La stella che condusse Magi a Gerusalemme: fenomeno naturale o soprannaturale?

Padre Giuliano Di Renzo

Con tutto il rispetto per Keplero e tutti gli altri uomini di scienza, e non, al suo seguito non ho mai creduto a comete e congiunzioni di pianeti per spiegare la stella dei Magi in occasione della nascita del Signore.
Per quanto si sia fatto e si faccia, ogni spiegazione naturalistica o per un verso o per un altro è stata insoddisfacente.
Per me si trattava di una luce mistica, visibile solo ai Magi.
Infatti essa era invisibile a Erode, agli scribi, alla gente di Gerusalemme, scrive San Luca.
E’ necessario porre una premessa. Smettiamola di considerare i Vangeli una biografia di Gesù e pretendere da essi un resoconto al modo nostro moderno.
Gli evangelisti non hanno preteso di informarci di tutto al modo di una moderna ricerca erudita e assecondare la nostra curiosità al modo degli inviati delle televisioni e dei giornali.
Per cui è sbagliato scrivere: questo nei Vangeli non è riferito. Oppure questo lo scrive San Luca ma non si trova in San Marco. Il che nasconde ignoranza nei dotti, negli eruditi e negli intellettuali che si pretendono tali.
Sempre si nota in tutti un’impercettibile pregiudiziale nota di diffidenza verso di essi perché sono testi di fede.
Sì,, di fede ancorata però nella storia, fede che viene da una testimonianza e da un incontro o scontro diretto delle persone con Cristo e con il mistero per tutti liberatore di Lui.
Ma questo sottile nascosto pregiudizio è la freudiana esitazione dell’uomo peccatore e con armadi nascosti nell’anima quando viene messo davanti al superiore soprannaturale mistero di Dio del quale fugge lo sguardo.
“Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Adamo, dove sei? – Rispose: ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Libro della Genesi 3, 8).
Non così le altre scritture, quelle antiche veda, hindù, il Corano, dei misteri esoterici. Essi non toccano l’intima responsabilità e libertà dell’anima e con essi l’uomo non rischia nulla. Perché l’uomo che dice di volere la libertà teme la libertà e la vuole a modo suo senza rischio e la responsabilità. Cioè non ama e non vuole essere veramente libero. Volgarmente si accontenta dell’apparenza della libertà e ne fa volentieri a meno.
Ma la vita non consente e lascia noi seppelliti dalla nostra illusione, dal pulcinella che vogliamo essere.
Le Sacre Scritture, e così i Vangeli, possono soddisfare il gusto estetico, come in D’Annunzio, ma fanno paura all’anima che va per vie tutte sue. Come il grillo parlante suscitava rabbiosa inquietudine in Pinocchio.
I Vangeli non sono una narrazione epica al modo dei poeti e la poesia che si trova in essi prorompe dall’immediatezza dei fatti, dalla semplicità della sorprendente esperienza diretta della Persona divina di Gesù.
Altrimenti mutatis mutandis potremmo rivolgere questo modo di misura a qualsiasi autore, specialmente come di quelli antichi i reperti sono di gran lunga posteriori agli autori stessi, non di rado piuttosto scarsi e in alcuni casi appena esistenti.
Gli evangelisti dunque non intendono soddisfarci con una ricerca erudita o presentarci un resoconto secondo un inviato della televisione e dei giornali.
Essi non sono uno studio, non sono una ricerca erudita, ma un incontro del cuore con il Mistero salvifico di Cristo. Essi sono annuncio della Salvezza. Per cui vanno all’essenziale e trascurano volutamente tutto ciò che potrebbe interessare come cronaca o che potrebbe interessare un’accademica erudita ricerca scientifica.
Essi sono gli appunti del Kerigma ricevuto dall’annuncio degli apostoli da lasciare in ricordo ai fedeli e ai nuovi convertiti come lievito della fede col far fermentare di vita divina la loro l’anima.
Tornando al tema, la stella dei Magi sorge, scompare, riappare con grande gioia dei Magi, li precede, si ferma sulla casa di Betlemme dove trovano il Bambino e sua Madre e “aperti i loro scrigni si prostrarono e lo adorarono. Poi avvertiti dal Signore, prudentemente “senza passare da Erode, per un’altra strada tornarono al loro paese” (Vangelo di San Matteo 2,1-12).
Questa conclusiva annotazione lascerebbe intendere che a nessun ha mai vista la stella.
Nessuno l’ha vista muoversi e fermarsi sulla casa, neppure alla gente di Betlemme, neppure ai pastori, ai quali venne comunicata la nascita di Gesù dall’angelo che si presentò ad essi nella notte.
Sarà forse lo stesso angelo la luce luminosa nel cielo che chiamò i Magi e li guidò sino all’incontro con la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo.
Il Signore, che vuole tutti salvi, parla a ogni anima e secondo il linguaggio a ciascuna propria.
I Magi erano i sapienti custodi come di sacerdoti dell’antica conoscenza dei misteri e corrispondentemente della scienza del cielo e delle stelle, che essi erano abituati a scrutare in un’attività tra l’esoterismo e la scienza vera e propria.
Del resto l’astronomia, anche se allora non ancora propriamente scienza razionalmente impostata come tale sarà opera dei Greci, ebbe inizio nella fertile mezzaluna dei Babilonesi e dei popoli della Mesopotamia.
Non meraviglia dunque, per inciso, che anche dopo la conquista araba si poté praticare attività scientifica e alle stelle si passò ad attribuire nomi nell’ormai dominante nuova lingua araba.
Nulla di nuovo sotto il sole, basta solo saper cogliere i nessi e il legame sotterranei delle cose.
Erode li aspettava, aspettava da loro sapere dove si trovava il neonato Re dei Giudei.
Dunque la luce nel cielo era un fenomeno invisibile a tutti tranne che ai Magi.
Altra osservazione.
L’astronomia ci dice che le congiunzioni tra pianeti sono un fatto normale non eccezionale e certamente non si muovono nel cielo come un luminoso satellite artificiale, non precedono mai nessuno tanto meno si fermano su qualche luogo o qualche casa.
Nell’esperienza delle apparizioni della Madonna e di altre manifestazioni soprannaturali vedono e sentono l’una persona o pochi, ma le altre non vedono e non sentono nulla.
Si pensi a Santa Bernadette a Lourdes, ai fanciulli a Fatima o a San Paolo nel suo incontro sulla via di Damasco con Cristo Risorto e glorificato.
Dunque lasciamo da parte la nostra al quale cabala e accogliamo con naturale semplicità la verità che porge a noi con naturalezza il segno di un mistero molto semplice e molto grande.
Sarebbe come se ci mettessimo ad esaminare l’esecuzione di uno spartito musicale con perizia scientifica del fisico dei suoni e perdessimo il godimento dell’emozione artistica da quella musica.
Ci viene offerto un dono e noi ci perdiamo con ragionare della confezione e non a considerare il dono.
Non facciamo come sempre che invece di cogliere il messaggio divino-umano delle Sacre Scritture ci applichiamo a fare i calcoli impossibili sul 666, i 144.000 segnati, i tempi della fine del mondo o del castigo della guerra mondiale….
Senza pensare, in quest’ultimo caso, che la storia degli uomini e degli stati e un’interminabile guerra e la terza guerra mondiale, se si vuole, è già in corso e le distruzioni morali e spirituali sono enormi e il disastro più immane e’ che non ne facciamo caso e non ce ne accorgiamo.
Distratti dai nostri conti del 666, dei 144.000 segnati, terremoti e disgrazie varie che da sempre ci sono.
Senza considerare che esiste il terremoto della vita che passa, del dolore che ci prova, della morte che sarà inevitabile e dovremmo ricordarci di pregare per noi e per tutti.
Pregare che il Signore ci liberi dalla morte improvvisa e non passiamo, per fare un solo esempio, d’un subito da una disgraziata discoteca alla resa dei conti con la somma infinita giustizia di Dio.
Dopo di che commemorazioni, bare inopportunamente e ipocritamente bianche, che non sbiancano nessuno, e gli applausi all’uscita dal rito funebre, che pure essi un abbaiare alla luna, sono inutili e nulla giovano al destino oltremondano già compiuto del defunto. foto filastrocche.it