Salerno: sciopero generale per clima ma non solo, raduno Piazza Portanova

La USB ha proclamato lo sciopero generale nazionale il prossimo 27 settembre alle ore 9,00, a sostegno della mobilitazione internazionale promossa dal movimento Freedom For Future.
Una partecipazione convinta e consapevole, che viene dall’esperienza sindacale all’interno di quella fabbrica di veleni che è l’ex ILVA o nella filiera agro alimentare a fianco dei braccianti.
 L’impegno della USB non è solo quello di riuscire a coniugare sviluppo e rispetto dell’ambiente, ma sicurezza e dignità dei lavoratori, argomenti che vanno tenuti insieme e intorno ai quali va ricostruito un diverso modello produttivo non più basato sul profitto, sulla speculazione e sulla rapina dell’ambiente, ma su un equilibrio tra bisogni dell’uomo ed ecosistema che abbia prospettive lontane.
 Non c’è tempo, la situazione è drammatica. Fino a pochi anni fa ci raccontavano che i cambiamenti climatici sono fisiologici e si ripetono nel tempo. Ora tutti evidenziano che la situazione è grave e rischia di diventare a breve irrecuperabile. L’orizzonte di una catastrofe ambientale si è ridotto a poche decine di anni.   Per questo far sentire ai governanti la voce degli uomini e delle donne di questo pianeta è importante e la settimana di mobilitazioni internazionali che stiamo attraversando e che si concluderà il 27 settembre con lo sciopero generale deve vederci tutti protagonisti.

L’USB ha proclamato per il 27 settembre uno sciopero generale a sostegno della nascente vertenza sociale del contrasto alle variazioni climatiche per consentire la partecipazione dei lavoratori alle iniziative che verranno messe in atto.
Il movimento partito dalla sensibilità dei giovani pone un problema reale di prospettive future di vita, ma nella sua generosità rischia di non individuare le problematiche connesse all’attuale devastazione ambientale. Chiedere a chi ha causato tale disastro ambientale di porvi rimedio può sembrare una giusta richiesta risarcitoria, ma non porsi il problema sulle responsabilità è rischioso.
Oggi sono tutti a favore della difesa del clima, sia chi ne subisce gli effetti devastanti, sia chi li ha causati e questo è un primo punto di riflessione. Lo spazio mediatico dato alla giusta lotta dei giovani copre una progettualità ben chiara da parte di chi ha causato il disastro ecologico. Il modello di sviluppo capitalistico, nella sua ricerca del profitto, ha devastato il pianeta, è sensato pensare che senza modificare tale sistema si possa riparare a quanto prodotto?.
La riscoperta sensibilità dei governi alla questione ambientale, senza una giusta affermazione di responsabilità e ripensamento della propria relazione con la natura e della tendenza predatoria in nome del profitto appare sospetta, e non a caso. La crisi economica e la crisi finanziaria impongono al capitale di individuare nuove forme e nuovi terreni di investimento produttivo di profitto.
La sbandierata e improbabile riconversione produttiva in senso ecologico sono il nuovo settore di investimento su un terreno che garantisce profitti. La riconversione produttiva che promettono durerà anni e garantirà profitti e ristrutturazione capitalistica sulla spinta e il successivo consenso dell’opinione pubblica, giustamente preoccupata del proprio futuro. Avrà ripercussioni sul mondo del lavoro che già dovrà subire il processo dell’industria 4.0 che devasterà milioni di posti di lavoro e costringerà a processi di mobilità e precarietà legati alla riconversione produttiva.
Le variazioni climatiche rimarranno come giustificazione ideologica del nuovo processo. Se noi analizziamo il progetto della Germania che intende investire 100 miliardi di euro in 10 anni per riconvertire la produzione possiamo verificare che questo è il progetto vero e dobbiamo aspettarci che farà da apripista almeno nella UE. I 100 miliardi di euro non verranno dalla utilizzazione di denaro pubblico, ma dovranno essere prodotti con sovrattasse su prodotti inquinanti ed emissioni pericolose, agendo sui comportamenti individuali la cui variazione verrà spaccata per partecipazione attiva alla difesa del clima. Non solo, ma le sovrattasse colpiranno ovviamente i cittadini affermando il principio, se vuoi un clima migliore, pagatelo!. La definizione della green economy definisce la progettualità che c’è dietro la nuova sensibilità per il clima. Si parla di green bond, vale a dire titoli dedicati e di una nuova piazza finanziaria all’interno della quale ricostruire i profitti in crisi.
Diventa indispensabile farsi portatori di analisi che smascherino tale processi e stare a fianco dei giovani che non vedono quanto i governi preparano sul clima, in parte per generosità e necessità di ottenere risultati concreti, e in parte perché si soffermano sugli effetti (le variazioni climatiche) senza mettere a fuoco le cause (l’economia capitalistica). La giusta attenzione alle variazioni climatiche non deve distoglierci dalla più generale difesa dell’ambiente che non è solo fermare il riscaldamento della terra, ma rendere vivibile e non pericoloso stare al mondo.
Allora la difesa ambientale diventa anche risanamento ambientale capace di generare lavoro e benessere. Il 27 settembre partecipiamo alle iniziative che verranno costruite nei territori, anche se è stato chiesto di non esporre simboli di partito o sindacato, quindi niente bandiere e striscioni con simbolo. L’importante è esserci ed elaborare le nostre analisi e le nostre iniziative.
IL CAPITALISMO NON E` SOSTENIBILE
Sono almeno trent’anni che i governi di tutto il mondo hanno cominciato ad incontrarsi per discutere la necessità di ridurre le emissioni per evitare i rischi del collasso climatico. Da quando sono iniziati questi incontri nel 1988 le emissioni globali di CO2 sono salite più del 40% e continuano ad aumentare!   A che serve fare commoventi discorsi sulla assoluta necessità di rispettare gli accordi climatici di Parigi se si continuano a sovvenzionare i giganti degli idrocarburi e dell’agrobusiness che sono tra i principali responsabili del collasso ecologico?
Se decidessimo di prendere sul serio il cambiamento climatico dovremmo cambiare tutti gli aspetti fondamentali della nostra economia, colpendo gli interessi delle grandi multinazionali a cominciare da quelle dei combustibili fossili, mettendo da parte indici economici come il PIL e la logica competitiva, salvaguardando la biodiversità invece di distruggerla attraverso la privatizzazione e la manipolazione dei geni.
La Terra è stata colonizzata dal capitalismo. Per millenni l’umanità aveva vissuto in armonia con il proprio ambiente, ma dall’affermazione del capitalismo e poi del colonialismo e dell’imperialismo, il Pianeta è stato sottoposto ad una pressione crescente e ad una accelerazione geometrica del surriscaldamento.   L’intensificarsi di sempre maggiori catastrofi, solo apparentemente naturali, sta lì a dimostrarci che stiamo correndo verso il baratro e che le ripercussioni del crescente riscaldamento del pianeta sono destinate ad essere devastanti.   Tassare le merendine è un modo serio di affrontare il problema, o è l’ennesima dimostrazione che chi siede al governo non ha alcuna volontà di invertire la rotta?
Aspettarsi che i governi, le grandi istituzioni finanziarie o le aziende multinazionali mettano in campo un cambiamento radicale del modello di sviluppo non ha senso. Sta ai lavoratori, ai giovani, ai movimenti il compito di costruire un Piano Green per il nostro Paese con la consapevolezza che non ci sono alternative, perché: THERE IS NO PLANET B