Mercato San Severino: fontana al Centro fuori uso e sporca, “allarme” civico

Anna Maria Noia

La fontana che svetta altera e perentoria all’ingresso del capoluogo di Mercato S. Severino – sita lungo un’ampia rotatoria che conduce a via Aldo Moro (da una parte) e a via Licinella (nei pressi del monumento ai caduti, dall’altra) – è inutilizzata da quasi due anni. Lo affermano, tra altri, i residenti prospicienti alla struttura – soprattutto in via S. Vincenzo e al parco “Capacchione”. Gli stessi che dichiarano che in estate, col caldo e l’afa, dallo specchio d’acqua promanano miasmi nauseabondi – odori non certamente piacevoli. E che dicono, infine, che il sito è stagnante e spesso ricettacolo di rifiuti. Quest’ultima fattispecie, però, non è una criticità attribuibile alle passate o recenti amministrazioni – bensì va ascritta a persone poco civili. Alla loro noncuranza e disattenzione. Per quanto riguarda la fontana, realizzata nel corso dei venti anni da primo cittadino di Giovanni Romano, i Sanseverinesi la consideravano “un orgoglio”, un “emblema rappresentativo” della cittadina. Con alti zampilli e getti a illustrare la via del centro irnino; adesso l’apparato non è funzionante, è spento. Ma vi sono anche altre fontane, a S. Severino: ad esempio quella in piazza Dante – adiacente al convento di S. Antonio; una struttura che fu vittima di atti vandalici qualche mese fa. Anche questa realizzazione, pur non molto bella esteticamente, era stata creata per ingentilire il paese. Una fontanella più antica, ed anche più decorosa architettonicamente, era però quella della frazione S. Vincenzo: è stata svelta da vicino la chiesetta e trasferita di fronte, ma non ha più la sua identità. Alcuni Sanseverinesi sostengono – sono loro opinioni – che molte fontanine sono state chiuse per incentivare l’utilizzo delle due “Case dell’acqua” – una a Piazza del Galdo e l’altra presso il parco pubblico “Boschetto” – al capoluogo. E occorre anche ricordare come S. Severino, l’intera cittadina, sia legata inesorabilmente alle polle d’acqua che hanno caratterizzato – da sempre – la sua staticità: paludosi erano i terreni sottostanti palazzo Vanvitelli, il municipio (ex convento dei padri Domenicani e già sede carceraria) e pieni di sorgenti quelli inerenti al palazzetto dello sport. Detta zona è stata denominata – nel passato: “All’acqua del pioppo”. E non si dimentichi il curioso toponimo “fontana di formiello”, dove sorge ed è ubicata l’azienda conserviera ed agroalimentare “Fontanella” – dei cugini Luigi e Rocco Salvati; la ditta reca appunto il nome di questo pozzo, il “formiello”. Insomma, le sorgenti a S. Severino sono state importanti e necessarie per la esistenza stessa dei nuclei familiari in questo hinterland. Anche il tanto temuto – ed inquinato – torrente Solofrana ha fatto la sua parte; protagonista del romanzo “Lo specchio cieco” di Michele Prisco – scrittore, autore cui è dedicata la biblioteca comunale. I nostri padri, e concludiamo, ricordano come nel greto del temibile “mostro” – che straripa, con nonchalance, durante la stagione piovosa autunnale e/o invernale – ci si poteva tuffare, catturando gamberetti di fiume.