Il mondo disumanamente in cammino

Giuseppe Lembo

Non è assolutamente possibile e tanto meno immaginabile che, sulle scene del mondo, questo è quanto sostengono i poteri forti dell’economia e della finanza che dettano le regole “sacre” ed “inviolabili” al mercato, la povertà del mondo con tutti i suoi simboli, avanzi il diritto di dettare leggi e regole che appartengono ad altri; che sono il simbolo del potere assoluto dei poteri forti del mondo. La povertà del mondo, purtroppo sempre più ricca di crescente povertà, deve assolutamente capire che il suo ruolo è quello di subire; di subire le regole e quindi i sacrifici che le vengono imposti, o meglio “regalati” a piene mani da chi governa il mondo, ispirandosi sempre ed ovunque, al tutto per sé. Al tutto per far crescere i privilegi di chi ha; di chi, già ricco e grondante dei privilegi della ricchezza, è più che mai convinto che sia giusto spingere e spremere il mondo dei poveri verso confini sempre più poveri; verso quel mondo dei diritti negati che fanno parte delle regole del gioco e che, volendo o nolendo, per evitare “altro” il mondo dei “sottomessi”, senza inutili rivendicazionismi democratici alla “Masaniello”, che possono solo fare male alla pace sociale; a quella pace che si regge ed è retta dal mondo dei forti che comandano e dettano le leggi e dal mondo dei deboli che devono ubbidire; devono silenziosamente ubbidire senza pretese di falsi cambiamenti democratici, ringraziando  a chi si adopera a garantire alla plebe, il pane della vita anche se in forma minima facendo del protagonismo di falsa bontà, al fine di non essere disturbati negli “affaracci propri”. Nessuno e niente può compromettere i sogni eccellenti del potere; di quei poteri forti del mondo che si impongono a tutti e su tutto; tanto, facendone prevalere le loro ragioni di potenti anche a costi disumani, da lacrime e sangue, con il dio mercato prima di tutto e soprattutto. Facendo prevalere quelle regole ferree del mercato che deve garantirsi sempre e comunque i profitti per accrescere i privilegi di chi è già ricco; di chi ha già tanto ed è impegnato a far prevalere il rigore egoistico del tutto per sé. Il mercato con le sue regole, è un idolo sacro ed intoccabile dei tempi moderni; un idolo che ha per governo visibile ed invisibile quelli dei poteri forti e di quell’oscurantismo di potere imperante nel mondo, contro cui nulla si può; contro cui nulla si deve osare contro, in quanto è; sarebbe un grave reato di lesa maestà per quel dio-mondo che si materializza nella ricchezza del mondo e che fa proselitismo diffuso attraverso un comunicare senz’anima che fa credere agli ingenui del mondo che la felicità umana è fatta magicamente di solo avere e di apparire. Altro, estraneo alla materialità, sempre più lontano dall’uomo fortemente materializzato e stretto nella morsa di un fare umano indifferente all’Essere, ma ostinatamente attento all’avere ed all’apparire, è il disumano mito di un mondo falsamente nuovo; di un mondo che, tradendo se stesso, tradendo i valori e l’etica di una vita capace di trasformare l’Io in Noi e di ascoltare e capire le ragioni degli altri, si è fortemente avvitato su se stesso e si è interamente votato sempre più al falso mondo della cieca materialità che va lentamente uccidendo tutto dell’UOMO; tutto del mondo, un tempo saggio e fatto di saperi, di valori condivisi, di ideologia ed attento al vivere insieme nel rispetto dell’uomo in quanto uomo della Terra e nient’altro che questo. Purtroppo e sempre più, oggi siamo alla brutta negazione del meglio di Noi stessi. Il mercato ci domina e domina in modo crescente la sfera intima dei nostri desideri, sempre più svuotati di umanità dell’Essere e di quei valori condivisi, la grande forza del mondo, senza la quale dovremmo tutti saperci porre la domanda “ma che mondo è?”; ed ancora saperci chiedere, “in che mondo viviamo?”. Per cortesia, tu caro uomo del mondo, tu caro uomo dell’Italia e d’Europa, smettila di farti male; smettila di spogliarti della tua identità antica di uomo forte di valori eticamente condivisi ed umanamente condivisibili.