San Matteo, la vocazione apostolica è aperta a tutti

don Marcello Stanzione

 Gesù  vide un uomo chiamato Matteo seduto al banco della gabella e gli disse. “ seguimi”. Quegli si alzò e lo seguì. Matteo era un pubblicano, cioè un esattore di dazi e imposte. La sua città era Cafarnao, in Galilea e la sua era l’attività più disprezzata dell’intero paese. Dopo oltre venti secoli di cristianesimo, è ancora possibile vedere dei cristiani, scandalizzarsi dell’appartenenza a Cristo e dell’impegno nell’apostolato  di vecchi peccatori, dei convertiti. Per alcuni bisognerebbe scartare dal pieno servizio di Dio quelli che si sono allontanati da Lui per ignoranza, per debolezza, per malizia forse, ma che hanno riconosciuto i loro errori e se ne sono pentiti. Si cita spesso San Paolo, il Grande Apostolo, il cui punto di partenza era comunque quello della linea dei persecutori. Si può risalire più in alto, fino alla vita mortale di Cristo, fino alla sua chiamata degli Apostoli. I primi chiamati, Pietro ed Andrea, Giacomo e Giovanni, erano semplici pescatori del lago di Tiberiade, dei laboratori manuali. Matteo aveva una posizione più lucrativa, ma poco stimata dagli Ebrei. Era un esattore delle tasse. Secondo la consuetudine dell’epoca, non era un funzionario che riceveva delle imposte fissate prima e le faceva passare nelle casse dello Stato come accade oggi. In Palestina, l’esattore delle tasse stabiliva lui stesso la tassa e ne custodiva per se stesso tutto quello che poteva, pagando allo Stato una ritenuta al modo d’una offerta stabilita secondo la porzione di territorio in cui esercitava questo singolare negozio. Gli esattori delle tasse erano temuti ma poco considerati. Essi erano dei Pubblicani, nome ben differente da quello dei Farisei, degli Scribi, dei Dottori della Legge, i veri grandi d’Israele.Chiamare un pubblicano al regno di Dio, al suo servizio, nel numero degli apostoli scelti direttamente da Cristo, era scandalizzare i pii ebrei con questa categoria di gente che non si frequenta e che si tiene positivamente e definitivamente alla larga. Nel mondo così poco severo per tante cose vi è tanta gente che ha di questi pregiudizi, di queste condanne senza ritorno,   per i quali ogni riabilitazione morale e sociale sembra impossibile.Cristo ha troncato la questione. Laddove Egli trovava la generosità ed un senso di penitenza dopo il peccato e gli smarrimenti di ogni tipo, Egli riconosceva la buona terra suscettibile di ricevere il suo seme . Viceversa, se non vedeva né la disposizione all’umiltà, né il rimpianto delle colpe commesse, ma al contrario posizione orgogliosa dello spirito, durezza egoistica del cuore e tendenza alla dissimulazione ed all’ipocrisia, Egli non cercava di associare al suo ministero questi presunti servitori di Dio, più attaccati alla lettera che allo spirito, alle pratiche formalistiche che al vero amore del Signore. È un fatto che nessun Fariseo, né nessun altro Ebreo di questa specie sia stato chiamato a diventare uno dei Dodici Apostoli di Cristo.La vocazione di Matteo è un segno di misericordia eclatante. Nessuno è rigettato per principio dal regno di Dio. “Io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori”.Questi giusti, nel contatto evangelico, sono gli osservanti della Legge ebraica, troppo spesso sprovvisti di ogni religione viva e veramente generosa. I peccatori sono quelli che hanno offeso Dio, ma che sono capaci di pentirsi . Fammi capire, Gesù Salvatore nostro, di “quale spirito sei”, ed insegnami a vedere Cristo, il prezzo della penitenza ed il valore del peccatore riconciliato fin nel servizio delle anime e nella vita apostolica che tu non chiudi mai definitivamente a nessuno.

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