Salerno: Cgil, Piero Lucia “Congresso, occasione di riflessione su cambiamenti sociali e mondo del lavoro”

Piero Lucia

Il Congresso di una grande organizzazione di rappresentanza sociale è l’occasione per un’approfondita analisi e un’accurata riflessione sulla storia più recente della nostra società, nazionale e locale, sul mondo del lavoro e sulle sue interne mutazioni e su noi stessi, e per discernere ciò che, rispetto alla nostra prassi consueta, va preservato e quanto invece va innovato, così da avviare i cambiamenti urgenti, non più procrastinabili, di cui c’è necessità. Ciò va ovviamente coniugato con la conseguente capacità d’indicazione delle priorità d’azione.
E’ questa la premessa necessaria per salvaguardare l’autonomia dell’organizzazione.
Una prima, necessaria riflessione, è che ci siamo ormai troppo di frequente abituati a confrontarci di rimessa, dopo che i processi sono compiuti, ed a discutere sul contingente e sul particolare, in modo perciò non di rado obiettivamente subalterno.
Così, a fronte della crisi finanziaria mondiale rovinosa che, esplosa nel 2008 si è continuativamente trascinata fino ad oggi, e che è ancora tutt’altro che risolta in via definitiva, abbiamo finito per smarrire, rendendola più opaca, la comprensione del senso e della direzione dei grandi cambiamenti, a livello planetario messi in moto con le nuove straordinarie innovazioni. Non va mai dimenticato che ogni situazione locale è parte del tutto e sempre interconnessa col resto del Pianeta.
Quella dimensione da cui è condizionata ed anzi deriva, a livello delle singole Nazioni, ogni particolare situazione di dettaglio.
La politica, nella sua funzione collettiva progressiva, e di frequente il nostro stesso agire, si è sbiadito, si sono rese più indistinte le prospettive e più indefinito l’orizzonte. E l’equilibrio, tra le diverse forze in campo, tra nuovi poteri e gerarchie e mondo del lavoro, appare allo stato, in generale, a livello europeo e globale, troppo diseguale.
Si è determinata così, nella sostanza, e non a caso, una diffusa sfiducia, e una disaffezione, un senso di rabbia compressa o di rassegnazione, ed un ampio distacco tra Istituzioni e popolo, con ulteriori e gravi crepe nello stesso mondo, sempre più diseguale, dei lavori. Riappaiono vecchi, esasperati Nazionalismi, Populismi, Sovranismi, che rischiano di disgregare l’idea di coesione e di unità, su nuove basi, del nostro Continente.
La crisi, iniziata nel 2008, ha avuto effetti stridenti e devastanti, generando enormi sofferenze e povertà, ed ha ridisegnato i tratti di una società più diseguale.
L’Europa, e la stessa Italia in special modo, ne sono fuoriuscite in modo più stagnante e indebolito, con una verticale riduzione di competitività e l’accentuazione di profonde differenze tra le distinte aree del Paese.
Il Mezzogiorno, e la Campania, se solo rapportate alla situazione di 10 anni or sono, appaiono nel complesso, in larga parte, più marginali e deboli per qualità e quantità dell’occupazione e dei servizi, Stato Sociale e funzioni primarie garantite, costituzionalmente, ai cittadini.
Mostrano crepe paurose, poi, le questioni relative alle prospettive dell’occupazione, in specie femminile e giovanile, agli investimenti, pubblici e privati, strutturalmente anno per anno calati in modo verticale. L’obiettivo dell’ampliamento delle occasioni di un lavoro non assistito e l’allargamento della base produttiva appare allo stato ancora purtroppo in larga parte una chimera.
La società s’invecchia, ed è stagnante, con scarso dinamismo al proprio interno, non c’è ricambio tra le generazioni nel mentre non si blocca, e anzi s’accentua, l’esodo di migliaia di giovani formati, diplomati e laureati, che abbandonano i nostri territori e il Sud alla ricerca di una diversa prospettiva di futuro. Forze invece essenziali, e decisive, per costruire un nuovo orizzonte di riscatto.
Il Sindacato ha subito e subisce l’entità dei giganteschi processi che la crisi ha messo in moto, e le radicali mutazioni intervenute e di certo da esse non è indenne.
Mentre, in genere, come c’insegna la sua Storia, nelle fasi di ascesa dell’economia, riesce a condizionare ed ad influire significativamente sulle scelte che compie la politica, s’indebolisce e va in affanno nei periodi di stagnazione, crisi e recessione.
Subisce un ridimensionamento del suo ruolo, e cala il suo prestigio, diventa più marginale nel pubblico dibattito, perde mordente, e capacità di presa e d’incidenza. La sua forza organizzata, tutt’ora comunque rilevante, non pesa a sufficienza.
Dobbiamo, con assoluta urgenza, riportare al centro una nuova capacità di confronto e riflessione collettiva, per pervenire ad una comprensione nuova del reale, scavando ben più a fondo nel solco di ciò che è accaduto con la nuova, sconvolgente rivoluzione informatica, digitale e tecnologica.
Essa ha radicalmente trasformato, all’inizio in modo quasi inavvertito, e poi in maniera sempre più marcata, visione del mondo, modi di pensare e agire quotidiano di ciascuno e ha definito inedite e potenti gerarchie, mai prima conosciute. I flussi veloci ed ininterrotti della immensa quantità d’informazioni, quotidianamente messe in circolo, ampliano a dismisura la possibilità dell’istantanea conoscenza di ciò che accade in ogni angolo del mondo e al contempo, come aveva profeticamente previsto il filosofo francese Paul Virilio, riducono verticalmente il tempo della riflessione e del necessario approfondimento delle cose.
Dopo l’ubriacatura ideologica degli ultimi decenni, va riportata al centro della discussione, e non è cosa semplice, l’idea di una nuova e più eguale società, così da costruire- dopo una spietata analisi dei tratti ambivalenti della contemporaneità- un rinnovato e spendibile progetto innovatore. Un’idea- forza nuova, non velleitaria ma impregnata di solido realismo, concreta, pregnante e realizzabile per l’essenzialità dei contenuti, che schiuda un orizzonte altro, iniziando un passo per volta a realizzare un’altra prospettiva, dai tratti più garantisti e meno seccamente diseguali.
Perciò abbiamo bisogno di coniugare, ben più seriamente di ciò che siamo abituati a fare, pratica e teoria, restando al contempo saldamente ancorati nel reale, coi suoi dinamismi, in stretta relazione con la concreta realtà che ci circonda.
Giusto il contrario, ed anzi l’opposto, di quanto, ben oltre un decennio fa,- con arbitrarietà- a ciò si replicò a da parte di chi aveva allora, a Salerno, la massima responsabilità di direzione nell’organizzazione, secondo il cui “pensiero”, per usare evidentemente un eufemismo, non c’era alcun bisogno, tra di noi, di economisti, d’intellettuali e di filosofi!
Opinioni risibili, nella loro rozzezza, che fanno un po’ sorridere e che la dura realtà del tempo ha poi spazzato inesorabilmente via. Viviamo il tempo in cui il nostro essere nel mondo non è più quello di prima, con i nuovi strumenti digitali divenuti in modo permanente l’estensione di noi stessi.
Non c’è bisogno di un pensiero tranquillo, né di un dibattito scontato ed appiattito, quanto piuttosto di un nuovo fermento fecondo delle idee, della passione della discussione, del confronto impegnativo tra le diverse opzioni, del dispiegarsi di un’ampia e straordinaria libertà nella ricerca, con la rimessa in circolo di una pluralità d’idee e di pensieri in grado di rimodellare il nostro agire, pena la decadenza irreversibile.
Il pensiero, in sé stesso, è di per sé un’intensità densa d’inimmaginabili potenzialità creative.
Nuova vitalità e nuova linfa servono come l’aria. Dovremo ripartire innanzitutto da un’aggiornata rilettura della realtà locale e provinciale, con le principali mutazioni, almeno nell’ultimo decennio intervenute. Un’aggiornata mappatura, quantitativa e qualitativa, della forza lavoro provinciale, distinta per collocazione, settori, tipologie, specificità. La grande platea per cui va realizzata più equità e scritto un nuovo e più eguale Statuto dei lavori. Il primo terreno su cui impegnare diffusamente- in modo seminariale e poi operativo- il nostro quadro attivo. Dovremmo in tal senso ricorrere anche all’aiuto, alle competenze, alla costante collaborazione di chi lavora e approfondisce tali questioni in modo sistematico. Ciascuno, in ogni regione e in ogni singola provincia, dovrebbe su questa traccia di partenza, fare la propria parte al meglio. Comprendere il reale, e le sue interne linee di tendenza, per non andare avanti al buio. All’ambiziosa conoscenza dell’ignoto richiamava l’Ulisse di Dante: “Fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”. ***
Dobbiamo con umiltà riaprirci al mondo, creando un nuovo fronte di alleanza con l’esterno, ricorrendo al grande patrimonio di scienza e di saperi accumulato nel corso dello scorrere del tempo tra i diversi aggregati e Istituzioni, innanzitutto nel variegato e frammentato fronte progressista.
E’ allora per noi assolutamente vitale tenere aperte porte e finestre dell’organizzazione, e riavviare un fecondo canale di relazione e di collaborazione col mondo delle professioni, stringendo innanzitutto un Nuovo Patto con l’Università e coi diversi punti di aggregazione e di cultura in una feconda miscela di collaborazione, in una nuova unione, di pratica e teoria, tra la parte più avanzata del mondo del lavoro e della conoscenza.
Nuovi, ferrei poteri, non condizionati né scalfiti dalla politica per come essa agisce e appare, detengono oggi le leve del comando.
Mi riferisco ai potenti strumenti dell’informazione e della tecnica, sempre più concentrati in ristrettissimi, mondiali monopoli, che regolano e condizionano, molecolarmente, il vivere del mondo coi suoi riti. Il potere dell’informazione, e il suo controllo, sta addirittura soppiantando, in questa gerarchia, la finanza con la sua forza possente.
La tecnica, accentuando a dismisura la propria autonomizzazione, finirà per plasmare addirittura, tra non molto, la qualità del governo e, di conseguenza, le scelte e gli indirizzi degli Stati.
Forza sempre più compatta, assoluta e pervasiva la Tecnica, in grado di governare la Politica, senza essere condizionata o limitata più da essa.
Un capovolgimento completo della Storia millenaria dell’uomo, per come fino ad ora l’abbiamo conosciuta.
Si sta procedendo in tal senso a folle velocità ed un processo di tal segno, e così pervasivo, rischia d’inquinare e di svuotare ulteriormente la democrazia parlamentare in Occidente, per vari aspetti già oggi più incrinata ed in affanno rispetto a come fino ad ora l’abbiamo conosciuta. Per un tempo assai lungo la nostra democrazia repubblicana si è fondata su una politicizzazione quotidiana e sulla partecipazione attiva della cittadinanza, quella attuale invece si basa sulla delega e su una sempre più ampia spoliticizzazione dei cittadini, che non si ritrovano più nei tradizionali aggregati collettivi.
Perciò io concordo sulla necessità e l’obbligo di riscoprire una rinnovata funzione generale, e non corporativa, tarata sull’interesse collettivo, del Sindacalismo Confederale e della Cgil, che un tale nuovo ruolo distintivo deve riuscire a rilanciare, in modo ben più diffusamente percettibile.
Serve il rilancio di un’azione di lotta intelligente, e di lunga durata, selezionata con rigore per singoli obiettivi e definite priorità, contro le caste, le varie lobby, i tanti corporativismi, la corruzione diffusa che minano la democrazia e bloccano lo sviluppo del Paese.
Lungi dal riuscire a realizzare, nel concreto, i grandi contenuti e gli obiettivi della Costituzione, garantendo a tutti i cittadini i diritti primari di dignità ed eguaglianza, la forbice tra ricchi e poveri- più che ridursi- si è ampliata ulteriormente e a dismisura, in modo spaventoso. Nel nostro Paese è censita l’esistenza di più di 5 milioni di cittadini poveri, in larga misura concentrati nel nostro Mezzogiorno, quasi sempre privi di rappresentanza e voce, se non quella solitaria seppure autorevolissima del Papa. La Cgil deve ricominciare ad ascoltare e a dare voce a uomini e donne caduti in questi anni in una condizione di estrema degradazione e povertà sociale. Sono i soli che possono per davvero dirci la verità!!!
Negli USA negli ultimi anni si è realizzata una crescita esponenziale dell’occupazione, che continua tutt’ora, ma lì meno dell’1% della popolazione detiene nelle proprie mani il grosso della ricchezza complessiva del Paese. Simile la situazione nel resto dell’Europa e negli altri paesi del Mondo, economicamente ed industrialmente più evoluti.
L’altra seria questione, densa di conseguenze perniciose, è l’inedita apertura, da parte degli Usa e del suo Presidente, di una politica di dazi, con la dichiarazione di una pericolosa guerra commerciale.
C’è, evidentemente, un gigantesco problema di giustizia e di redistribuzione più equa della ricchezza prodotta, anche alla luce dell’impoverimento sempre più secco, nell’Occidente, delle classi medie.
L’urgenza principale è quella d’iniziare a realizzare finalmente un grande Piano d’investimenti straordinario, a livello europeo e mondiale, rivolto al continente africano innanzitutto ed alle aree più in ritardo di sviluppo come il Sud d’Italia. Tutto si lega ed è sempre più interdipendente.
Profonde, acute, cariche d’incognite le gravi criticità che ci lambiscono. Le contraddizioni epocali già evocate si riverseranno sempre di più, in modo devastante, su di noi e nessuna barriera- pur violenta e artificiosa- riuscirà ad arrestarle.
Il prossimo futuro, con l’ulteriore balzo tecnologico fin d’ora prevedibile, a questi enormi problemi ne aggiungerà di nuovi. Perciò la necessità di costruire, fin d’ora, una nuova e diversa idea di società, ed un nuovo, più giusto modello di sviluppo sostenibile, che al suo interno includa i temi dell’uso democratico e non distruttivo dell’innovazione, la scelta della cultura e della conoscenza come leva decisiva per riattivare un meccanismo di crescita e di sviluppo equilibrato, recuperando il gap tra le diverse, distinte aree del Paese. Un piano, d’azione e di lavoro, che rimetta di nuovo al centro il Mezzogiorno e i suoi problemi, valorizzando le tante risorse materiali e immateriali già esistenti come essenziale volano di sviluppo per il futuro dell’Italia nel suo insieme.
Tema, questo del Sud, negli ultimi tempi gravemente trascurato, e quasi del tutto scomparso nel pubblico dibattito.
Abbiamo bisogno di un bagno di realtà, ridando rilievo a ciò che è vitale, a quei bisogni, primari ed essenziali, non a ciò che è futile e superfluo e che invece da decenni l’ideologia plasmata da uno sfrenato consumismo ed individualismo esasperato ha spacciato e imposto come necessità.
Per ogni cittadino va ripristinato e garantito il rispetto dello Stato di diritto, da quelli primari alla conoscenza e all’istruzione permanente, per tutta la durata della vita, a quelli, ancora assai violati, del lavoro, della sicurezza, del diritto alla salute innanzitutto dei più deboli, alla tutela e alla difesa vitale dell’ambiente. Solo assicurando ciò si riuscirà ad essere più liberi. A tal proposito solo un fugace richiamo a un punto, decisivo, il rispetto del diritto alla salute.
Ebbene, in Campania e nella provincia di Salerno, sempre più anziani e malati rinunciano alle cure e chi è solo continua a convivere con la propria dolorosa solitudine. Troppi i ritardi e le manchevolezze accumulate, in specie dal sistema pubblico. Manca un piano di prevenzione capillare, di cura e riabilitazione delle persone in grave difficoltà. Scarsa l’azione per la formazione e la riqualificazione permanente del personale, lento l’adeguamento degli organici e delle tecnologie necessarie all’ammodernamento delle strutture sanitarie e un’integrazione virtuosa pubblico-privato accreditato . Oltre 26 anni or sono la Cgil di Salerno presentò pubblicamente una ragionata proposta di riordino del sistema sanitario pubblico, incentrata su un’idea di riconversione di sistema, sul riequilibrio tra territorio ed ospedale, sull’integrazione tra prevenzione, cura e riabilitazione. Fu proposta allora la creazione di un grande centro pubblico, di cura e riabilitazione polifunzionale, di cui ancora oggi la Campania è priva, con l’individuazione della sede ospedaliera più coerente. Un’idea a quel tempo da più parti apprezzata, e mai contestata nel merito, nella validità dei contenuti. Il punto è che essa è stata percorsa molto parzialmente e troppe di queste attività e funzioni continuano ad essere delegate, in maniera esclusiva, a privati. Seri i disagi che le famiglie si trovano a gestire. In relazione a ciò, non appare francamente persuasiva la rappresentazione, questa sì immaginifica e virtuale, secondo cui staremmo assistendo, in Campania e in Provincia di Salerno, ad una grande e strutturale “Rivoluzione radicale” di sistema.
Senz’altro è necessario e indifferibile il lancio di un Nuovo Piano Straordinario del Lavoro, nella Pubblica Amministrazione ma non solo, in grado di mobilitare le energie di migliaia e migliaia di ragazze e di ragazzi della realtà meridionale, campana e del nostro territorio, attingendo allo straordinario serbatoio di capacità e competenze accumulati con l’impegno profuso in anni di duro sacrificio.
Una platea diffusa, che non richiede misure assistenziali, e che anzi vorrebbe definitivamente porre fine all’annosa pratica perversa della ricerca della raccomandazione e che invece avrebbe diritto, di per sé, ad un impiego produttivo e socialmente utile, in relazione alle proprie capacità e competenze per realizzare ciò che per davvero serve alla comunità. Bisogna aggiornare e pubblicizzare la mappa dell’offerta di lavoro e in relazione a ciò si deve agire e negoziare in tutte le direzioni. Mi sembrano questi alcuni, prioritari punti imprescindibili su cui istruire un confronto ed incalzare pervenendo a un’intesa condivisa, anzitutto con le Istituzioni Pubbliche Regionali e locali.
E contemporaneamente aggiornare, per lo stesso obiettivo, il confronto con le Associazioni imprenditoriali, artigianali, commerciali. Ciascuno deve fare al meglio e fino in fondo la sua parte! Ho elencato al volo solo un gruppo di questioni su cui sarebbe necessario disporre di risorse e investimenti, selezionando ed orientando, in modo rigoroso, le priorità di spesa. La Cgil può in tal senso costruire una sua aggiornata e ragionata piattaforma di sviluppo, da concordare con Cisl e Uil innanzitutto, perché si riapra una nuova stagione di riscatto, di lotta politica diffusa. Una forza compatta e consapevole del suo ruolo, in specie nella realtà meridionale, deve assumere a pieno su di sé la complessità e la generalità di questa sfida. E’una strada obbligata da percorrere, quella che ci potrà ridare autorità e prestigio! Ce ne è l’urgenza, ce ne è la necessità. Credo lo si possa e lo si debba fare!