Roma: “HIV ai tempi del silenzio”, podcast per alzare la voce

Il silenzio è come la nebbia, nasconde alla vista ma non elimina gli ostacoli. E allora, a fare da guida, c’è solo la voce di chi ha percorso quella strada prima di te. È così anche per l’HIV che si nasconde alla vista e alle coscienze grazie all’indifferenza e al pregiudizio. Ma, per infrangere il silenzio servono le parole. Quelle di chi sa davvero essere una guida nella nebbia. Quelle di chi questi 30 anni di Aids li ha vissuti. Si chiama “HIV AI TEMPI DEL SILENZIO” ed è un Podcast in 3 puntate voluto dalle Associazioni NADIR, NPS e PLUS e da MSD Italia, con la supervisione scientifica della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT. Ricordi, esperienze ma soprattutto emozioni, direttamente dai protagonisti. Voci guidate da una voce, quella straordinaria di Pino Insegno, che racconta e accompagna. Le puntate si possono ascoltare o scaricare sul sito. «Sono 30 anni che combattiamo il virus, sempre con la stessa determinazione. E gli importanti successi raggiunti grazie alle terapie innovative ci danno la forza e l’entusiasmo di guardare al futuro con ottimismo. Vogliamo sconfiggere il virus, sogniamo una generazione libera dall’HIV e sappiamo che, perché questo diventi possibile, è importante non abbassare la guardia sulla prevenzione, insistere sull’importanza dei test e sull’inizio più precoce possibile della terapia. Ma soprattutto, per sconfiggere l’HIV bisogna parlarne, bisogna conoscerlo. Ecco perché, con grande orgoglio, sosteniamo un progetto innovativo come il Podcast “HIV AI TEMPI DEL SILENZIO”, perché è con le parole, quelle giuste, che si cancella l’indifferenza, si infrangono i pregiudizi, si aiuta a combattere la malattia» dice Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di MSD Italia.

“HIV AI TEMPI DEL SILENZIO” è un racconto lungo 30 anni ma non è la storia del virus. Racconta le emozioni di ieri e quelle di oggi, racconta come era vivere da sieropositivo quando la diagnosi era una condanna a morte e come sia possibile adesso, grazie alle terapie, amare, invecchiare, vivere. Le voci sono quelle di un medico, Massimo Galli dell’Università di Milano e quelle dei protagonisti delle Associazioni NADIR, NPS e PLUS. Un viaggio per raccontare ai ragazzi di oggi, le emozioni di ieri. Per spiegare come la conoscenza sia l’unica arma per evitare il contagio, per curarsi al meglio, per combattere lo stigma. Perché se c’è una cosa in questi 30 anni che non è mai passata di moda è il pregiudizio.

«Chi, come me, ha vissuto da medico, ma anche da volontario attivo nelle associazioni, tutta la storia dell’AIDS, sa bene che molti fatti e concetti riguardanti HIV non sono affatto scontati nella testa delle persone – spiega  Massimo Galli professore ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano e Past President della SIMIT – Quando un tema perde attenzione, tende ad essere relegato nell’ambito dei rumori di fondo, delle cose che interessano sempre meno e si conoscono sempre peggio. Non stupisce che un argomento reso crepuscolare come HIV/AIDS sia sparito dall’orizzonte di molti. Le persone più giovani che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, quelle dove la possibilità di infettarsi è più elevata, non hanno visto direttamente la morte e la sofferenza che la malattia è in grado di causare. E spesso il ‘tanto caso mai c’è la cura’ può diventare fuorviante, portandole a usare minor attenzione nei rapporti. È invece importante tornare a parlare di HIV in tutta la sua attualità di infezione ancora in grado di essere trasmessa, in Italia, ad almeno sette persone ogni giorno. Prevenzione, informazione, rimozione dello stigma. Credo ce ne sia d’avanzo per sottolineare l’importanza di un podcast come ‘HIV AI TEMPI DEL SILENZIO’».

È facile parlare di HIV alla vigilia del 1 dicembre quando i riflettori sono accesi e ci si ricorda che anche in Italia ci si contagia ancora. Ma questo Podcast vuole ‘alzare la voce’ tutto l’anno. Senza cifre, senza dati, senza numeri. Non è un documentario, non è una ‘lezione’. È un racconto. E sono proprio i protagonisti a spiegare perché sia un viaggio così importante.

 

1 PUNTATA- AMARSI NON È MAI DISCORDANTE

Tra gli anni ‘80 e ‘90 nulla sarà più lo stesso. L’HIV fa la sua comparsa e cambia il modo di vedere la vita, di fare l’amore, di vivere il sesso. La diagnosi è una condanna a morte. I sieropositivi sono da tenere lontani, figurarsi potersene innamorare. Oggi, invece, le coppie sierodiscordanti sono una realtà anche nel nostro Paese. E le loro storie parlano d’amore e di sesso e di vita come quelle di tutte le coppie. Insieme a Massimo Galli, Miki Formisano, vicepresidente di NPS Italia onlus e la sua compagna Marilena una puntata dedicata al tema dell’amore. «Questo Podcast è importante perché rappresenta un ottimo strumento “culturale e informativo” – dice Miki Formisano- è l’occasione per raccontare il percorso di questo virus attraverso le persone, quanto avanti è andata la scienza e quanto ancora arretrata è la nostra cultura.
L’HIV non è la persona…. E il podcast, è un modo per chiarirlo. Ad alta voce».

 

2 PUNTATA – L’HIV HA I CAPELLI BIANCHI

Gli anni ’90 sono quelli della svolta, delle terapie che finalmente funzionano ma sono anche quelli in cui inizia la fake news che il virus sia stato sconfitto. Per la prima volta si può iniziare a sperare che la diagnosi non sia una condanna senza appello. E così ci sono sieropositivi oggi, dai capelli bianchi, che grazie alle terapie hanno cronicizzato la malattia. Invecchiare con l’HIV adesso non è una speranza, è una realtà. Purché si inizino presto le terapie. Accanto a Massimo Galli, Filippo von Schloesser, Presidente dell’Associazione Nadir onlus per una puntata che parla di una qualità di vita senza età. «La rottura del silenzio è un piccolo atto di giustizia morale che la società deve ai 37 milioni di morti per AIDS, conseguenza del virus HIV – dice Filippo von Schloesser- Significa restituire un poco della dignità che è stata rubata a tutte quelle persone che sono morte senza neppure sapere cosa stesse succedendo nei loro corpi e lacerando definitivamente la loro anima. Ma significa anche dare la possibilità di sapere. Sapere non deve mai spaventare. Il silenzio di decenni deve far vergognare tutti coloro che hanno omesso di informare confondendo una infezione che si poteva prevenire con un errato impulso moralista. Oggi, rompere il silenzio e PARLARNE è il primo mattone per prevenire il virus».

 

3 PUNTATA – E ADESSO ROMPIAMO IL SILENZIO           

Si affacciano gli anni 2000 ed è tutta una corsa. Di Aids non si muore più e se si segue una terapia efficace non si è più contagiosi. È la vera rivoluzione di questi ultimi anni. Ma l’HIV non è stato sconfitto. Come è cambiata la percezione del virus in questi anni tra i maschi che fanno sesso con maschi? Insieme a Massimo Galli, Sandro Mattioli, presidente di PLUS Persone LGBT sieropositive onlus e Giulio Maria Corbelli, vicepresidente di PLUS in un viaggio tra passato e presente, per raccontare l’HIV ai tempi del silenzio nella comunità omosessuale. «Raccontare che cosa è stato HIV nel passato – dice Sandro Mattioli- è un modo intelligente di fare il punto della situazione, utile per raccogliere le sfide che HIV ci pone ancora oggi. Parlare di cosa ci aspettiamo dal futuro, sia in termini di ricerca che in ambito sociale, ci dà l’opportunità di avere una visione chiara del lavoro da fare e, appunto, delle battaglie che possiamo vincere mai come oggi dopo oltre 30 anni di ricerca. In particolare la lotta contro lo stigma è una delle sfide più importanti. Oltre 11 anni di ricerca ci hanno consegnato l’acronimo U=U, la non contagiosità delle persone sieropositive in terapia efficace. Uno strumento formidabile che ci pone in grado di vincere paure e discriminazioni». «Silence=Death. È un noto motto di Act Up, la storica associazione di attivisti HIV statunitense, coniato quando accettare in silenzio e passivamente la propria condizione portava inevitabilmente alla morte – aggiunge Giulio Maria Corbelli-  Oggi di Aids non si muore quasi più, eppure tante persone vivono la loro sieropositività senza parlarne con nessuno. Credo che nascondere nel silenzio alcuni aspetti di se stessi possa portare a morire un po’ dentro; per questo credo che ancora oggi parlarne sia parte della soluzione all’HIV».