Cava de’ Tirreni: Pd, risposta a Marcello Murolo “Fango prima o poi finisce”, 2^ (e ultima) parte

L’avvocato Murolo, nella sua “lezione di diritto” continua a fare delle affermazioni non coerenti con il diritto vigente. Al di là dell’errato riferimento all’art. 18, anziché all’art. 19 del Testo Unico delle Società a Partecipazione Pubblica (D.Lgs. n. 175/2016) – ma trattasi evidentemente di un lapsus calami – egli rifiuta di confrontarsi con le norme di diritto positivo che affermano cose diverse da quelle sostenute dal giuslavorista. L’affermazione secondo la quale alle società “in house”, cioè quelle società a controllo pubblico partecipate al 100% da amministrazioni pubbliche e che da queste ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici, si applichino “per analogia” “le norme in materia di assunzione e impiego del personale” va ad infrangersi non solo contro l’articolo 19 del D.Lgs. n. 175/2016 (Gestione del personale), sul quale ci siamo soffermati ieri, ma anche e soprattutto contro l’articolo 16 del medesimo testo unico, che si occupa espressamente delle società “in house”. Quest’ultimo articolo – rubricato appunto “Società in house” – detta una serie di regole particolari che ne rimarcano il vincolo con le Amministrazioni socie. Ma tra queste regole non è prevista l’integrale applicazione – come invece sostenuto dall’Avv. Murolo – delle norme in materia di assunzione e impiego del personale. Scelta diversa, invece, ha fatto il legislatore in materia di appalti affidati dalle società in house, stabilendo (all’art. 16, comma 7) l’integrale rinvio al D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici). Quindi, alle società in house si applicano, in materia di gestione del personale, le regole “pubblicistiche” nei limiti, visti nel mio intervento di ieri, di quanto previsto dall’art. 19 del Testo Unico, diversamente da quanto accade in materia di appalti, per i quali si applicano integralmente le regole pubblicistiche del Codice dei Contratti (D.Lgs. n. 50/2016). Quindi, le società in house, prima di procedere alle assunzioni,  non sono obbligate ad approvare il piano triennale dei fabbisogni di cui all’art, 35, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001.

Ciò ribadito, si evidenzia inoltre che la norma (art. 19, comma 5) che prevede che le Amministrazioni controllanti fissino alle società controllate gli obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, non vuol dire che le società siano obbligate ad approvare il piano triennale dei fabbisogni di cui all’art, 35, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001.

Infine, qualcosa potrebbe scriversi anche sul comandante della polizia locale, in quanto l’Amministrazione Servalli, a pochi giorni dal suo insediamento, ha dovuto fare i conti con il blocco delle assunzioni, anche dirigenziali, connesso con la mobilità del personale delle province, blocco cui non era soggetta la precedente amministrazione. Ma su quest’ultimo punto e sugli altri, essendo stati già oltremodo prolissi, rinviamo all’ampio dibattito che la campagna elettorale non mancherà di fornirci.

Non alimenterò più in alcun modo ulteriori polemiche e dibattiti sterili. L’intento era quello di dimostrare che l’uso distorto e/o errato di informazioni provoca dei cortocircuiti nella ns democrazia. E mi pare che l’obiettivo sia stato ampiamente raggiunto.

Buona domenica a tutti

Marco Ascoli

Membro Assemblea Regionale Partito Democratico e Dirigente del circolo “25 aprile” di Cava de’ Tirreni

Già consulente politico – a titolo gratuito – dell’Amm.ne Servalli