Affinità interiori di Kafka, Pessoa e Beckett: sconcertanti ‘situazioni kafkiane’, singolari personaggi pessoani ed il ‘teatro dell’assurdo’ di Beckett

Giuffrida Farina  

Il portoghese Fernando Pessoa ed il boemo Franz Kafka, due tra i massimi narratori di tutti i tempi, differivano, in quanto ad età anagrafica, di soli 5 anni; Pessoa nacque nel 1888, Kafka nel 1883. I loro destini, durante il percorso di vita, non si sono mai incrociati, e, assai probabilmente, ciascuno ignorava l’esistenza dell’altro; tuttavia molte affinità interiori e diverse non dissimili esperienze, li legano in maniera evidentissima.  Entrambi parlavano correntemente due idiomi: il portoghese e l’inglese, Fernando Pessoa;la lingua ceca e quella tedesca, Franz Kafka. Ambedue subirono l’esperienza dolorosa, scialba e tediosa dell’impiego burocratico. Quotidianamente, Fernando Pessoa nella sua Lisbona attraversava i quartieri della città per recarsi nell’ufficio di Import-Export, dove attendeva alle mansioni di corrispondente commerciale; Franz Kafka dedicava le sue giornate ad un ufficio di Assicurazioni… ma … finalmente sopraggiungeva la notte …  la tanta agognata  notte annullatrice delle comuni alienazioni  e propiziatrice del librarsi d’un immenso egualissimo estro…

Altra similitudine:tutti e due non convertirono in matrimonio il fidanzamento ed intesserono, con le proprie donzelle, rapporti epistolari di grande intensità scrivendo lettere nelle quali si poteva cogliere la discontinuità, l’irregolarità, la comune “asistematicità” di vita. Cito uno straordinario aforisma di Pessoa: ”Le lettere d’amore, tutte le lettere d’amore sono ridicole.Non sarebbero lettere d’amore se non fossero ridicole”. Ed un altro, altrettanto sublime, di Kafka: ”Sono malato di mente, la malattia polmonare è soltanto uno straripare della malattia mentale”. Ambedue non estranei, in età giovanile, alla frequentazione di circoli anarchici; sovente si può intuire nelle loro Opere un comune avvertire la presenza di misteriose Entità: ”Istanze invisibili al vertice di gerarchie illimitate” (Kafka),  una sequenza di personaggi alternativi, ciascuno munito di peso fisico ed intellettuale (Pessoa). E qui apriamo una breve parentesi sulla fervida fantasia Pessoana.

Sono stati definiti: ’Eteronimi’ di Fernando Pessoa (il quale, ricordiamolo, è ritenuto anche uno dei più grandi poeti in lingua portoghese) un gruppo di personaggi immaginari ai quali Pessoa attribuiva i suoi scritti, ciascuno d’essi godente di particolari caratteristiche con una specificità  d’identità, titolo di studio, professione, tratti salienti di biografia, visione del mondo; le più note Esistenze: 1) Ricardo Reis (medico umanista amante del latino, ribelle, convinto ideologo della monarchia, con un atto di protesta indirizzata alla Repubblica Portoghese abbandonò questa terra e si diresse in Brasile, dove visse sino al termine dei suoi giorni); 2) Álvaro de Campos (Portoghese, Pessoa lo fa nascere il 15/10/1890 alle 13,30 a Tavira; de Campos si trasferisce in Scozia per studiare ingegneria meccanica  e navale, ama viaggiare e nel corso di un viaggio in Oriente compone un poemetto,’Oppiario’: il vagabondare in terre lontane e l’oppio, rifugi ai quali tende per sfuggire alla sua irrequietudine e alla noia esistenziale; si spegne nel 1935); 3) Alberto Caeiro (Portoghese, contadino che può essere accostato al ‘Banchiere anarchico’, singolare personaggio di cui tratterò nel seguito)  e 4)Bernardo Soares (anonimo impiegato di stampo Fantozziano, che spesso librava la sua fantasia spingendola a farle  percorrere le praterie del Sogno).

La personalità dello scrittore lusitano – che pubblicò pochissimi volumi–  come si può agevolmente evincere, fu complessa e sconcertante, attesa la circostanza che si dedicò anche all’Esoterismo ed alla Teosofia. Dunque, Franz Kafka e Fernando Pessoa, perni della letteratura mondiale del 1900, scrittori cantori della disperazione e dell’assurdo, vissero perennemente in uno stato d’ansia, di insicurezza, tentarono di contrastarlo con le armi artistiche del paradosso, del grottesco, della finzione.

Nei loro racconti e romanzi sono rinvenibili connotazioni e forti componenti psicologiche, entrambi magistralmente capaci di trasportarci, sin dalle fasi iniziali dell’opera, ciascuno con la tipica, inconfondibile atmosfera, nello spazio e nel tempo della propria creazione. Rievoco due magistrali attacchi: “Ah, tutto è simbolo e analogia! /Il vento che passa, la notte che rinfresca/sono tutt’altro che la notte e il vento:/ ombre di vita e di pensiero” (Faust, di Pessoa). Ed il celeberrimo incipit: ”Nel destarsi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato,  nel suo letto, in un enorme insetto” (La metamorfosi, di Kafka). Inoltre, la similare precisione nei particolari della narrazione, il comune surrealismo, e le situazioni più paradossali ed inverosimili tranquillamente accettabili in quanto normalissime situazioni: menziono soltanto “Il banchiere anarchico” di Pessoa, banchiere che mette a braccetto, facendole splendidamente convivere, la teoria anarchica e quella capitalistica; e  “Un incrocio” di Kafka, agilissima bestiola, un cucciolo metà felino e metà agnello, proveniente dalla eredità paterna. Anche l’epilogo delle loro esistenze fu non dissimile: il Portoghese concluse la sua esperienza terrena in un ospedale, il Boemo in un sanatorio. Percorsero una strada letteraria costellata da una mole ingentissima di “frammenti”: brani di romanzi, racconti, novelle, passi di note di diario, epistole. Pubblicarono una parte infinitesimale delle loro ponderose creazioni: si pensi ai famosi ‘eteronimi’ Pessoani, alla sua opera ortonima  (Fernando Pessoa  scrittore si deve considerare ‘ortonimo’, in quanto  non identificabile con l’uomo Pessoa;il Quale è stato definito, dal poeta  Frederico Barbosa, “l’enigma in persona”, difatti  “pessoa” in portoghese equivale a “persona”),  si pensi al mitico “baule” che conteneva oltre ventisettemila documenti,acquistati dalla Biblioteca Nazionale di Lisbona, preziosissimo gigantesco cofano letterario reso famoso in Italia da Antonio Tabucchi (1943-2012).Tra i pochi volumi pubblicati da Kafka, lo stupendo “Metamorfosi”;tra le opere pubblicate, in quantità limitata, da Pessoa: Mensegem,  silloge composta da 44 poesie,che egli definì:  ” piccolo libro di poesie “.

Un difficile rapporto con il prossimo accomunava i due geni, e direi, un senso di infinita solitudine che si diffonde in un ambiente florido di traslati, di figure metaforiche pervase di angosciato lirismo. Morirono pressappoco alla stessa età, 41 anni Kafka,47 anni Pessoa. Impiegati e  “notturni scrittori”, oltre alla Emozione in noi indotta da un’arte sublime, credo abbiano di riflesso sussurrato alla intera umanità un conciso messaggio: Il vero artista, il reale creativo è lo Scrittore che non può esercitare il mestiere di scrittore. “Legittimo erede di Kafka” è stato definito, dal filosofo e storico Francesco Adorno,lo scrittore irlandese di lingua inglese e francese, Samuel Beckett (1906-1980), la cui straordinaria opera teatrale lo condusse alla attribuzione del Premio Nobel nel 1969; inizialmente le sue creazioni (libri di poesia, raccolte di novelle, i romanzi: Watt, Malone muore, L’innominabile) non incontrarono il favore di pubblico e critica, sebbene in esse campeggiassero temi poi perentoriamente impostisi, quali situazioni paradossali, agonizzanti relitti umani, dannati condannati ad un eterno, insensato monologo. Beckett (che strinse tenera ed affettuosa amicizia con il romanziere irlandese James Joyce,dunque la sua prima opera pubblicata riguardava un saggio su Joyce)  trasferì    dalla narrativa alla scena identici temi e medesime atmosfere:assenza d’azione, incomunicabilità, dialoghi paradossali o addirittura assenti (Atti senza parole); Analogamente “silenziosi” i soggetti cinematografici, dove il non manifestamente espresso e il non detto hanno deciso sopravvento sulla parola; tra  le sue più conosciute creazioni sulla Assurdità: Aspettando Godot. Frequentemente, la magica atmosfera che crea l’Arte, si unisce, si fonde con l’”assurdità”,questo connubio fu innalzato  a vertici estremi dallo scrittore irlandese; tale etichetta,“Teatro dell’Assurdo”, fu impressa, in un saggio del 1961 intitolato “The theatre of the Absurd”, autore era il critico Martin Esslin; a Parigi, intorno agli anni Cinquanta (dunque pochi anni dopo  Auschwitz e Hiroshima) un gruppo di drammaturghi si unì artisticamente, creando opere  caratterizzate da temi quali: angoscia, illogicità esistenziale, sconquassante alienazione correlata a mancanza di ideali, assoluto e disperato nichilismo. I maggiori esponenti, con rappresentazioni di drammaturgia: Samuel Beckett ed il rumeno Eugène Ionesco (1909-1994), le opere dei due artisti erano imperniate su personaggi incomprensibili in un mondo assolutamente inafferrabile, dialoganti in maniera talora convulsa altre volte morbida ma sempre col timbro della insensatezza,della irragionevolezza, peraltro tale mancanza di logica in pieno accordo di fase con una ‘realtà’  egualmente folle e sconsiderata, dominata da burattini e fantocci mossi da chissà quale Entità Burattinaia, caratterizzati da – per citare Montale – un estremo “delirio di immobilità”. Kafka, Pessoa, Beckett, miei grandi amori letterari, fantastiche Genialità, impossibile non amarle, chi comincia a conoscerli diventa esile limatura di ferro nei pressi di una potente calamita.

Per dirla con i Quali e per la comune visuale: l’assurdità dell’assurdo insito in ipotesi assurde d’un teorema geometrico la cui verità viene evidenziata con la cosiddetta ‘dimostrazione per assurdo’: ovvero, si comincia con il negare quel che si vuole dimostrare (la cosiddetta ‘tesi’), ma nel corso della dimostrazione si palesa la falsità della negazione della tesi, questo sancisce la verità della tesi (insomma: una doppia negazione equivale ad una affermazione). Ecco, splendidi Autori di vicende cupe e potenti la cui matematica Bellezza sarebbe, Kafkianamente, dimostrabile da un Personaggio Pessoano per assurdo!