Tolve: Amici del Pellegrino, XV Premio Solidarietà

Sabato 21 Settembre, dalle ore 20, avrà luogo a Tolve, in Largo M. Pagano, una serata di gala per il volontariato e la solidarietà, con la cerimonia di consegna del XV Premio Solidarietà “Amici del Pellegrino”. L’iniziativa degli Amici del Pellegrino, associazione tolvese che da oltre vent’anni è attiva a servizio dei pellegrini e del santuario di San Rocco, si ispira alla vita stessa del Santo protettore di Tolve. Rocco, giovane di nobile famiglia che, in un periodo storico molto difficile, segnato dalla crisi economica e morale e da terribili pestilenze, il Trecento, rinunciò a tutte le sue ricchezze per mettersi a servizio degli ultimi per praticare, con gesti concreti, l’amore per il prossimo, come Cristo stesso aveva predicato e testimoniato.
Il Premio Solidarietà “Amici del Pellegrino” viene assegnato ogni anno ad una persona, un gruppo o un’associazione, che si è particolarmente distinta nel campo del volontariato e della solidarietà attraverso il suo operato. Pur avendo un valore meramente simbolico, l’iniziativa persegue l’ambizioso obiettivo di promuovere la cultura della solidarietà e del servizio al prossimo e alla comunità. Il fine è dunque quello di valorizzare l’esperienza del volontariato attraverso alcune sue significative espressioni, facendo conoscere storie ed esperienze d’eccellenza, che possano stimolare e ravvivare l’impegno a servizio del prossimo, l’affermazione, il consolidamento e la diffusione di buone pratiche che portino un miglioramento nella vita dei singoli e delle comunità.
Il Premio, giunto quest’anno alla sua quindicesima edizione, negli anni passati è stato assegnato ad associazioni come Dopo di Noi, Insieme Onlus, Amici dell’Hospice S. Carlo, Domus, Libera Basilicata, Agebeo, Il Coordinamento per l’Accoglienza dei Migranti di Palazzo San Gervasio, ABIO Basilicata, IO Potentino e i suoi Magazzini sociali, l’associazione Gente
Allegra, Filippide Potentina, ma anche a persone semplici, che con il proprio agire quotidiano hanno testimoniato l’impegno gratuito per il prossimo.
Nel 2016 è stata poi istituita una speciale “Sezione Lavoro” del Premio, dedicata all’impegno di professionisti ed imprenditori che hanno saputo condividere la propria fortuna e il proprio saper fare con il loro prossimo, è così stata premiata l’attività dell’imprenditore Ilario Ungaro, il Dipartimento Solidarietà Emergenze della Federazione Italiana Cuochi di Basilicata, il lavoro dei ragazzi della speciale pucceria “Assurd” di Potenza.
Da qualche tempo, il Premio si è ulteriormente arricchito delle “Menzioni d’onore”, riconoscimenti volti a valorizzare azioni concrete di solidarietà, storie di vita, progetti e iniziative significative che hanno bisogno di essere conosciute, sostenute e replicate.
Per questa quindicesima edizione gli Amici del Pellegrino conferiscono il Premio Solidarietà alla Fondazione Madre Teresa di Potenza, l’onlus che fa capo al Convento dell’Ordine dei Frati Minori di Santa Maria del Sepolcro di Potenza, che con grande senso di responsabilità attraverso molteplici attività, cerca di “offrire una risposta in prima persona ad un mondo che corre e dimentica che sono sempre i più indifesi a soffrire”. Da questa convinzione sono nati alcuni progetti di adozione a distanza, il Progetto “ACCOGLIENZA in CONVENTO”, centro aggregativo che attraverso diverse azioni promuove il coinvolgimento dei singoli e li accompagna in un processo di crescita spirituale ed umana. Oggi il fiore all’occhiello della Fondazione Madre Teresa è la Casa di Accoglienza Don Tonio Bello, sita in via di Giura a Potenza, in uno stabile che per decenni ha ospitato una scuola, e che dal dicembre 2014 offre una casa agli invisibili, ovvero a quelle persone che non hanno nessun altro posto dove andare. A loro assicurano un letto, dei bagni, la possibilità di farsi una doccia, avere dei vestiti, dei pasti caldi, una formazione che consenta il reintegro in società, di persone bisognose perché senza lavoro, profughi, extracomunitari, pensionati soli, divorziati, “i nuovi poveri”, categorie che fino a pochi anni fa sembravano immuni al fenomeno della povertà e che ora ne sono state investite e travolte in poco tempo. La Casa don Tonino Bello si rivolge a questi “fratelli” attraverso un modello che consenta una efficace accoglienza in termini di sostegno materiale e psicologico, che di supporta e ascolto, e provvede con attività di sostegno all’inserimento nel mondo del lavoro. Oggi la Casa rappresenta un punto di riferimento concreto per i senzatetto e i nuovi poveri, mediante la fornitura di alimenti, vestiario, assistenza medica e alloggio.
Il Premio Solidarietà Amici del Pellegrino, Sezione lavoro, è attribuito quest’anno al dottor Saverio Glisci, medico delle cure palliative oggi in servizio presso l’ASP, per la sua attività professionale svolta al servizio dei malati cronici e/o terminali. Il dottor Glisci, prima da medico volontario AVIS, poi come medico dell’ANT, e ora a servizio dell’ASP, nel suo servizio ha saputo coniugare professionalità, umanità e carità andando ben oltre quando richiesto dalla deontologia professionale e dal comune spirito di servizio. Fare del controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali del malato la propria mission professionale si è rivelato di fondamentale importanza per le migliaia di malati che il dottor Glisci ha seguito e segue. Lo scopo delle cure palliative è difatti il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e per le loro famiglie. L’attività condotta dal dottor Glisci, spesso a domicilio, nelle case di tanti lucani, ha permesso di vivere la situazione di malattia con dignità e rispetto. La sua attività ha contribuito inoltre a sfatare pregiudizi attorno alle cure palliative e ha rimesso al centro dell’agire medico non tanto la malattia e la guarigione, spesso impossibile, ma il paziente e la qualità del tempo che resta da vivere, per “non aggiungere più giorni alla vita, ma più vita ai giorni”. Il termine palliativo infatti nel linguaggio comune è spesso associato ad un’idea di inutilità, futilità e mancanza di una prospettiva di guarigione. In realtà, la parola latina “Pallium” significa mantello. Come un mantello avvolge un corpo infreddolito adattandosi alle forme sue proprie, così le cure
palliative hanno per scopo “l’avvolgere” i pazienti e la loro famiglia, proteggendoli nel momento della debolezza dovuta da una patologia a prognosi severa. Le terapie palliative, quindi, in linea con la definizione che dà l’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno l’importantissimo compito di migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare tutte le complesse problematiche, cliniche ma anche
psicologiche, spirituali, sociali e burocratiche, associate spesso a malattie inguaribili. È necessario sottolineare che le cure palliative non interferiscono con il naturale decorso della malattia ma provvedono al sollievo del dolore e degli altri disturbi causati dalla patologia, che spesso è terminale. Secondo l’approccio palliativo ogni aspetto del soffrire può essere “diagnosticato” e “curato” in una visione globale del paziente. Il sollievo, il conforto, l’eliminazione della sofferenza, portata con tanta umanità e tatto nelle case dei pazienti, come tanti di essi e dei loro familiari ci hanno testimoniato ci hanno fatto scegliere di assegnare questo premio “Speciale lavoro” al dottor Glisci.
Una speciale “Menzioni d’onore”, è stata riconosciuta, in questa edizione del Premio Solidarietà al progetto Prison Far- L’arte di adattarsi – Rete lucana per l’economia carceraria. Il progetto, coordinato dal dott. Giuseppe Palo, funzionario dell’Amministrazione Penitenziaria e referente regionale, si ispira all’idea di resilienza, proprietà che ingegneri e architetti riferiscono ai materiali che si piegano, si torcono, si deformano ma non si spezzano. Si è pensato di poter estendere, nella vita in carcere, tale proprietà ai detenuti, investendo nella capacità di far fronte ad un evento stressante e traumatico, quale la detenzione, per farne una occasione di riorganizzazione positiva della propria vita. Una dote preziosa, che dipende sia dalle caratteristiche dell’individuo sia dal contesto sociale. Il dottor Palo e la sua equipe hanno creduto che proprio come i materiali resilienti, anche gli esseri umani sottoposti a stress eccessivi e traumi, possano non necessariamente spezzarsi, emotivamente e psicologicamente, ma anche adattarsi e fortificarsi. Hanno perciò attuato questo concetto introducendolo nel Sistema Penitenziario in Basilicata, attraverso una serie di iniziative, anche d’intesa con il mondo della cooperazione sociale e con le piccole e medie imprese. Prison Farm: l’arte di adattarsi, è il frutto di tali idee, una serie di imprese che nasce in carcere per promuovere la costituzione di una rete regionale per l’economia carceraria tra realtà istituzionali, cooperazione sociale e soggetti imprenditoriali. L’innovazione dell’approccio mette al centro l’investimento sulla capacità di agire delle persone, che si configura sempre come una capacità di azione, “in relazione” inserita in un dato contesto sociale e ambientale attraverso Co-Creazione di valore nelle relazioni generate come frutto di un sistema di condizioni contestuali che vengono stimolate da significativi e stabili processi di ascolto ed analisi del contesto di
riferimento. Al centro di tale azione vi è la Progettazione Partecipata, costruita a più mani, in primis attraverso il coinvolgimento attivo delle persone beneficiare, realizzata dai vari soggetti che agiscono insieme alle stesse per contribuire alla loro “capacitazione”: lo strumento di lavoro diventa quindi un agire integrato in cui soggetti istituzionali e privati, operatori dei servizi pubblici e dei servizi privati, realtà informali, attori delle politiche del
lavoro, della casa, dell’educazione partecipano a un comune percorso di attivazione delle persone prese in carico; Approccio Comunitario e Generativo di risposte innovative in grado di promuovere, proprio in virtù di un percorso strategico condiviso, l’inclusione sociale attraverso il benessere, le relazioni positive e lo sviluppo sociale della comunità nel suo insieme. In tal modo, come ha sostenuto papa Francesco in un recente incontro, il mondo delle carceri, cappellani, Polizia e personale dell’Amministrazione Penitenziaria, diventano “costruttori di futuro”, che non spengono la speranza dei detenuti, e diventano in concreto “ponti” tra il carcere e la società civile. Le carceri non più luogo della rassegnazione ma del riscatto, con questo progetto si sono liberate anche materialmente del grigio e hanno assunto i colori dell’arcobaleno, simbolo biblico di una nuova alleanza e di un nuovo inizio nelle aule e nei laboratori, negli orti e nei giardini strappati all’incuria tra le mura del carcere. Così sono nati una serie di progetti concreti che hanno riacceso nei detenuti la fiammella della speranza oltre quelle mura che non sono soltanto di mattoni ma anche e soprattutto di pregiudizi e stereotipi. Ed ecco allora nel carcere di Potenza, “OffOff”, le officine officinali, un hortus conclusus, Orto botanico per la produzione di Erbe Officinali e
relativo laboratorio per l’estrazione degli oli e di acque profumate, ma anche produzioni orticole e coltivazione funghi cardoncelli. Ecco ancora i laboratori creativi degli scartati che riutilizzano in modo creativo tutti gli scarti della realtà carceraria: “ C’era una volta una Ghetta”, “la Gazzetta Officinale”, “Al di là d i una branda” e tanti altri. E poi ancora #PIZZAIOLIDENTRO laboratorio di pizzeria- scuola per pizzaioli che mira ad aprirsi
all’esterno, e #COTTIDENTRO scuola di cucina e laboratorio per percorsi di formazione con l’Istituto alberghiero, “ PRISON BAR” bar temporaneo con spazio per l’accoglienza dei familiari dei detenuti e corner aperto a tutti per la promozione dei prodotti “Prison Farm”, solo per restare a Potenza. E nella casa circondariale di Matera: “PRISON KIT”, kit per la produzione di pani per funghi sui fondi di caffè, raccolti dai bar della città di Matera, “PANE E CARCERE” laboratorio per prodotti da forno, “MADE IN CARCERE PER MATERA” laboratorio tessile con macchine da cucire scarto del polo della corsetteria di Lavello, e materiale di scarto delle pelli e dei tessuti dei salottifici Cali, per la produzione di merchandising per Matera capitale della Cultura Europea. E ancora, nella casa circondariale di Melfi i progetti “L’APE LIBERA” per la produzione di miele, e la “campagna adotta
un’arnia” e poi “E.V.O Ristretto” Impianto olivicolo con circa 900 piante per avviare nei prossimi anni una produzione di olio extravergine biologico, e “Alta Sicurezza (Alimentare)” Pastificio con grano Cappelli. In questi progetti, nell’entusiasmo degli operatori e nei volti dei carcerati che ne sono coinvolti, noi abbiamo visto che c’è la speranza, non semplice compassione o rassegnazione, ma spinta ad “uscir fuori”, per riprendersi la propria vita,
espiazione e riscatto, resilienza e rinascita.
Invitiamo dunque ad ascoltare queste storie, a diffonderle, a parlarne, a pubblicizzarle, perché il vero Premio Solidarietà per noi consiste nella diffusione e nel contagio delle buone pratiche, quella dell’accoglienza, della cura, dell’offerta di una speranza. A Tolve, 21 Settembre, Largo Mario Pagano, presenta e modera la giornalista Enza Martoccia.