Italia senz’emozioni!

Giuseppe Lembo

Siamo, senza alcun compiacimento da catastrofismo gratuito, ad un’Italia dai luoghi sempre meno scolpiti nella memoria di ciascuno, con in sé una confusa miscellanea di emozioni violente e contrapposte, per alcuni indelebili e per altri, la stragrande maggioranza, fatti di soli ricordi che a volte, con la disperata forza di non scomparire, si sforzano di riemergere da una sepoltura che se ne è impossessata, negandole la luce.

Non a torto, si è parlato e si continua a parlare di un’Italia fluida, sempre in bilico con le masse credulone e fiduciose di un fluido italiano che ha in sé percorsi di corsi e ricorsi con terapie senza guarigione e soluzioni fantastiche, ma di fatto irraggiungibili, anche se in sé, falsamente rivoluzionarie, con uomini fluidi falsamente ribelli che rifiutano concretamente il cambio italiano, in un Paese fluido del “tutto va bene”, con la gente credulona, sempre più pronta a fare indigestione dell’Italia della sovranità limitata, saltando sul carro dei vincitori, anche di fronte a pupazzi servizievoli, con politici del niente ed in partiti nel fango e/o cancellati.

Vorrei partire proprio dal pensiero junghiano che, con profondità e concretezza valoriale, ci ha detto a chiare lettere: “Senza emozioni è impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento”.

È, purtroppo, questa la condizione triste in cui si trova a vivere l’Italia di oggi. una condizione che, mancando prima di tutto le emozioni, proprio non ci permette di trasformare le tenebre in luce e tanto meno l’apatia in movimento.

Siamo ad una resa dei conti di un’Italia che, facendosi un male da morire, è ormai alla deriva e, così facendo, si nega sempre più al Futuro.

Che fare? Agire e reagire da subito. Agire, con il recupero di quell’umanità italiana che non c’è e che ci nega alle emozioni e non ci permette di trasformare, così come necessario, per guardare al Futuro, le tenebre italiane in luce e la diffusa e disumana apatia, in movimento; in un insieme umano fatto di dinamismo e tanta, tanta voglia di vivere, trasformando la solitudine in umanità in cammino con un insieme rigenerato capace di produrre idee e dialogando, dialogando, di trasformare le idee in fatti concreti, assolutamente necessari alla nostra “dismessa” e “delocalizzata” Italia. Tanto, come necessità di vita; tanto, per non morire d’Italia.

Oggi, c’è un atteggiamento di indifferenza e di una triste rassegnazione italiana del “così è” e del “non c’è niente da fare”.

Una rassegnazione umana che fa tanto, tanto male all’Italia ed agli italiani dalla memoria corta e tristemente indifferenti al loro passato.

Purtroppo, facendo male, tanto male all’Italia ed agli italiani, siamo tristemente sprofondati nelle false certezze italiane.

Sull’Italia reale si va sempre più sovrapponendo un’Italia virtuale, con le tante verità del web, una vetrina della vanità dell’apparire, sempre più affollata da un vero e proprio esercito di “imbecilli del web”, così come definiti da Umberto Eco, Semiologo-Filosofo morto nel 2016, saggiamente attento ai comportamenti italiani individuali e di insieme, per entrare nell’anima di quello stato sociale mutevole nel tempo, con cadute e resurrezioni da corsi e ricorsi storici.