San Luigi Gonzaga devoto di San Raffaele Arcangelo

don Marcello Stanzione

Luigi Gonzaga nacque a Castiglione dello Stiviere il 9 marzo 1568, quindi quest’anno si celebrano i  450 anni della sua nascita. Qualcuno crede che San Luigi Gonzaga sia stato solo il santo della purezza. Certo, lo fu; ma non solo della purezza che, dopo tutto, apparteneva al suo stato di consacrato. Vi dirò: nacque nobile e ricco, fu alla corte del re di Spagna come paggio. Sarebbe stato certamente un principe saggio e forte , perché fu sempre innamorato di Cristo. Lo comunicò la prima volta il grande arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo. Ma a diciassette anni, in drammatici confronti con il padre che si opponeva, rinunciò al mondo, si fece soldato di Cristo  nella Compagnia  di Gesù fondata da Sant’Ignazio. Eroicamente servì gli ammalati e i poveri. Morì il 21 giugno 1591 per aver contratto la peste trasportando di peso un appestato raccolto sulla strada fino all’ospedale della Consolazione, a Roma. Tra i giovani di oggi, la sua devozione dovrebbe essere più capita che nel passato. Colpa non dei giovani, ma del mondo e delle sue manifestazioni che corrompono: sarebbe auspicabile che loro possano riappropriarsi del suo esempio. Non solo per la purezza, ma anche per l’integrità della vita. Perché  Luigi Gonzaga è eroe integrale. Il culto verso l’arcangelo “Medicina di Dio” si è sviluppato nel corso dei secoli. La devozione verso l’arcangelo Raffaele è una prerogativa angelologica specifica della Chiesa romana. Un culto veramente particolare fu tributato all’Arcangelo dalla Città di Cordova, infatti nella città iberica sono molte le piazze e le statue a lui dedicate.

Nell’antichità, oltre sant’Ambrogio, anche il Venerabile Beda (672-735) descrive san Raffaele come “scudo” contro gli assalti del demonio che tenta di portare i giovani sulle strade della corruzione. Specialmente in Germania, il culto raffaelita si estese velocemente, fu invocato come protettore particolare dei farmacisti e la sua immagine alata fu posta come insegna delle farmacie, tanto è vero che tra il popolo tedesco del medioevo era in uso l’espressione: “Andare all’Angelo d’oro”, per indicare che si andava in farmacia a prendere le medicine. Raffaele fu anche invocato come protettore dei minatori e degli operai che esercitavano mestieri particolarmente pericolosi proprio perché aveva difeso Tobiolo da gravi pericoli.

Secondo numerosi studiosi le celebrazioni liturgiche in onore di san Raffaele sono posteriori rispetto a quelle relative a san Michele o ad altri santi; fino ai secoli X e XI tali celebrazioni mancano nei sacramentari e nei martirologi. Sembra che la testimonianza più antica del culto liturgico reso a san Raffaele sia quello di un Sacramentario scritto ad Ivrea, in Piemonte, fra il 1075 ed il 1090, dove viene indicata la data del 3 gennaio per onorare la memoria liturgica propria.

Il papa Innocenzo X, nel 1651, concesse alla città di Cordova, di cui san Raffaele era patrono, la facoltà di celebrare la festa “dell’Apparizione di san Raffaele” ogni anno al 7 maggio, giorno in cui l’Arcangelo si era rivelato come il celeste custode di quella città.

Anche alla città di Torino, all’inizio del 1700, fu concesso il privilegio di celebrare la festa di san Raffaele con ufficio proprio. Nel 1797, venne proclamato patrono minore della città di Napoli. In parecchi luoghi, specie in Spagna, la festa veniva celebrata il 24 ottobre, data che fu accettata anche dal papa Benedetto XV che, nel 1921, la estese a tutta la Chiesa universale.

Con il Concilio Vaticano II, la festa di san Raffaele fu inglobata con Michele e Gabriele e fu riunita in un’unica celebrazione al 29 settembre. In seguito a ripetute proteste ed in via del tutto eccezionale, alla sola città di Cordova, fu concessa, dal Vaticano, di continuare a celebrare la festa al 24 ottobre e di poter fare uso dell’ufficio liturgico proprio dell’Arcangelo. Questa città nutre da secoli una particolare devozione per S. Raffaele, il cui nome è molto diffuso. Questa tradizione risale al XVI sec. dopo un’apparizione dell’Arcangelo che si manifestò come il protettore della città. In vari punti di Cordova, sono state innalzate in suo onore colonne votive, dette «trionfi».

Infine, nella tradizione popolare cattolica, l’arcangelo Raffaele viene associato con gli spiriti del Purgatorio, ovvero con quelle anime che, dopo la morte corporale, a causa delle loro imperfezioni spirituali, necessitano di un’ulteriore illuminazione purificatrice e guarigione spirituale, prima di andare in Paradiso. Senza esser blasfemi, possiamo paragonare il Purgatorio ad un ospedale celeste, dove le ferite e le deficienze dello spirito vengono risanate e viene ultimata quella maturazione umana e cristiana che sulla terra si è in qualche modo non realizzata secondo la volontà di Dio, a causa della colpa e dei peccati delle persone. Il papa Benedetto XVI, nell’ordinazione di sei nuovi vescovi avvenuta in san Pietro il 29 settembre del 2007, parlando di san Raffaele, affermò: “Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al vescovo”. San Luigi Gonzaga riguardo a San Raffaele dichiara nel suo trattato sugli angeli nella seconda meditazione: “Quanto poi al terzo e ultimo tuo stato, considera ciò che, finalmente fece l’Angelo Rafaele, il quale, dato che ebbe moglie al giovane Tobia, e arricchitolo di tutti li beni del suo suocero, carico di molti doni e ricchezze, lo ricondusse alla casa paterna (Tobia 6 et 10), ove fu con tanta maggior allegrezza ricevuto, quanto maggiore era stata la mestizia cagionata dalla sua tardanza, e dal dubbio di averlo perduto. Ora contempla parimente l’offizio del tuo fedel custode, il quale, dopo ché l’anima tua sarà purgata d’ogni macchia, e venuta già al fine della sua lunga e pericolosa peregrinazione, e dopo di avere il tuo buon Angelo, come celeste mediatore, concluso quel felice matrimonio, non già di te con la figlia di Raguele, ma si bene dell’anima tua con il celeste Sposo, ornata di molti doni e grazie divine, la condurrà tutta lieta al cielo a quella suprema Gerusalemme (Gal. 4) madre nostra e ivi, con molta festa e gaudio di tutti gli Angeli e Santi del Paradiso, da’ quali tanto avanti era spettata, la presenterà nel cospetto del suo celeste Padre, per ricevere dalle sue divine mani la corona della gloria e di quella felicità che, ab aeterno, le era stata apparecchiata e per la quale noi tutti ancora miseri gemiamo e sospiriamo in questa valle di lacrime. (Rom. 8). Oh mille volte beata quell’anima, che, dopo di essere stata fedele verso il suo Creatore e obbediente a’ buoni consigli del suo Angelo custode, dopo di aver speso lodevolmente gli anni della sua vita, sarà dall’istesso Angelo introdotta in quella beata patria, in quegli eterni Tabernacoli de’ giusti! (Apoc. 21). Ivi si celebreranno le vere nozze dell’Agnello con la sua diletta sposa, ivi sarà piena allegrezza, perfetta pace e riposo senza fine. Ma tu, anima mia, che altro non hai fatto in tutta la vita, se non offendere il tuo Creatore e dar disgusti al tuo buon Angelo custode! Dimmi che consolazione potrà aver egli in condurti avanti al Padre tuo? E tu con che faccia potrai giammai comparirgli avanti? Ohimè, Dio mio, dunque mi debbo disperare? Non già, ma sapendo le vostre misericordie essere senza numero (Luc. 15) e che in persona di quel buon Padre evangelico riceveste con tanta carità quel figliuolo ritornato a penitenza, mi confido che, se io ancora dolente e pentito ritornerò a voi Padre, mi riceverete e se non come figliuolo obbediente almeno come penitente (Ps. 115). Ora che potremo noi retribuire al Signore per tali e tanti benefizj da sua Maestà ricevuti? Perciocché quello che noi dobbiamo a quei beati spiriti, per mezzo dei quali l’abbiamo ricevuto, tutto lo dobbiamo al Creatore, il quale comandò agli Angeli suoi, che ci custodissero in tutte le nostre vie. Nondimeno ancora agli Angeli custodi nostri, per la loro gran carità e fedel ministero usato verso di noi, gran debito abbiamo di gratitudine. (Ps 90). Però pensa un poco che contraccambio potresti tu rendere al tuo fedel custode e che saria il dovere che tu facessi verso di lui. E prime per l’assistenza del tuo Angelo gli devi onore, divozione e riverenza, guardandoti di fare cosa negli occhi suoi la quale tu non faresti in presenza di qualunque uomo e superiore. Perciocché guai a te se questo santo Angelo, provocato dalle tue negligenze e peccati, ti giudicherà indegno della sua presenza e Angelica visitazione. Oltre di ciò molte sono le virtù che piacciono agli Angeli santi, e che desiderano di vedere nell’anime nostre, le quali dobbiamo con ogni diligenza procurare. E queste sono la sobrietà, la castità, la povertà volontaria, i frequenti gemiti con divote lagrime e ferventi orazioni. Ma sopra tutto l’unione, la pace e la fraterna carità sono quelle virtù che più ricercano da noi gli Angeli della pace. (Gen. 1). O anima mia, o immagine bellissima del Creatore, se tu intendessi la tua dignità e quanto ti stimano gli Angeli e quanto sii amata e prezzata da Dio, certo che per non fare questa ingiuria a quello che tanto ti onorò e per non dare questo scontento al tuo fedelissimo custode, non così facilmente t’imbratteresti e disonoreresti con la faccia e bruttezza del peccato! (Matt. 18) poiché se tanta allegrezza si fa nel cielo da tutti gli Angeli per la conversione di un peccatore, che mestizia e che scontento, puoi tu pensare, che senta il tuo buon Angelo, quando per alcun peccato tu caschi dalla divina grazia e se egli avesse sangue per ispargere e vita per poter dare, oh quanto volentieri ad imitazione del suo Signore la darebbe per la tua salute! Procura dunque adornarti più tosto con quelle virtù che rallegrano gli Angeli e danno gloria al tuo Creatore, acciocché da questi semi di preziosi meriti conforme alle virtù angeliche, tu possa raccogliere frutto dolcissimo simile al premio degli istessi Angeli”.