Salerno: al via Piano Solo Festival

Non sappiamo se davvero il pianoforte riassuma in sé tutta l’arte universale, come voleva Franz Liszt. Sappiamo e, non è poco, che il pianoforte racchiude la sintesi della musica occidentale, oltre che di una cospicua fetta di quella afroamericana. Ottantotto i tasti, che sono il medium -anche in senso magico/misterico- del viaggio che la musica ha intrapreso in Europa. Il gioco delle voci, secondo le regole della scala temperata e dell’armonia, in cui si risente un percorso che va dal gregoriano alla polifonia cinquecentesca, alle regole di Lully, e Johan Sebastian Bach, fino alla decostruzione melodica, armonica e timbrica del ‘900. La dinamica, nel tocco offre all’oggetto un fascino un po’ selvaggio: “Il pianoforte è un mostro che strilla quando tocchi i suoi denti” diceva Segovia, chitarrista intimorito, dal demone. La mise “da sera” di un gran coda, snella e scura col sorriso d’avorio dei tasti, che raccoglie mondanità e distacco. La casa comunale da oltre un decennio ha deciso di aprire il suo “cuore” a questo strumento, grazie alla visione e al fine sentire musicale dei pianisti Paolo Francese e Sara Cianciullo, i quali insieme ad Ermanno Guerra, hanno donato alla cittadinanza ben XII edizioni del Piano Solo Festival, un percorso che ha salutato partecipazioni prestigiose, prime esecuzioni, attenzione alle giovani promesse, incisioni, tra i marmi della storica sala. L’inaugurazione del cartellone, che si avvale dell’esperienza della storica ditta “Alberto Napolitano”, prevista per venerdì 10 maggio alle ore 19, è stata affidata al pianista valenciano Rafael Salinas, il quale proporrà una scaletta che attraverserà tre secoli di musica spagnola. Gli autori sono tutti della penisola iberica, attivi tra la prima metà del Settecento e la prima del Novecento. Il solista spazierà da Padre Antonio Soler con una delle 120 sonate, che risentono della conoscenza delle opere di Domenico Scarlatti, ma si caratterizzano per l’uso frequente di ritmi di danze spagnole a Vicente Rodriguez Monllor, da Sebastian de Albero a Josè de Nebra, il migliore compositore tardo barocco spagnolo, sino a Mateo Albeniz. Gli altri autori che impreziosiranno la seconda parte del programma, risalgono invece, al periodo d’oro della musica spagnola, sviluppatasi a contatto con l’ambiente parigino dei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento. Incontreremo, infatti, l’Enrique Granados delle Escenas Romanticas, compositore che risente dell’interesse per il folklore spagnolo, gitano e arabo-andaluso, capace di giocare abilmente tra sperimentazione e manierismo. La musica popolare, tuttavia, è vissuta qui, più come suggestione romantica che come realtà da cui elaborare un nuovo stile musicale e, in un programma dedicato alla Spagna non poteva certo mancare Manuel de Falla, che chiude la serata con la suite da El amor Brujo e la primigenia Danza ritual del Fuego. Sale in cattedra, venerdì 17 maggio, il pianista francese Pierre-Laurent Boucharlat. Saint-Saens, Faurè e Debussy nella prima parte della serata, un saggio degli umori dell’ambiente musicale francese in cui Claude Debussy operò: la posizione di Saint-Saëns, che, destinato a diventare modello e simbolo per i francesi che dopo il Novecento non vollero seguire la lezione di Fauré, opta per una sorta di ritorno al Classicismo, che purtuttavia gli permette una rilettura personale di forme, appunto classiche, come la Sonata, fino ad una toccata del contemporaneo Pierre Sancan, che ha cercato di conciliare le tecniche performative contemporanee con il linguaggio armonico di Debussy, un compositore di cui Sancan era un esperto interprete, mentre, la seconda parte del programma, verrà interamente dedicata all’esecuzione dei Quadri di una esposizione di Modest Musorgsky, pagina pianistica che possiede in nuce una grande quantità di colori, ispiranti una notevole varietà di timbri, atti a far lievitare forme orchestrali, realizzate, poi, da Ravel. Serata beethoveniana, quella del 21 maggio, che saluterà ospite Maria Letizia Michielon. La sua colta scelta si è fermata sulla sonata n° 15, op. 28, detta “Pastorale”, la cui novità consiste nel colore particolarissimo e nell’andamento danzante nel finale, e sulla prima e la terza dell’opera 31, segnate da una prodigiosa plasticità di rappresentazione palpabile, però, nella microforma, battuta per battuta, nota per nota, dove tutto dovrà assumere vivacità di significato. Gran finale il 24 maggio con il solista polacco, Michael Wladkowski, che registrerà un cambiamento di location. Un centinaio di metri per spostarsi tra i fasti barocchi e musicali della chiesa di San Giorgio, per un programma che omaggerà i due numi tutelari della musica polacca, Chopin e Szymanowski, in un confronto su piccole forme, notturni, polonaise, ballate, mazurke, scherzi e fantasie per il genio di Varsavia, le cui preziose miniature apriranno e chiuderanno la serata, e un Etude e le Mètopes op.29 per Karol Szymanovsky, che si pone in viaggio sulle tracce di Ulisse per comporre una delle opere più “moderne” della letteratura musicale polacca del primo Novecento.