Mercato San Severino: trepida attesa per funerali vittime rogo

Anna Maria Noia

Trepida attesa, all’insegna dello sconcerto – a S. Severino: l’intera comunità aspetta di ritrovarsi ai funerali delle vittime del rogo, appiccato (ormai è sicuro) da uno dei fratelli Papa al civico 22 di via Tommaso Sanseverino (27 dicembre). Sono in corso le indagini autoptiche e i necessari rilievi per ricostruire, interamente e diffusamente, la dinamica dell’accaduto; per capire le cause effettive del decesso della famiglia. Dunque il dissequestro delle salme, dopo il placet o nulla osta delle autorità inquirenti competenti, non avverrà prima del 4 o 5 gennaio. In tal data, si presume, si terranno le esequie. Nella chiesa-convento di S. Antonio – a pochi passi dal luogo della tragedia. Dove in moltissimi avevano l’opportunità di apprezzare, in particolare, Franco. Religioso, devoto – il fratello Donato era meno presente in chiesa, più defilato – proclamava le letture durante le celebrazioni, si occupava anche delle lectio divine e pare abbia anche commentato la via crucis scritta da padre Giuseppe Castronuovo, parroco della realtà al capoluogo. Che, attualmente, non risiede più a S. Severino bensì in Lucania. Contattato, ha dichiarato di essere “profondamente scosso, amareggiato, sconfortato”. Non vuole commentare altro, chiuso nel dolore per la perdita del carissimo amico. “Semmai – ha fatto sapere – esprimerò dei pensieri al momento opportuno, per le onoranze funebri”.

Sebbene sia presente solo da un anno, anche padre Leone Mocerino – il nuovo parroco – afferma di aver conosciuto il 58enne (Donato aveva invece 61 anni). “Una persona gentile ma schiva e riservata, riflessiva – afferma. “Dava lezioni ai ragazzi del liceo” – aggiunge.

E anche padre Mimmo Marcigliano – ex guardiano, sempre a S. Antonio – lo ricorda con benevolenza e affetto: “Non era loquace – dice – però era mite. Non si intratteneva spesso con gli altri, salutava e poi via”.

Non sono previste iniziative religiose, né – a quanto sembra – civili, almeno per questi giorni, almeno per il momento. Dopo i funerali, è soltanto un’ipotesi, Francesco Papa potrebbe essere suffragato da una Messa ad hoc oppure da eventuali commemorazioni. Forse da solo, più probabilmente insieme alla madre – Jole De Marco (82enne) e al fratello. Con cui condivideva un’esistenza serena, una quotidianità riservata e qualche problema non tanto legato alla depressione – come si vocifera (non era in cura, in carico ai servizi sociali della cittadina – affermano gli organi interessati). Pare si trattasse di una ischemia. La salute, per il resto – dicono – era accettabile. Allora perché un gesto così insano, così estremo? Un dramma della solitudine? Il padre, Mario – stimato medico – è deceduto da circa 30 anni, lasciando i fratelli e la sorella Rossellina (moglie del noto neurochirurgo sanseverinese Elmerino Citro) poco più che adolescenti. Franco, “o professore”, era latinista e grecista. Dottissimo, effettuava lezioni private. Tra gli ultimi ad averlo visto, appena prima della tragedia – la domenica prima – è stata una frequentatrice della parrocchia di S. Antonio, che aveva letto all’altare (dall’ambone) insieme allo sfortunato. E poi, ci sono i vicini di casa – come Roman Mihanu – ad affermare che litigi non si sentivano, in quell’abitazione. Tutto tranquillo, una famiglia perbene. Se Franco era professore, Donato – parrebbe, stando ad alcune indiscrezioni – o era amministratore di condominio, nello stesso palazzo dove si è consumato il fattaccio (era un edificio di loro proprietà), oppure ha compiuto studi di Medicina ma senza poi esercitare effettivamente tale professione. Due germani timidi, insomma, in punta di piedi. Ma anche sul web (ricordiamo che i fratelli avevano entrambi un proprio account Facebook, dove talvolta scrivevano cose “tranquille” e dove campeggiano frasi colte, come un detto in latino di Plinio il Giovane) ci sono tanti commenti sui lati oscuri della torbida vicenda: un medico – collega del padre Mario Papa – asserisce che i servizi giornalistici che hanno catapultato il nome di S. Severino sulle reti nazionali, sono “inattendibili e irriverenti”, sono chiacchiere.

Mentre la famiglia Papa-De Marco “scivolerebbe nel silenzio”. Anche le interviste a (improbabili?) testimoni, a detta del dottore, sono “sgrammaticate”… Il dottore esprime una preghiera, nel suo “silenzio”.

Un palazzo di sette nuclei familiari, che si sono accorti del fumo acre e denso nella notte… Poteva essere veramente un disastro, coinvolgente più persone… All’inizio si era pensato a un corto circuito o a una stufetta difettosa. Poi ha preso piega, purtroppo, la gelida realtà. Si è parlato di crisi depressive da parte, proprio, di Franco. Il più giovane. Alcuni hanno dissertato di una passata ischemia, si è detto di tutto e di più. La realtà dei fatti sarà appurata meglio dopo l’esame autoptico. Ma non si saprà mai completamente cosa passasse per la testa dell’assassino. Nello stesso palazzo, il neurochirurgo succitato aveva uno studio. Marito e moglie (appunto la sorella delle vittime) vivevano –a quanto pare – lontano da S. Severino. Forse a Potenza o a Taranto. È stato il fatto della settimana, del mese. Tanto sconcerto – come abbiamo detto sopra – tra la popolazione (collettività) che stimava i professionisti. A settembre scorso, nella stessa via ma in un edificio adiacente, si è tolto la vita Salvatore Caruso – 70enne affetto anch’egli (parrebbe) da depressione. O forse vi erano altri motivi, altre ragioni (economiche?). Come lui, ma quasi quattro anni fa, il fratello – conosciuto come rinomato hair stylist per uomini. Grande tifoso del Napoli. La depressione sembra essere “democratica” (nel senso non deteriore del termine), in quanto colpisce a qualsiasi età e per qualsiasi ceto sociale. Anche i professionisti – e i loro figli o nipoti – ne cadono in preda. Una decina di anni fa, il figlio di un medico e politico di Mercato S. Severino si lanciò da un balcone e si schiantò al suolo. In questi ultimi anni – anzi in tutto il 2017, soprattutto nei mesi autunnali – tanti ragazzi hanno scelto tale via “comoda” per risolvere i problemi dell’esistenza. Come un ingegnere 34enne, appena un mesetto fa. Le istituzioni – a livello nazionale e anche locale – pare latitino. È proprio la società, a essere malata… “inquinata” da vari fattori. Ci sono, per fortuna, le associazioni – tante – sparse sul territorio. Ma non possono sopperire all’intervento di un’amministrazione – centrale o comunitaria che sia. È una situazione allarmante, vi sono inquietanti segnali da cogliere. Al più presto possibile.

Comunque, S. Severino è assurta agli onori della cronaca solo per una brutta notizia; ne hanno parlato il Tg1, il Tg5 e Tgcom. E poi, tutto su You Tube e su altri moderni ritrovati (le diaboliche tecnologie, le diavolerie della società moderna…). Davvero la cittadina, il centro irnino merita questo? E non solo la depressione, a dettare queste “conseguenze” dell’umano (patologico) soffrire: nell’agosto del 2015, il 32enne Gianni De Vivo – figlio di un umile negoziante di S. Severino – uccise madre e sorella in un paradossale, parossistico tentativo di scacciare – a suo parere – “il demonio” che si era impossessato delle donne nella sua famiglia. Il ragazzo era sempre stato placido, pacato. Forse alcuni… “segnali” di presunto squilibrio non erano da sottovalutare. La mamma, Antonietta De Santis, era la sorella di Ugo – noto volontario della Cri italiana, che si prodiga (assieme al professor Emilio Esposito) a favore dei bisognosi del territorio, contro le emergenze. La sorella, Deborah De Vivo, era pare anoressica. Ma non è mancato chi la additasse come depressa o malata di mente. Gianni era laureato in Scienze Infermieristiche, anche se alcuni affermavano fosse laureato in Ingegneria. Tutti, comunque, concordanti sul fatto che fosse intelligente – oltre che introverso. Anche per ciò che riguarda i due fratelli morti nel rogo, alcuni cronisti si sono lasciati fuorviare dai profili Facebook, che sembravano attestare che fosse Donato, il “prof” della situazione. E non – invece – Franco. Come, peraltro, riportato – correttamente – da tutti gli altri giornalisti…

E concludiamo, osservando che il cielo di quella maledetta mattinata (appunto il 27 dicembre ultimo scorso) era plumbeo e minaccioso. Come la vita giornaliera del povero Franco. E di Donato. Dopo che un tumore – così afferma qualche operatore dell’informazione – privò la famiglia della presenza paterna. Il palazzo era antico, vi sono alcuni che – adesso – ne richiedono urgentemente un intervento ricostruttivo.

Di certo, le istituzioni non possono essere sempre a conoscenza di questi casi. Però non devono lasciare campo libero soltanto alle associazioni – pullulanti in verità, a S. Severino (anche se molte si “perdono” per strada). Oltre alle principali, come Caritas e Croce Rossa, ne esistono di nuove e di diverse. Mancano tuttavia veri e propri centri di ascolto, laddove l’indifferenza uccide. Più di quanto non si pensi. Occorre agire, ascoltare il grido di dolore degli emarginati dal sistema. Parola di esperti, come lo psicoterapeuta Gennaro Sammartino –anni fa alla conduzione dell’osservatorio sul Disagio Giovanile proprio a Mercato – e come lo psichiatra Angelo Zampoli. Che – per quanto concerne l’acuzie psichica sul territorio – opera una differenza tra depressione “reattiva” e depressione “maggiore”. Una che si può, in qualche modo, superare e l’altra solamente da curare. Con strumenti e farmaci adatti. Mai come adesso la depressione è un malanno… “sociale”. Anche per la spesa in neurolettici di questi ultimi anni. Frenetici, concitati, disorientanti.