La storia in pillole

La storia in pillole

Giuseppe Lembo

Il Sud italiano ha, purtroppo, mancato il suo appuntamento con la Storia, negandosi, così facendo, al futuro. Non ha saputo, per il bene comune, fare azioni di un insieme condiviso. Per cambiare concretamente le tristi condizioni del Sud, ieri come oggi, occorre il protagonismo della gente che deve sentirsi partecipe e così dare il primo, valido ed insostituibile contributo che è quello umano, il primo oro del mondo. Non cambiando il Sud, non cambierà l’Italia! L’Italia non si svilupperà, se non si sviluppa il Sud! Uno sviluppo, purtroppo, da sempre negato per colpa di una frattura profonda tra potere e popolo. Tra il potere che, non ha mai voluto favorire il risveglio del popolo meridionale ed il popolo suddito, indifferente alla rinascita delle regioni del Sud; tanto, per colpa di un vuoto di crescita e di un giusto rapporto con gli altri, in quanto esseri umani. Il Sud, l’”amaro” e “triste” Sud italiano, è rimasto indietro, prima di tutto, per gli egoismi meridionali della sua classe dominante, tutta attenta alla saggia conservazione per sé, dei poteri e dei privilegi, con indifferenza assoluta per il popolo, non sovrano, ma gravemente sottomesso, cancellando, così facendo, la buona democrazia italiana ed un corretto rapporto elettori/eletti, dominanti/dominati, governanti/governati. Servitù e malgoverno che, nonostante i tempi cambiati, ancora insistono e persistono facendo tanto male alla gente del Sud, costretta, come sempre, ad emigrare con il suo ricco bagaglio di braccia e di cervelli, indifferenti alle terre di origine, per essere terre culturalmente e socialmente depresse e diffusamente mancanti dell’educazione del cittadino che, in una con la cultura, rappresenta in sé, una grande ed insostituibile leva di sviluppo. Questa umanamente sofferta condizione di ieri, come prima e per molti aspetti, ancora di più oggi, è una condizione umana caratterizzante il Sud anche oggi; tanto, con il potere ed i privilegi di sempre da parte dei dominanti ed il silenzio complice e sottomesso dei dominati che tardano a svegliarsi ed a sentirsi attivamente protagonisti di se stessi, al fine di un bene comune di cui il Sud non sa capirne la “dolce” e “saggia” importanza. Il sentire comune, dettato da un altrettanto comune atteggiamento, era quello di un Sud negato a tutto; di un Sud dove non era possibile fare nulla perché i contadini, da “indifferenti” non si interessavano a nulla, se non a coltivare la Terra. Se non ai raccolti; l’unica ricchezza-risorsa di vita per la famiglia. Non è bastato al Sud la diffusa conoscenza dell’alfabeto, un importante primo strumento di conoscenza. Purtroppo, pur essendo uno strumento umanamente utile, è rimasto funzionale a se stesso, senza mai diventare, nel mondo popolare e contadino del Sud, alfabeto maggiore nella vita; nella vita di insieme, nel lavoro ed oltre ancora, nella società, da rendere condivisa ed aperta, al fine del bene comune che può nascere solo se, alla base, c’è la “solidarietà di insieme” ed una profonda trasformazione del livello culturale, da cui dipende ogni cambiamento possibile, con tutto il  bagaglio dei problemi umani da risolvere discutendo e coinvolgendo per questo fine, anche i più sfiduciati ed i più indifferenti. La causa prima del mancato sviluppo del Sud, è stata la mancanza dello slancio di un movimento di estensione; di un coinvolgente e diffuso movimento di estensione, con la gente protagonista, attivamente coinvolta e partecipe. Al Sud è mancato e purtroppo ancora manca, il vero senso dell’alfabeto come strumento di cultura; come strumento di un saggio sapere che deve avere il suo naturale compimento prima di tutto e soprattutto, nella vita, nel lavoro, nella società. L’acquisizione dell’alfabeto, una grande risorsa per il Sud e per tutti i Sud del mondo, deve varcare i confini dell’inizio della conoscenza che, partendo dalle radici della Terra, permette a ciascuno di aprirsi al saggio respiro di una nuova interpretazione della realtà da cambiare, come progetto e volontà d’insieme; tanto, per un mondo nuovo da costruire insieme, partendo dall’idea di utili centri di interesse comuni e comunemente condivisi. Purtroppo, come ci insegna la storia, al Sud è mancato il protagonismo creativo ed educativo della gente, saggiamente attenta a se stessa ed al bene comune, una via obbligata per cambiare tutti insieme. Il Sud, non sviluppato, non cresciuto umanamente e socialmente, è rimasto indietro per il lavoro che non c’è e per le sue diffuse condizioni di grave sfruttamento umano, costringendo disumanamente la gente alla fame e/o alla fuga disperata dalla Terra dei padri, da tanti, ancora considerata Terra maledetta e senza futuro, nel suo fluido marasma di ricchezza e di povertà; di confusione e di diseducazione che spinge tanti ad una provvisorietà di vita, con alla base la tragica arte dell’arrangiarsi e così cercare di sopravvivere restando indietro e/o di darsi una via di fuga per un mondo nuovo altrove. Le miserie umane del Sud hanno le loro profonde radici nella mancata partecipazione dell’uomo meridionale alla vita della società; è questo, un saggio indicatore di insieme umano che segna tra l’altro, la misura del rapporto democratico esistente al suo interno ed il ruolo di ciascuno, nel reciproco rispetto dell’uno per l’altro. Uno dei gravi mali del Sud è dato, tra l’altro, dalla presenza di una piccola e fortemente invadente borghesia intellettuale, molto opportunamente condannata da Salvemini. Fra i “galantuomini” ed i “cafoni” meridionali ancora persistono in modo profondo e non solo formale, le differenze che ne fanno mondi separati. Al Sud non c’è stata e non c’è quell’unità di tempo il cui presente è al tempo stesso un presente che è stato un passato ed è già un futuro. Oggi anche il Sud, in quanto crescente mondo dell’apparire, è sempre meno se stesso; tanto, con una crescente e diffusa crisi dell’indifferente posizione umana di fronte ai problemi universali, non sapendo, così facendo, cercare con occhi nuovi, l’orizzonte di una nuova civiltà. Il Sud deve cambiare; deve, prima di tutto, cambiare nella sua umanità, facendo ben capire anche ai “silenziosi” meridionali che, la Storia, così come da sempre intesa, non è solo la storia degli altri. Occorre un nuovo protagonismo dell’uomo del Sud; occorre strappare l’isolato uomo meridionale alla sua devastante solitudine.