Per la conservazione della civiltà contadina nuovi percorsi museali

Giuseppe Lembo

Il momento di perdita d’identità storica, risale alla seconda metà dell’800, con la nascita in Europa dell’industrializzazione e la delineazione del nuovo assetto sociale ed economico dal quale si cominciava a verificare la cancellazione della vecchia “civiltà contadina”; il mondo dei campi mal si conciliava con il mondo delle macchine industriali, soprattutto per le differenti condizioni di partenza (l’uno con al centro la natura che stimola la creatività, l’altro, con al centro le macchine, caratterizzato da azioni ripetitive). Questo scenario, espressione di un nuovo assetto sociale ed economico, in Europa, registrò nell’800, l’avvio del declino della civiltà dei campi, con un’inesorabile ed inarrestabile cancellazione della vecchia cultura contadina. La cultura contadina, si conserva e si comunica soprattutto attraverso le espressioni del lavoro e della vita quotidiana, rintracciabile negli oggetti e nei segni di una materialità che rappresenta il legame delle persone con i luoghi di vita e di lavoro. Gli oggetti rappresentano, così un legame tra le diverse generazioni; trattasi di un legame che va oltre la materialità, per diventare comune “patrimonio genetico”. La storia di un territorio e della sua gente, si basa molto anche sulla memoria e sulle tradizioni. È per questo che la storia del vecchio mondo contadino ha avuto come storiografi soprattutto gli “etnografi” e come patrimonio storiografico i “Musei etnografici”, dove vengono conservati i documenti che offrono la possibilità di comprendere la vita dei campi e degli stessi contadini. Sono le testimonianze materiali (particolarmente quelle legate alla produzione agricola), a documentare le forme di vita, il sistema dei valori, la struttura socio-economica e le conoscenze tecnologiche del mondo rurale. Per la conservazione – esposizione museale, è importante usare edifici rurali, che completano in siti, la ricostruzione storica, nel pieno rispetto del tempo ormai svanito. Oltre al Museo rurale chiuso, è altrettanto importante conservare le testimonianze della civiltà contadina, attraverso l’organizzazione di forme museali all’aperto (Museo all’aperto) che, permette una più ampia tutela del paesaggio e la protezione dello stesso patrimonio architettonico rurale. Costruzioni rurali, spazi naturali, materialità oggettuale e simbolica, concorrono alla realizzazione di un Museo all’aperto, di tipo globale, espressione culturale polivalente con attori le popolazioni locali ed i luoghi di conoscenza e di interpretazione delle raccolte, riferite anche alle condizioni di uso che si sono succedute nel tempo. Il Museo della civiltà contadina chiuso e/o aperto che sia, deve contenere raccolte riferite ad aree regionali e/o locali omogenee per caratteristiche culturali ed ambientali. Il Museo della civiltà contadina all’aperto deve permettere tra l’altro, la fruibilità la più ampia possibile, delle risorse culturali del luogo; deve, altresì, garantire anche la conservazione della “genetica agricola”, promuovendo la coltivazione di specie arboree in estinzione. Ogni raccolta museale legata al mondo contadino, deve sapere evidenziare i tratti caratteristici dell’identità culturale della comunità di riferimento del Museo; in tale direzione vanno selezionati ed organizzati i materiali da esporre. Vari possono essere i temi conduttori delle raccolte (rappresentazione di mestieri, con ricostruzione di botteghe e/o di luoghi del lavoro; produzioni agricole locali, con documentazione degli edifici destinati alle produzioni; documentazione di fonte energetica disponibile nel territorio interessato esempio le vie dell’acqua e dei mulini). Soprattutto il Museo all’aperto permette di fare una ricca esperienza conoscitiva, anche, se trattasi di un’esperienza ampia in micrositi e/o spazi minimi, rispetto ai riferimenti spaziali di maggiore dimensione, espressi attraverso una disposizione ottimale degli oggetti della raccolta. Nell’allestimento museale, l’accesso alle zone espositive vere e proprie deve avvenire attraverso uno spazio attrezzato dove il visitatore, per mezzo di una serie di strumenti di comunicazione (plastici, cartelloni informatici, video interattivi, stampati), può acquisire tutte le informazioni necessarie ad orientare la visita ed a conoscere la storia e l’organizzazione del Museo. Oltre ai servizi di prima accoglienza, sono necessari i servizi didattico/educativi (aule didattiche, sala conferenza, centro multimediale, laboratori dimostrativi). Occorre attrezzare anche spazi per i servizi di ricerca, documentazione, catalogazione e progettazione, nonché spazi per gli archivi scientifici e per la biblioteca. È importante che un Museo della civiltà contadina abbia a disposizione anche un laboratorio di restauro. Nelle esposizioni vanno ricostruiti gli ambienti di vita e di lavoro, completi degli arredamenti e delle attrezzature che li caratterizzavano, documentandone così, da qui oltre che lo stile degli stessi, anche le abitudini di vita, di chi quotidianamente li usava. In un Museo della civiltà contadina, di particolare importanza è la documentazione dell’organizzazione del lavoro agricolo, nonché degli attrezzi e delle macchine impegnate. La comprensione delle macchine è aiutata dalla dimostrazione del funzionamento, condotta o sull’oggetto originale o su modelli riprodotti in dimensione reale o in scala. La visita ad un Museo della civiltà contadina (chiuso e/o aperto che sia, si configura comunque, come un vero e proprio centro culturale), rappresenta un’importante occasione educativa. Importante è, tra l’altro, la produzione e la divulgazione di materiali sia scientifici che di tipo informativo e divulgativo. A partire dalla fine degli anni 70, inizio anni 80, si è avuta un’evoluzione nell’idea di Museo all’aperto; dal Museo all’aperto all’Ecomuseo, che il francese Henry Riviére, definisce come espressione dell’uomo e della natura ed al tempo stesso espressione del tempo ed interpretazione dello spazio; un laboratorio, un luogo di conservazione, una scuola di pensiero. L’Ecomuseo, nel permettere la rilettura della storia naturale e culturale di un luogo, aiuta la gente che lo abita a comprendere il presente ed aprirsi al futuro. Compiti scientifici dell’Ecomuseo sono di conservazione e di valorizzazione del patrimonio naturale e culturale della popolazione. Rappresenta una continuità con l’esperienza dei Musei all’aperto, con caratteristiche sue proprie, per quanto riguarda nello specifico, lo sviluppo della vita culturale ed economica della popolazione. L’Ecomuseo, superando la classificazione propria della museologia tradizionale (per materiale e tema della raccolta), dal punto di vista scientifico, richiede un approccio interdisciplinare, necessario a documentare e ad interpretare l’interazione tra il dato naturale e l’azione antropica. Dal punto di vista territoriale, i confini territoriali di azioni dell’Ecomuseo, sono rappresentati dall’omogeneità delle sue caratteristiche naturali e culturali. L’Ecomuseo prevede che, la conservazione e la valorizzazione delle situazioni ambientali esistenti avvenga in situ; alla presenza umana, con le sue espressioni di vita, attribuisce un ruolo attivo. Un ruolo particolarmente importante nell’Ecomuseo è quello della gente e degli stessi utenti che, oltre ad essere consumatori, sono anche attori. L’Ecomuseo dal punto di vista territoriale, coinvolge una pluralità di territori, integrati nei luoghi della vita della gente (famiglia, scuola, organizzazioni culturali, mondo professionale). Come organizzazione l’Ecomuseo, è caratterizzato da un nucleo centrale, a cui sono collegati una serie di poli sparsi nel territorio. Il nucleo centrale rappresenta il principale polo di attrattiva e di irradiazione dell’iniziativa museale. Si configura, in quanto organizzazione territoriale, come Museo diffuso. La cultura moderna, molto spesso negatrice della tradizione, è bisognosa di essa. Il mondo museale della civiltà contadina, per chi lo visita, rappresenta una riappropriazione quasi inconsapevole dell’identità perduta.