Mercato San Severino: sfregiato monumento ai Caduti

Anna Maria Noia

A Natale dovremmo essere tutti più buoni, ma c’è qualcuno che – evidentemente – non riesce a comprendere lo spirito delle festività, se non nel senso consumistico dello sfregio all’ambiente: numerosi e ineducati vandali, in questi ultimi giorni, si sono recati al monumento ai caduti di S. Severino e – dopo gozzovigliato – hanno, purtroppo, lasciato un segno della loro presenza e del proprio passaggio. Lungo il monumento, costituito da una stele e da un’aquila – oltre ai nomi dei principali soldati scomparsi durante la I guerra mondiale – si osservano infatti cartoni di pizza, buste di plastica ed altro materiale deturpante. La scoperta è stata effettuata da un ambientalista della cittadina. Che si è soffermato a immortalare lo scempio all’area. Non è la prima volta che gli unni devastano le suppellettili e i beni comuni: dimostrazioni di “lancio al sacchetto” e di noncuranza, di immondizia che devasta il panorama urbano sono visibili e (ancora) osservabili, ad esempio, nella villa comunale; nei parchi pubblici; sulla strada per Spiano; lungo via Solofrana (Trincerone) e altrove. Ciò non sta bene. Per niente. Negli ultimi anni, poi, il monumento ai caduti è stato quasi abbandonato a se stesso – nonostante le manifestazioni del 4 novembre (per le forze armate) e il tentativo di storici locali di riqualificarlo. Si ritrovano spesso siringhe infette, o comunque tracce indecorose di ordinaria quotidianità. Come, pure, deiezioni canine e – ancor più – foglie secche e sterpi, a far bella mostra di sé al monumento. Che – da qualche tempo – è collegato al parco “Boschetto”; un altro polmone verde della cittadina – fortemente voluto, tra i fautori, dal compianto parroco don Salvatore Guadagno. Per quanto concerne tale monumento, esso risale ai primi anni del ‘900. Progettato dallo scultore salernitano Gaetano Chiaromonte, sorge sulla collina detta “Licinella” (poiché nei dintorni sorgevano lecci o vimini o salici, che hanno dato nome al Viminale e all’Aspirina – acido acetilsalicilico). Ai lati della già citata colonna, ecco due lapidi de “La nuova Italia” (1915-1939). Sette lunghi anni, per la realizzazione dell’opera: il monumento avrebbe dovuto essere inaugurato già nel 1935, anniversario dell’entrata in guerra (la “grande guerra”) da parte della nazione italiana. Invece fu terminato solo nel 1939. Di 20mila lire la somma stanziata dal Comune, a quell’epoca; gli ingegneri Aniello Salzano e Giovanni Sica ne progettarono il viale d’accesso, dapprima intitolato all’eroe Italo Balbo (anche aviatore). Oggi l’ingresso è dedicato al tenente Francesco Falco. Al crollo del Fascismo, dopo il secondo conflitto mondiale, vennero tolti i fasci littori e sostituiti con una stella a cinque punte – simbolo della Repubblica. Sulla cima della colonna, negli anni ’70, venne realizzata un’aquila. Il monumento dunque è nel degrado, è auspicabile un intervento di totale recupero. Magari rendendolo un giardino aperto al pubblico – ad esempio alle scuole – con tanto di custode ad hoc. E chi scrive ha notato una chicca: su una lapide, è scritto: “Le camice nere posero” – con evidente refuso grammaticale (camicie, con la i, avrebbe dovuto essere nel testo).

Vi sono altri luoghi della S. Severino di una volta, da ricostituire – magari con l’ausilio di qualche associazione territoriale. Che duri, però, e che venga opportunamente sovvenzionata. Ve ne sono tante, in giro per il “paese” – e tutte dotate di ottima volontà. Sono comunque solo dei suggerimenti – questi che stiamo pubblicando. Ovviamente, le nuove amministrazioni sono consce delle difficoltà – burocratiche, ma anche “culturali” – che tutti vivono in questo decennio di crisi (economica e socio-istruttiva). Però le mirabilie di questa nostra cittadina dipendono anche dalle scelte da effettuare, politicamente…

E perché non cominciare a ripulire la tomba del garibaldino Ovidio Serino (sacerdote della frazione Carifi), che giace immemore al – pur pulito e decoroso – cimitero civico?