Salerno: Maria Lai, pittrice sarda, ricordata dal sodalizio agropolese “Dana” al Museo Papi

Anna Maria Noia

Dal 27 settembre al 6 ottobre, inaugurazione prevista il 27 – ore 19 – al museo “Roberto Papi” di Salerno (in via Trotula De Ruggiero n° 23), l’associazione “Dana. The labyrint of the Goddess” promuove la manifestazione “Arte: arma di pace”. Si tratta di un omaggio “artistico”, in occasione del centenario della nascita dell’artista (per l’appunto) sarda Maria Lai. La collettiva, cui parteciperanno esponenti della cultura di ogni dove – in provincia di Salerno e oltre – sarà visitabile negli orari di apertura al pubblico del museo. Le sale della struttura saranno a disposizione di studiosi, intellettuali e semplici curiosi dal giovedì al sabato – dalle 9.30 alle 13 e dalle 18 alle 20 – e di domenica, ore 9.30-13. “Dana” è un attivo sodalizio agropolese, che organizza iniziative di notevole spessore culturale in moltissime aree del territorio salernitano – o non. Ma chi era Maria Lai? È presto detto: una donna dai molteplici interessi in campo culturale; una figura di  intellettuale “completa” – non tanto conosciuta nelle scuole e/o ai più. Nasce nel 1919, proprio cento anni fa, nel paesino di Ulassai (regione barbaricina dell’Ogliastra). Figlia di Giuseppe e di Sofia Mereu, ha quattro fratelli e sorelle. Molto cagionevole di salute da bambina, nei lunghi mesi invernali scopre l’attitudine per il disegno; coltiva tale passione e saggia l’atmosfera del mondo della pittura e della scultura. A inserire la precoce ragazzina lungo la strada dell’espressione grafica e (anche) scultorea – artistica tout court, in generale – fu (tra altri esponenti istituzionali) il professore di Italiano Salvatore Cambosu. Che ne esalterà la peculiare sensibilità. Nel 1939 la Nostra, pur in mezzo a notevoli e comprensibili difficoltà (per quei tempi, “severi” verso le espressioni culturali femminili), si iscrive al liceo artistico di Roma. Qui ha l’opportunità di conoscere e frequentare maestri di scultura quali Angelo Prini e Marino Mazzacurati. Essi vedono nelle opere della Nostra un tratto grafico (o scultoreo) molto… “maschile”, rapido, essenziale e sintetico. Completati gli studi al liceo, Maria Lai si dirige verso Verona e – in seguito – Venezia. Si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Conosce Arturo Martini e Alberto Viani. Infine ha come tutor, mentore Mario De Luigi. Torna in Sardegna, in maniera avventurosa e rocambolesca, nel 1945. Sull’isola resta fino al 1954, insegnando Disegno. In questo periodo si intrecciano vicende (storiche) familiari e/o personali alquanto oscure e dense di patemi: tra l’altro, il fratello Gianni fu al centro di un tentato sequestro di persona – si salvò per miracolo. Tanti gli avvenimenti, lieti o tristi, che hanno segnato l’esistenza della pittrice e artista; grandi e importanti le sue amicizie con validi uomini d’arte del tempo. Ad esempio, con lo scrittore Giuseppe Dessì – del quale ammirava i libri e lo stile narrativo scorrevole. Attraverso le pagine di Dessì, la Nostra si interessa con curiosità ai miti e ai riti della sua (antica) terra. In un’ottica etnografica ed antropologica, densa di passione. Nel 1976 incontra la direttrice della galleria d’arte “Duchamp” di Cagliari Angela Grilletti Migliavacca – che diverrà la sua curatrice di opere personale. Un rapporto proficuo di lavoro e amicizia, pluridecennale. Insomma, la vita di Maria Lai è stata sempre densa di pathos e di peripezie, di avventure (anche e soprattutto) “artistiche”. Comprendenti le esposizioni, finalmente, alla Biennale di Venezia – nonché altri prestigiosi e significativi progetti. Tutto attraverso, poi, gli anni ’80 e ’90. Riguardo questi ultimi, le sue opere degli anni ’90 sembrano una rielaborazione e re-interpretazione del suo complessivo percorso intellettivo. Le esperienze di questa grande donna si susseguono fino ai primi anni del 2000; del 2006, infatti, l’inaugurazione del museo “Stazione dell’Arte” (per la contemporaneità) – una struttura che raccoglie più di cento suoi tele o manufatti, prodotti nel tempo. Una vera e completa artista, quindi. “Dana” intende celebrarne i natali (cento anni, però ella morì nel 2013) per la sua lungimiranza e per la bellezza dei suoi capolavori. Una famiglia “importante”, la sua: la sorella Giuliana (92enne) era una talentuosa scrittrice. Il fratello, Gianni, svolgeva la professione di medico – anche imprenditore. Tra cugini e nipoti, “vicini e lontani”, ebbe un ambiente familiare e sociale denso di fermenti e fervori. Un plauso – dunque – a questa grande mente e al sodalizio di Agropoli, per aver deciso di celebrarne le gesta. Appuntamento a Salerno, museo Papi.