Dai ponti africani a quelli veneziani

Padre Oliviero Ferro

Quando parti in safari (viaggio) per andare al centro della Diocesi, non ridevi dimenticare che devi attraversare dei ponti. Quanti? Secondo i miei calcoli, da Baraka a Uvira (Sud Kivu, Repubblica democratica del Congo) ce ne erano 55. Sono ponti a sorpresa, cioè non sai mai, se non quando arrivi se si può passare o se si devono rispolverare gli studi di geometria. Arrivi, ti fermi, scendi, guardi e poi? Poi comincia verificare se ci sono le tavole, posate sui due binari che fanno da base al ponte. Poi, controlli se ce n’è qualcuna rotta o marcia. Poi, ti guardi intorno e guardi in alto, chiedendo l’aiuto di qualche angelo custode che ti stia vicino quando decidi di attraversare. Se invece tutto questo manca, si trova sempre una soluzione: passerai a lato del ponte e guaderai il piccolo fiume che scende dalla montagna. Dimenticavo. Spero che tu ti sia ricordato di esserti portato dietro una dose di coraggio e una di incoscienza. Le due insieme, forse, ti aiuteranno a passare. Dopo tutto questo discorso, è il momento di “gettare il cuore al di là dell’ostacolo”. Mandi qualcuno dall’altra parte che ti guiderà e piano piano, senza distrarti, passi dall’altra parte. Ma ne rimangono sempre tanti prima di arrivare, senza dimenticarti che poi dovrai fare la medesima strada al ritorno e qui avrai delle simpatiche sorprese, come mi successe un giorno. Normalmente i ponti sono corti. Ma in quel caso era doppio, cioè a metà c’era un pilone che lo sosteneva, così doppia sorpresa. Dopo tutti gli studi geometrici, decido di passare, sempre con la guida che mi fa cenno dove passare. Una ruota dopo l’altra. Sento qualche rumore, accelero e sto  per giungere dall’altra parte, quando sento un crac. Una tavola si era rotta. Spingo più forte e con un balzo sono dall’altra parte. Non so come ce l’avevo fatta. Qualche minuto per calmare il cuore. Guardo indietro. In effetti, si era prodotto un buco e la tavola era caduta nel fiume, in basso. Si vede che qualche angelo custode in libera uscita era venuto in aiuto. Sempre a proposito di geometria, c’è la sorpresa più interessante. Arrivi al ponte, non ci sono più le tavole, ma solo i due binari e devi passare dall’altra parte. Come? Semplice. La solita guida davanti, tu dietro porti le ruote davanti sull’inizio dei due binari e poi, con calma, con molta calma, ascoltando la voce, vai avanti. Guarda sempre avanti e dopo quanto tempo (?), riesci, non si sa come, ad arrivare dall’altra parte. E per finire, ma lo racconterò un’altra volta, quando devi passare il fiume e l’acqua ti arriva al finestrino, beh. Qui ci vuole proprio un coraggio che non credevo di avere, sempre confidando in Colui che mi aveva guidato fin quaggiù in Africa. Ma per ora basta così. Ora vado su e giù per i ponti di Venezia. Sono più sicuri, ma ho sempre nostalgie di queste avventure laggiù in terra d’Africa. Alla prossima.