Cilento, sviluppo a rilento
Giuseppe Lembo
Purtroppo il Cilento si è negato e continua tuttora a negarsi a un cammino umano d’insieme condiviso; tanto, negandosi, a qualsiasi concreta possibilità di sviluppo, assolutamente necessario per garantire il futuro ai territori, garantendone la presenza umana da una generazione all’altra. Nel Cilento ed in gran parte del Sud, purtroppo, niente di tutto questo. Isolatamente ed in solitudine ciascuno pensa per sé; pensa di avere le ricette miracolistiche di uno sviluppo possibile, ma di fatto negato, in quanto mancano i necessari presupposti umani e territoriali per promuovere quello sviluppo possibile, per il quale un ruolo assolutamente insostituibile, è quello delle risorse umane; delle risorse umane dinamicamente intese, protagoniste di intelligenti percorsi formativi, capaci di acquisire tecnologie ed innovazioni, culturalmente aperte al nuovo della società mondo in cui, oltre che saper vivere, è assolutamente necessario sapersi muovere ed operare, agendo ed interagendo per il bene comune. Tutto questo è mancato al Cilento e più in generale al Sud; tutto questo ha provocato e ci ha provocato le condizioni tristi di mondi separati; di mondi dallo sviluppo antropologico e territoriale diffusamente negato. Per questo ho cercato di dare idee e qualche suggerimento al cambiamento e ad un diverso ed intelligente modo di dare al Cilento il tanto atteso sviluppo. Uno sviluppo d’insieme che deve trovare le soluzioni giuste in un Progetto Cilento pensato dal Parco con l’attivo protagonismo partecipato di tutte le diverse realtà umane e territoriali. È questa l’unica via possibile per pensare al futuro del Cilento. Occorre necessariamente un progetto d’insieme; occorre un Progetto Cilento, nel contesto di un più generale Progetto Campania ed oltre ancora Progetto Sud; tanto, per recuperare un’importante parte d’Italia, allo sviluppo possibile, facendola uscire dalle sue tristi condizioni marginali di mondi umani e territoriali rimasti indietro e negati allo sviluppo da un familistico antropomorfismo negativo che non ha mai permesso al Cilento, alla Campania ed al Sud di svilupparsi, creando, prima di tutto, un mondo umanamente nuovo. Occorre nel Cilento, in tutto il Cilento, una tensione di un insieme umano che, purtroppo, non c’è; una tensione che non c’è, ma che è assolutamente necessaria al futuro, al cambiamento ed al tanto atteso miglioramento di tutte le condizioni umane che vanno recuperate al protagonismo di insieme, facendole uscire da un mondo stregato e triste di disarmante solitudine. Occorre promuoversi e promuovere un insieme italiano umanamente nuovo. Tanto, partendo dal “minore italiano”; tanto, partendo dal Cilento che ha, tra l’altro, l’importante privilegio di essere la Terra dell’Essere, una condizione umana universalmente necessaria per ridare all’uomo della Terra, la dignità di uomo, restituendolo ai valori dell’Essere, poco compatibili con quel disumano avere-apparire che si è impossessato dell’uomo del nostro tempo, schiavizzandolo al massimo. Costruiamo insieme un Progetto Cilento, nell’ambito del territorio del Parco, partendo dall’UOMO e da quello che l’UOMO, centralmente rappresenta nell’ipotesi dello sviluppo possibile; costruiamo un laboratorio Cilento con l’uomo della Terra cilentana dalle radici nell’Essere parmenideo, recuperandolo al protagonismo attivo, in un mondo globalizzato che produce solitudine crescente, impoverimento e forme aggressive di schiavismo moderno, contro le quali è assolutamente necessario costruire un’umanità protagonista; un’umanità consapevole e non più orfana di certezze, così come, in modo assordante, è parte di noi. Occorre un’umanità nuova, per salvarsi come Cilento; un’umanità nuova, per salvarci come Cilento; un’umanità nuova, per salvarci come mondo. Partiamo da qui, costruendo insieme un Laboratorio Cilento, fatto di protagonismo cilentano, per cambiare nel concreto il Cilento, restituendolo al positivo ruolo di TERRA DELL’ESSERE. Con il falso protagonismo dei paladini dello sviluppo miracolistico di un Cilento dallo sviluppo sempre più negato, non si va da nessuna parte; non serve assolutamente spendere a pioggia risorse comunitarie senza concretamente pensare insieme all’atteso risultato dello sviluppo possibile. Si tratta, purtroppo, di interventi fini a se stessi; per il localismo stretto che rappresentano, si esauriscono con l’intervento in sé, senza lasciarsi dietro quel concreto positivo di cui ha tanto, ma tanto, bisogno il Cilento nella sua interezza, evitando gli opportuni interventi a macchia di leopardo che, nella loro genericità del fare, proprio non portano da nessuna parte; che, proprio, non servono a niente. Purtroppo tanto e tale è stato lo spreco cilentano di risorse nel recupero dei centri storici; si è trattato di un recupero assolutamente fine a se stesso ed assolutamente poco rispettoso della storia dei luoghi, con trasformazioni di una modernità estranea ai contesti e soprattutto, poco funzionale all’obiettivo uno delle risorse comunitarie destinate ai territori sottosviluppati, per farli diventare territori sviluppati, partendo proprio e prima di tutto, dallo sviluppo umano, nel rispetto del proprio Essere. Tutto questo nel Cilento storico, dinamicamente diversificato, dovrebbe portare, tra l’altro, all’economia dei vecchi mestieri; mestieri, purtroppo scomparsi; mestieri, purtroppo cancellati che potrebbero rappresentare importanti occasioni nuove per un nuovo radicamento giovanile nella Terra dei padri. Ma i padri cilentani e del Sud in generale, indifferenti per la fuga dei loro figli, braccia o cervelli che siano, ancora si dimostrano indifferenti al futuro del Cilento, della Campania e/o del Sud più in generale.