Mercato San Severino: Lions, Istituto “Virgilio” nel ricordo delle foibe

Anna Maria Noia

Il giorno del ricordo sul fenomeno dell’infoibazione (ricorrenza di ordine nazionale, il 10 febbraio), per ciò che concerne la realtà di Mercato S. Severino, non è trascorso invano: alla presenza di autorità civili e militari – nonché di una vastissima platea di studenti dell’istituto di istruzione superiore “Virgilio” – il 12 febbraio scorso (in mattinata) si è tenuta una interessante tavola rotonda, proprio su questo argomento. Un incontro promosso, tra l’altro e soprattutto, dal club Lions del comprensorio. Presenti, sia per indirizzi di saluto che per la discussione della tematica, varie personalità del mondo della cultura – locale e non. Vi erano, oltre all’assessore al ramo Enza Cavaliere: la dirigente scolastica del “Virgilio” Luigia Trivisone; il responsabile Lions (distretto 108YA) Mercato S. Severino Andrea Torre; il cerimoniere Lions Linda Scarano (S. Severino); il docente di Storia e Filosofia Carlo De Luise (a presentare e a moderare, condurre i lavori); il governatore del distretto 108YA Paolo Gattola. A dissertare sul tema, il già responsabile delle Dogane Franco Fiume. Che rappresenta un testimone attendibile della tragedia dell’infoibazione – avendo vissuto per circa un ventennio a Trieste e in quelle aree toccate dalle orribili atrocità, perpetrate a “fratelli” italiani – oltre che ai fascisti e ai nazisti. Oltre alle foibe, vi è anche la “questione” dell’esodo istriano, giuliano e dalmata – pure illustrato da Fiume nel corso della sua relazione su queste crude argomentazioni. Egli ha dichiarato di aver conosciuto familiari, parenti e amici di persone uccise gettandole negli inghiottitoi naturali (o miniere) chiamati, per l’appunto, foibe. Di natura carsica. Poi, nel corso del dibattito, ha portato un’altra testimonianza – ancora più veemente e “personale” – il docente universitario Vincenzo Aversano. Suo padre era un militare di marina, anch’egli “interessato” dalla barbarie commemorata nel “giorno del ricordo” (non a caso comparato, dagli intellettuali presenti al Comune di S. Severino, al “giorno della memoria” sulla Shoah – il 27 gennaio). Aversano ha portato con sé un libro di lettere e corrispondenza epistolare inerente il padre. L’intervento dei relatori e di Franco Fiume è stato preceduto dall’introduzione della Cavaliere e di Torre, nonché dallo scorrere di opportune slide – un video di 20 minuti – che ha sintetizzato “soltanto” 50 tra le più di 1700 buche naturali (alcune profonde molto più di 100 metri) in molte zone carsiche. Sullo schermo, sono apparsi dei nomi di zone di “foibe”: Drenchia, Orle, Pucicchi. Anche Basovizza è una cittadina del Triestino, purtroppo nota per le “cronache” criminali degli anni che vanno dal 1943 fino a molto dopo la Liberazione (1945). Anni che vedono eccidi ed esili da parte di “partigiani” e dalle temibili truppe del generale/maresciallo (dittatore) croato Tito. Si pensava fossero delle crudeltà dovute a una “reazione” alle violenze dei nazifascisti durante il secondo conflitto mondiale – ma ciò non è una giustificazione convincente. Lo ha ricordato anche – di recente – il presidente Mattarella (per non parlare di Napolitano). Infatti la violenza non si paga con altro sangue, con altro orrore. Paradigmatica – nel corso del convegno – è stata in tal senso la figura della studentessa Norma Cossetto – “colpevole” di essere dalla parte sbagliata (cioè tra gli italiani). La donna fu stuprata da 17 uomini e barbaramente seviziata. Per poi essere gettata, ancora viva e agonizzante, in un inghiottitoio. “Rosso Istria” o “Istria rossa” è il titolo della tesi di laurea della Cossetto, incentrata sulla presenza di bauxite (appunto di color rosso) in tali aree. La donna è stata ricordata da Fiume e dagli altri ospiti del Comune di S. Severino. Ma altri uomini e donne (innocenti) furono gettati – spesso ancora vivi – nelle buche dette foibe, legati con fili di ferro. Un orrore senza fine, di cui i ragazzi – si è detto e rimarcato, nel corso dell’incontro – devono essere coscienti, responsabili. Anche Basovizza è stata citata più volte, sia da Francesco Fiume che dagli altri astanti. Sono stati offerti e snocciolati dati, nomi, memorie. Perché la storia insegni qualcosa in più ai giovani. Anzi, affinché non si commettano mai più atti simili, non avvengano ulteriori episodi e/o avvenimenti di tal sorta. Fiume ha quindi “curato” la parte “tecnica” e documentaria, testimoniale. Invece De Luise ha affrontato un bellissimo discorso (filosofico, ma anche molto reale) sul fatto che “Dio esiste” – se si guarda a queste atrocità. Per il professore, Dio può sembrare “assente” dalla vita degli uomini in accadimenti del genere. Ma Carlo De Luise insiste sul fatto che i ragazzi, soprattutto, devono trovare un punto di incontro tra la “trascendenza” di una divinità (apparentemente) lontana, estranea (come vogliono alcuni filosofi – anche e non soltanto della classicità) e l’interiorità dello spirito di ognuno. C’è Dio quando si creano le basi della civiltà, non quando l’uomo – la bestia più feroce – dagli albori della sua esistenza lotta contro i nemici. Questo, in sintesi, il senso e lo scopo dell’intervento di questo insegnante. Dopo la narrazione (Fiume) delle terribili cronache degli infoibati (molti uccisi mediante strangolamento e soffocamento), dopo la “consegna” (ideale e reale) del volume di Aversano (di Pellezzano) ai giovani delle tante classi di liceo presenti in aula, ecco l’invocazione del docente alla pace. Subito dopo, le opportune riflessioni di due ragazzi appartenenti all’istituto sanseverinese. Due allievi evidentemente molto maturi, che hanno stigmatizzato i concetti di pace e di proprietà, di appartenenza. Di geografia e strategia. Ricordando, così, non solamente queste povere vittime del male umano – bensì anche gli esodati. Ricordando la città di Fiume – adesso Rijeka. Ricordando, poi, anche Monfalcone (Friuli Venezia-Giulia). Non dimenticando – infine – il campo di concentramento (per quanto concerne il nazismo) della Risiera di S. Saba, Trieste. Altro tema molto caro all’ufficiale delle Dogane (ex) Fiume. Ancora, si è parlato dei vari trattati di pace o di “spartizione” dei territori: ad esempio, Osimo. Tutto questo, ha costituito il fulcro degli interventi del 12 febbraio. In memoria degli “esuli in Patria”: 35mila istriani (su 500mila) costretti ad abbandonare i loro luoghi di vita. In memoria dell’umanità. Infatti i relatori hanno citato anche episodi di accoglienza, soprattutto al Sud: dei particolari “campi” (di raccolta) a Salerno, Cava De’ Tirreni, Pontecagnano, Pastena/Mercatello. Le conclusioni sono state affidate a Gattola, molto opportuno e sensibile. Non prima, però, di ricordare (lo ha effettuato Franco Fiume) l’impegno Lions nella fattispecie della realtà sanseverinese. Nella frazione S. Vincenzo, in nome della pace, nel 2012 il piazzale dinanzi le scuole elementari ha assunto (proprio grazie al contributo Lions) la denominazione di “Piazza Cittadinanza Attiva”. Sotto la direzione di Maria Pia Arcangelo (noto membro Lions). Nel 2016, invece, è stata creata – nella piazza succitata – un’aiuola creativa grazie all’architetto Arcangela Risi – sempre vicino ai Lions. Qui la responsabile era Linda Scarano. L’impegno verso la fratellanza universale è, d’altronde, uno dei principali scopi del lionismo – come service. Contemporaneamente alle tesi conclusive di Gattola – sintetico e conciso, però efficace – la dirigente Trivisone ha parlato dei saperi “umanistici e scientifici” al servizio del rispetto per i defunti. In particolare, i soldati e gli operatori di pace. Come si richiedeva dall’occasione. I lavori sono poi terminati, per una proficua e piacevole giornata.