Maledetto Sud, continuano tradimenti, braccia e cervelli in crescente fuga

Giuseppe Lembo

 I mali meridionali sono mali profondamente antropici. Sempre più indifferenti al saggio ruolo di “Cilento terra dell’ESSERE IN DIVENIRE”, si crea la strada sbagliata del “Nulla” che porta, anche il Cilento, diritto, diritto al Futuro negato; al Futuro cancellato.

Tanto succede nonostante le voci contro di chi ama il Sud e vorrebbe poter saggiamente vivere nella bella terra del Sud, purtroppo negata ai tanti che, ormai per tradizione di lunga data se ne fuggono, per non morire di Sud.

Mi ricordano, con questa loro fuga biblica, il grido di dolore di Eduardo De Filippo, che rivolgendosi ai giovani napoletani, con tanta tristezza nell’anima, gridava loro “IATEVENNE”.

Oggi siamo ad un “IATEVENNE” che si ripete in lungo ed in largo per il Sud ed oltre al Sud sta diventando la parola sempre più di moda per l’Italia intera, un Paese in fuga da parte dei suoi tanti “cervelli” dall’Italia con indifferenza negati e degli arrivi disumani di tanta “carne umana”, una “razza sacra”, usata ed abusata per un triste e disumano commercio, da mondo maledetto, sempre più indifferente ai saggi valori dell’ESSERE IN DIVENIRE.

Riprendo con umana attenzione, il percorso di questo mio dire con alla base le tante riflessioni sul Sud falsamente buonista, sempre più “Terra di migranti italiani”, mentre stranamente vengono da Noi schiere di immigrati che ci chiedono  prima di tutto, il “diritto alla VITA”, oggi e sempre più, un diritto tristemente negato anche da NOI, con gli italiani in fuga per non morire del “male maledetto” che si chiama Italia, un Paese che, proprio non sa volere bene a se stesso e tanto meno, sa volersi bene.

Nella mia lettura della stampa quotidiana, mi ha colpito, in un articolo di BARBARA CANGIANO, la convinta posizione del ritorno al Sud di Biancamaria Savo, una 26 enne salernitana che si è formata tra l’Inghilterra e la Germania, che ha scelto di fare cinema nella sua terra.

Mi piace riportare il pensiero dell’autrice del pezzo che saggiamente dice “Cervelli che scappano, perché convinti che il territorio non abbia nulla da offrire, cervelli che tornano, pronti a mettersi in gioco, per inseguire, a casa propria, un sogno”.

Mi voglio augurare, voglio sperare che il ““FUITEVENNE” di De Filippo, possa diventare e presto un felice e saggio “VENITENNE” per tanti meridionali nelle Terra, non più amare, ma bella da vivere, dei loro Padri.

C’è da sperare che tanto sia! Purtroppo, credo che si tratti di una speranza disperata leggendo nella stessa pagina un “FUITEVENNE” che viene lanciato, con profondo pessimismo, dalla scienziata salernitana FRANCESCA DI LUCCIO.

Sono in tanti, soprattutto del mondo italiano dei cervelli, a gridare la propria disperata fuga, all’Italia negata; all’Italia sempre più cancellata ai saperi, alla conoscenza ed alla creatività italiana, un patrimonio di grandi risorse del Futuro sempre più indifferente al nostro Paese che, facendosi un male da morire, si nega tristemente al nuovo italiano, un nuovo indifferente ai più che non sanno capire l’importanza del Futuro ed il giusto e saggio insieme italiano da Nuovo Umanesimo.

Per Francesca Di Luccio, pensiero che condivido, perché è tristemente radicato nel sistema Italia, il nostro è un Paese che  non offre assolutamente prospettive ai giovani.

Tanto, sta ad indicare che il nostro è un Paese dal Futuro negato.

La prof.ssa Di Liuccio, coordinatrice del team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, considera l’Italia un Paese negato al Futuro del sapere; un Paese tristemente negato alla ricerca ed ai ricercatori, una grande  risorsa italiana, purtroppo, indifferente all’Italia che, così facendo, si nega al Futuro.

Con grande sofferenza nel cuore, la prof.ssa Di Liuccio, con un’esperienza all’estero tornata in Italia, dichiara “Se avessi un figlio di 25 anni gli direi di fare subito la valigia e partire”.

Siamo di nuovo ad un “fuitevenne”, un triste coro sempre più diffuso della povera Italia nostra che si attrezza a morire d’Italia, perdendo i suoi tanti “cervelli”, il meglio dell’Italia, in giro per il mondo, in quanto indifferenti e/o del tutto negati al non più saggio Paese in cui sono nati; in cui nascere italiano sempre più è una maledizione.