todo y Nada dei mistici, come ben illuminato da San Giovanni della Croce. Svaniscono allora le cose del mondo che ci tanto tenevano abbarbicate a sé e il cuore sino allora un sepolcro si apre alla Luce. Saul rovesciato a terra risorgerà nella nuova creatura Paolo. L’Innominato dei Promessi Sposi verrà dilaniato dai rimorsi vinta la forza dell’uomo senza morale dalla debolezza dell’innocenza indifesa. Anche se nascosto sempre rimane in ciascuno l’uomo immagine di Dio.  La storia umana è storia di crisi, male del mondo sono le nostre anime malate.

Siccome molta gente andava con Lui, Egli si voltò e disse: Se uno viene dietro a me e non lascia suo padre, suo padre, la moglie, i figli i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce (quale comporta abbandonare il mondo e seguire Gesù) e non viene dietro di me non può essere mio discepolo” (Lc 14,25-27).