A Milano imminente apertura meravigliosa Las Vegas del caffè

 Fino al giorno prima dell’apertura, che sarà il 7 settembre alle 9 del mattino, nulla di nulla: solo conferenza stampa, né informazioni traverse, né immagini sui cellulari: insomma vera sorpresa.

Gli americani di Starbucks hanno riservato alla loro prima sede italiana un trattamento top secret degno della CIA. Vogliono mantenere la suspance perché sanno che la sorpresa sarà entusiasmante dunque il privilegio à per lì apertura al pubblico per gustare in esclusiva  che cosa si berrà e perché qualcosa da noi italiani hanno ancora da imparare (non sul caffè).

Il Palazzo è quello storico delle Poste di Piazza Cordusio a Milano è sempre lo stesso e l’insegna del nuovo e scintillante Starbucks è nera, eloquente nella sua discrezione e non meno elegante.

Starbucks con tavolini sul marciapiede o meglio, più enfaticamente “in terrazza” che non è.

La Starbucks Reserve Roastery di Milano è la terza al mondo (dopo Seattle e Shanghai) ed è un flagship store, la versione lusso del classico fastfood con insegna al neon bianca e verde a cui siamo abituati.

Qui il caffè è da apprezzare con venerazione:

«Non abbiamo intenzione di insegnare a nessuno a fare il caffè» è la prima dichiarazione in conferenza stampa che anticipa contestualmente l’ ingresso in un nuovo mondo, dominato dall’enorme botte metallica alta 6,5 metri che nasconde il degassificatore, uno dei macchinari della grande torrefazione a vista che si dispiega nuda davanti agli occhi dei clienti.

I chicchi qui arrivano verdi, 6 tipologie alla volta a rotazione durante l’anno, e vengono torrefatti in diretta e pompati lungo tubi in rame e acciaio che corrono sul soffitto fino ai serbatoi del mastodontico Main Bar.

Veramente qualcosa di inaspettato e grandioso.

Il monolite in bronzo lascia di stucco, così come la magnificenza delle colonne in acciaio, del tetto a vetri, dell’illuminazione, dei banchi in marmo bianco… tutto scintilla. Musica lirica di sottofondo interrotta solo dallo scrosciare dei chicchi di caffè che cadono a cascata in grandi siluri di vetro e metallo sopra il bar, pronti per finire nella tazzina. Una grande statua con le fattezze di sirena a due code in marmo all’esterno e una all’interno, la storia dei 47 anni dell’azienda «incisa nell’ottone della parete da artigiani locali», il cartellone modello orario dei treni che inneggia alla cultura del caffè… Il design del negozio vuole essere una celebrazione dello stile italiano e della città della moda, dell’artigianalità del Bel Paese e dei nostri usi e costumi, di cui sono assolutamente rispettosi. Il fondatore e presidente di Starbucks, Howard Shultz, la definisce «la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka». Sinceramente, ricorda più il Caesar Palace o il Bellagio, ma quelli di Las Vegas.

Bisogna dimenticare Frappuccino e Pumkin Spice Latte.

Si possono però scegliere fra otto tipi di estrazione e decine di caffè à la carte. Non solo espresso (1,80€) a scelta fra 5 miscele differenti a rotazione, ma Cold Brew estratto a freddoFrench PressPour Over a filtro e Chemex – e fino a qui è tutto quello che all’estero va di moda da anni fra i coffee nerd e gli hipster di ogni nazione. Qui però vanno oltre e si aggiungono anche il Nitro Coffee, estratto a freddo e poi raffreddato e “montato” con nitrogeno alla spina, la scenografica tecnica Siphon, fra due ampolle di vetro, e il Clover Brewed, macchina automatica esclusiva di Starbucks. Poi ci sono i cocktail a base di caffè analcolici, dal Piemontese con la gianduia al Whiskey Barrel Aged da chicchi affinati in botte (10 € l’uno circa.
Qui il caffè non è «grab&go» come in tutti gli altri negozi della catena. Ci si può accomodare al banco, fare una degustazione comparata di diverse miscele o di diversi metodi di estrazione, farsi spiegare e parlare con i (preparatissimi e giovani) baristi.

Il bello è scoprire che il caffè non è solo Arabica o Robusta, ma come per un buon vino è territorio, lavorazione, tostatura… Barolo e Moscato sono entrambi vino: le differenze nel caffè possono essere ugualmente epocali. Alla Reserve Roastery di Starbucks il caffè arriva solo da piccoli produttori selezionati, certificati, che offrono una qualità indiscutibilmente di molto superiore alla media. E che ammutolirà anche i più scettici. Le diverse tipologie si possono assaggiare al bar o farsele macinare da portare a casa, come una di quelle torrefazioni oramai quasi scomparse.
La cucina è italiana e firmata Princi, qui come nelle altre Roastery del gruppo. Pizza al trancio, focaccia farcita, melanzane alla parmigiana, insalate torte di pasticceria, croissant e muffin. Pizza e foccaccia vengono cotta al momento nel forno e non c’è traccia dei sandwich e dei brownie confezionati con cui ci si sfama nel resto dei locali della catena.
Si chiama «Arriviamo» e guarda la sala dal piano ammezzato. Parete illuminata, una settantina di bottiglie di superalcolici e una carta di cocktail che va dai classici ai twist sul caffè come l’Espresso Martini fino ai CraftCocktails preparati con filtri e alambicchi usati per fare il caffè al piano di sotto. Si va dai 12€ di un Grappa Americano ai 20 del Black and White Manhattan con una base di caffè, bourbon, bitter e vermuth. Nessun happy hour, come al bar del pian terreno all’ora dell’aperitivo vengono serviti degli snack firmati Princi.

Sala è un po’ kitsch , ma il caffè e il servizio (il giorno della conferenza stampa) sono da applausi. e finalmente si giunge al Bar: la carta dei vini propone calici dal prosecco da 8 euro ai 18 dello champagne.

Quattro etichette in carta  al bar Princi al pian terreno: bianco, rosso, rosè e frizzante.

Dunque attendiamo con ansia domani per confermare se tutte le prodezze anticipate saranno concrete:

“Ad preclara”.

Ellera Ferrante di Ruffana