La devozione agli angeli in Calabria

 don Marcello Stanzione

Il culto riservato agli angeli e soprattutto all’arcangelo San Michele in Calabria è molto antico e sentito ed è stato ben studiato dal vescovo mons. Luigi Renzo, autore del libro “ Angeli e Arcangeli in Calabria” stampato da editoriale Progetto 2000,  e i monasteri intitolati genericamente a Sant’ Angelo si riscontrano a :

ALBIDONIA: Sant’Angelo di Battipede. Diocesi Cassano. Nel 1324 vi è abate Nicodemo.

BRITICO: Sant’Angelo. Menzionato da Trichera e Ferrante.

CAMPANA: Sant’Angelo Militino. Arcidiocesi Rossano- Cariati. Fondato dall’abate San Cirillo nel 1081. Nel secolo XIII passò all’Ordine Florense.

CATANZARO: Sant’Angelo de Fragia. Arcidiocesi Catanzaro. Non si conosce la località precisa. Fine secolo XIII passò ai florensi.

DRAPIA: Sant’Angelo. Diocesi Mileto- Nicotera- Tropea. Menzionato da papa Gregorio Magno. Passò ai benedettini.

MALVITO: Sant’Angelo. Diocesi San Marco Argentano- Scalea. Sorto come greco, venne rifondato dai cistercensi. Nel secolo XIII passò ai florensi.

MESA: Sant’Angelo. Femminile. Probabilmente in territorio di Sicilia ( Arcidiocesi Reggio Calabria-Bova). Nel 1310-11 la badessa paga la decima papale di 3 tarì. Nel 1326  badessa è suor Caterina.

MESORACA: Sant’Angelo in Fringillo. Arcidiocesi Crotone- Santa Severina. Ordine Florense. Nel 1188 passò alle dipendenze dell’abbazia della Sambucina ( Luzzi) e poi di Santa Maria della Matina ( San Marco Argentano).

Rombiolo: Sant’Angelo di Rombolà. Citato anche come “ san Michele”.

SAN LORENZO D? ASPROMONTE: Sant’Angelo Valletucchi. Basiliano. Nel 1327 l’abate paga 24 tarì di decima papale. Tra i suoi abati si ricordano Saba e Neofito nel 1349.

SORIANO: Sant’Angelo. Nel 1512 vi è il monaco Luca.

SQUILLACE: Sant’Angelo.  Non si conosce il luogo preciso. Opera nel secolo XIII. TRIOLO: Sant’Angelo. Diocesi Lamezia. Di probabile origine bizantina , ricorre in epoca normanna. E’ noto come “ San Michele”.

Anche le chiese dedicate i Calabria al culto degli spiriti celesti cominciarono ad essere numerose tra le più antiche ricordiamo quelle di Amantea (esiste già nel 1151), Reggio ( nel 1310 vi è cappellano Filippo Matua), Celico 1357 e poi via via Aprigliano, Crosia, Altilia, Cosenza ( 2 chiese), Paterno Calabro, Rende, Acri, Rossano, Bisignano ( 3 chiese), Corigliano, Longobuco ( di domenica i fedeli vi si riunivano per le pie pratiche spirituali). Nel 1551 la chiesa di sant’Angelo de monte di Nicotera figura tra le chiese diocesane  per lucrare le indulgenze giubilari dell’anno santo indetto da papa Giulio III. Certo l’intervento magisteriale di paolo V che nel 1608 ha istituito la festa liturgica ha avuto il suo peso per un ulteriore ripresa di attenzione verso il culto angelico e gli angeli custodi. Nel secolo XVII, per esempio, nell’ Arcidiocesi di Rossano dedicate agli angeli custodi sorgono chiese a Longobucco e a Corigliano ( nel 1698 vi è rettore don Geromino Adimari). Oggi parrocchie intitolate agli Angeli custodi si riscontrano a:

BADOLATO MARINA, Arcidiocesi Catanzaro- Squillace. Venne istituita nel 1956 dall’arcivescovo Armando Fares in visita di un progetto in una specie di Sant’ Andrea Jonio e Santa Caterina allo Jonio. In effetti negli anni successivi si aggiunsero alla parrocchia di San Michele Arcangelo  esistente ad Isca Marina, rispettivamente le parrocchie di San Raffaele e san Gabriele. La parrocchia di Badolato fu in cura dei Padri Conventuali; da allora è affidata al clero diocesano.

LONGOBUCCO, Arcidiocesi Rossano- Cariati. La parrocchia esistente ad ab immemorabile è stata soppressa nel 1986 in attuazione del Concordato del 1984 tra la Santa Sede ed il Governo italiano. La fiducia nella protezione angelica ha portato anche al sorgere di confraternite a :

REGGIO CALABRIA: Sant’Angelo di Grimaldi. Eretta nel 1483, nel 1584 sarà nuovamente riorganizzata e rilanciata.

CATANZARO: Sant’Angelo Custode. Eretta nella chiesa di Santa Caterina. Il 1606 ottiene un’indulgenza plenaria da lucrare nella dedicazione di San Michele arcangelo e di san Lorenzo.

SCIGLIANO: Sant’Angelo Custode. Nel 1607-1608 ottiene un’indulgenza.

In Calabria il culto si deve ai bizantini, che avevano in San Michele uno dei santi patroni e protettori. Furono, però, i longobardi i maggiori diffusori della devozione all’arcangelo, all’intervento del quale attribuiscono il merito della loro vittoria navale sugli arabi, avvenuta l’8 maggio 663 sulle coste del Gargano. Anche in Calabria si attribuì al patrocinio di  San Michele la vittoria riportata intorno all’850 dalle forze unite longobarde- amalfitane e locali sui saraceni al valico della Contessa, presso l’antico Borgo Sant’Angelo di  Cetraro ( Cs), dove gli islamici erano stati attratti con uno stratagemma e poi accerchiati ed annullati.  Per gratitudine all’arcangelo le terre dove avvenne lo scontro furono destinate ad usi civici con la denominazione “ demani di San Michele”. Nel Medioevo gli vennero intitolati molti eremitaggi ed oratori monastici. Il monaco San Cristoforo di Colesanto, intorno alla metà del secolo X costruì una chiesa a San Michele nella regione monastica del Mercurion, ai confini calabro-lucani. San Nicodemo ( 900-990) fondo un oratorio a San Michele nella zona di Mammola nel reggino. San Nilo di Rossano ( 910-1004) si ritira a vita eremitica più rigida nella grotta solitaria di san Michele, nei paraggi di Orsomarso o Laiano. San Fantino il giovane ( 927-1000) mentre si trovava tra i monaci del Mercurion volle recarsi in pellegrinaggio alla grotta di San Michele sul Gargano, camminando 18 giorni senza mai mangiare anche San Francesco di Paola( 1416-1507) lo scelse come patrono dell’Ordine dei Minimi dopo una visione in cui l’arcangelo gli consegnò lo scudo con la scritta Charitas.  Non mancano casi di miracoli attribuiti all’intervento di San Michele. A Tropea, per esempio, l’8 maggio 1773 mentre si stava svolgendo la processione del santo, dal cannone che sparava a salve per la festa partì un colpo che stava per schiantarsi  sul corteo dei fedeli. Come per incanto il proiettile miracolosamente si bloccò nell’aria consentendo alla folla dei devoti di allontanarsi evitando così una carneficina. Un caso singolare collegato al culto di San Michele si  verificò nella seconda metà dell’Ottocento con i cosiddetti Santi di Bocchigliero. L’arcangelo sarebbe  apparso in visione a Leonardo Filippelli per annunciargli che sarebbe sceso per schiacciare il diavolo ed avviare un’era nuova in cui sarebbero  cessate le violenze e le discordie , gli incesti e le immortalità di ogni tipo, i furti, gli omicidi ed ogni forma di sopraffazione. Con un gruppo di adepti elevarono nella chiesa matrice un altare con un dipinto di San Michele nell’atto di colpire il demonio con la lancia. Strada facendo la setta andò crescendo lontano dalla chiesa preferendo svolgere i riti nelle loro case. Se inizialmente il fenomeno venne tollerato, con l’andare del tempo cominciò a preoccupare non solo le gerarchie ecclesiastiche. Tra pseudo misticismo e fanatismo religioso, i santi passarono ad una fase di delirio promettendo miracoli, dicendosi chiamati da Dio a fondare una nuova religione secolare, praticando riti iniziatici segreti che portarono all’uccisione di una donna e ad altre forme di grave vessazione. La condanna dei responsabili e l’intervento dell’arcivescovo di Rossano, mons. Pietro Cilento, mise fine alle farneticazioni. Nelle ritualità, accanto a tutto questo , non si può purtroppo ignorare l’uso distorto che dell’immagine di san Michele ne fa la malavita organizzata calabrese nei suoi riti iniziatici per i criminali. Ancora oggi per entrare a far parte dell’organizzazione bisogna pungersi il dito o il braccio con un ago  o con un coltello, facendo cadere qualche goccia di sangue sull’immagine di San Michele arcangelo, ritenuto protettore della ndrangheta, che viene poi data alle fiamme, in ossequio ad una simbologia tesa a garantire fedeltà e rispetto del vincolo di assoggettamento alla cosca. Con altra procedura si tiene il battesimo del locale. Davanti a tutti i congregati seduti il capo ndrina pronuncia la formula: “A norme della società organizzata e fidelizzata battezzo questo locale come lo battezzeranno  i nostri antenati Osso, Mastrosso e Carcagnosso, che lo battezzarono con ferri e con catene. Io lo battezzo con la mia fede e lunga favella. Se fino a questo momento lo conoscevo per un locale oscuro, da questo momento  lo  riconosco per un locale sacro, santo e inviolabile, in cui si può formare e sformare questo onorato corpo di società”.

A questo punto  vengono portate via a ciascuno le armi, dicendo ogni volta: “ A nome del nostro severissimo San Michele arcangelo, che portava in una mano la bilancia e nell’altra la spada, vi sequestro l’armatura”. Il rituale dei malavitosi poi continua molto minuzioso. Certamente san Michele non vuole assolutamente tali riti malavitosi a suo nome!!! Una devozione, quella di san Michele, così intensa e sentita in Calabria non poteva non avere riflessi anche in ambiti non strettamente religiosi, ma comunque importanti della vita sociale del popolo calabrese. Già fin dall’antichità, tra l’altro, la festa del santo era posta come  scadenza di pagamento. Nel 1379, per esempio, il vescovo Andrea di Cassano promette di saldare la decima papale di 100 fiorini “ pro communi servitio et quinque minuta servitia”. Pagando una rata nel mese di maggio e l’altra “ in festo Sancti MIchaelis”.  Il vescovo di Nicastro, Paolo, nel marzo 1410 promette di saldare il suo debito di 300 fiorini d’oro della decima papale” “ in festo Sancti Micheelis de mense septembris proxime futuro”. La stessa cosa in quell’anno fa il vescovo Lorenzo di Crotone.   Nei nostri tempi la mistica calabrese Natuzza Evolo, morta ad 85 anni in concetto di santità il primo novembre 2009, era particolarmente legata agli spiriti celesti. Anzi riguardo a  tutto il suo apostolato esterno di soccorso alle tantissime persone che si rivolgevano a lei per consigli ed aiuto, si può certamente dire che esso si basava soprattutto sul dono di Dio di poter vedere costantemente oltre il proprio angelo custode anche gli spiriti celesti di coloro che si rivolgevano a lei, Natuzza ha sempre affermato che la profondità delle sue risposte e dei suoi consigli provenivano non dalle proprie capacità ma dall’essere in contatto con gli angeli di Dio. Nicola Valente,  il primo biografo della Evolo nel 1950, halasciato un’efficace testimonianza sulle sue visioni angeliche: “Gli angeli li vede col corpo umano, fulgido e bellissimo provvisto di ali e capelli biondi, lunghi e inanellati, che Iddio fa prendere loro onde possano essere vistoi dai terreni. Quando Dio lo permette, vede l’angelo custode di ciascuno di noi a destra col vestito aureo o azzurro o bianco. Quest’angelo, avendo il compito di aiitarci a supewrare le tentazioni e di confortarci durante le pene del Purgatorio, ci accompagna fino all’assunzione in Paradiso, o ci abbandona all’atto della morte nel caso di dannazione, ricevendo poi in custodia un altro spirito. L’angelo custode di ciascun sacerdote lo vede a sinisytra, e sta a sinistra perché, essendo i sacerdoti ministri di Dio, vengono considerati superiori agli angeli come ministri, pur essendo come uomini, imperfetti o perfetti, inferiori…”. Da quest’ultimo dettaglio Natuzza identificava al primo sguardo, baciando poi la mano, diversi preti presentatisi a lei in abiti laici, spesso con lo scopo di  mettere alla prova i “doni” della carismatica. E come accaddeva con Padre Pio, anche diversi figli spirituali della Evolo rammentano di aver ricevuto aiuto e conforto dopo aver invocato il proprio angelo, perché presentasse le raccomandazioni di quest’ultima. Alcuni sostengono di aver addirittura avvistato la creaura eterea venuta in soccorso o di averne avvistato la presenza. In ogni caso è impressionante l’analogia tra il santo di Pietrelcina e la  mistica di Paravati in questo rapporto diretto con gli angeli custodi, che, nei loro insegnamenti, esortano a pregare come efficaci e sempre solerti ausiliari di fronte ai pericoli del demonio e alle difficoltà e tentazioni della vita. Una volta, a colloquio con un angelo, la Evolo sentendosi raccomandare di essere “sempre buona , umile e caritatevole”, chiese come avrebbe potuto fare la carità dal momento che lei e suo marito Pasquale non avevano neppure il denato sufficiente per il proprio mantenimento. La risposta, da lei rivelata come sprone all’amore verso Dio e verso il prossimo, fu, come un largo sorriso della creatura celeste: “Eì meglio essere povera di ricchezze terrene e non di animo e di fede; prega per tutto il mondo è la migliore carità. Di a tutti i fedeli di maria che preghino se vogliono che il Divin Re Salvatore dia soddisfazione ai loro cuori”. A queste parole della prima metà degli anni Quaranta seguì un messaggio ancora più preciso affidato alla misrtica circa vent’anni dopo da san Michele, il suo angelo custode: “Non vi è cosa più bella in questa Terra che amare Dio con tutto il cuore. E in punto di morte il più grande rimorso è di non essere santi. Minuto per minuto fare tutto per amore”. Anche i colloqui di Natuzza con il suo angelo custode, entità celeste alla quale la mistica si rivolgeva spesso pure per sostenere le persone bisognose e per chiedere spiegazioni, si intensificarono con gli anni- a lungo lei volle tenere segreta l’identità di questo speciale protettore celeste guida e assistente a un tempo, che in tanti modi diversi l’ha scortata e confortata nella sua difficile missione. Poi, avendo Gesù stesso nominato lui, il suo angelo, in un messaggio affidatole nella Quaresima del 1996 perché fosse rese noto, non si oppose più a divulgarne il nome: era l’Arcangelo Michele, secondo la tradizione biblica, santo principe dei cherubini a capo della milizia celeste che sconfisse le forze del male. Ma a chi colse in questa “presenza” accanto a lei un segno di privilegio o distinzione, la Evolo con umiltà spiegò: “E’ perché io ho molte tentazioni”. Parole semplici, le più modeste possibili, per dire che se da un lato c’era l’Arcangelo Michele a proteggerla, dall’altro Natuzza aveva più volte visite – quando non subiva aggressioni violente sul piano fisico, con tanto di fratture e ferite – da parte del demonio: e questo avveniva con caratteristiche molto simili a quelle riscontrate nell’esperienza di Padre Pio da Poietralcina. La fama del legame tra la ragazza di Paravati e le creature angeliche si diffuse rapidamente poco dopo le sue nozze con Pasquale Nicolace. La terza notte dal rientro di Pasquale dalla Puglia, la notte seguente l’apparizione della Madonna con Gesù e san Giovanni, si verificò uno strano episodio. Mesiano, un altro suo biografo, l’ha descritto così: “Un coro soave e melodioso di voci per un raggio di oltre centro metri fu udito dai vicini e dai passanti che si assieparono presso la porta di casa della Evolo”. Da allora, durante le sue trance, che si ripetevano nella sua casa più o meno ogni sera e al cospetto di vari visitatori, in molti hanno sentito distintamente lo stesso coro di voci celestiali, “di bellezza inimitabile”, levarsi dal petto e dalle labbra della mistica in stato di totale incoscienza. Giuseppe Bartulli e Fortunato Rotella entrambi di Mileto, hanno affidato la loro testimonianza su questo a Marinelli che ha scritto vari volumi di testimonianze sulla Evolo. Ma è rimasto un ricordo vivo di queste inspiegabili melodie anche tra molti anziani di Paravati, che vi assistettero, e ai figli della mistica (A questi ultimi, anni dopo , Natuzza avrebbe detto, perché non si impressionassero, che quei canti uscivano dalla radio, dimenticata accesa). Quel canto angelico del 17 gennaio, comunque, fu un segnale per l’intera comunità paravatese: qualcuno continuò a guardare con differenza alla giovane sposa, ma i più smisero di considerarla una pazza e inizarono a vederla come un punto di riferimento per diversi affanni. Innanzitutto per avere notizie di parenti defunti, il più delle volte giovani morti in guerra, poi per i guai di salute, per grosse difficoltà legali, e così via, chiedendone consiglio o preghiere speciali. Natuzza accoglieva tutti e rispondeva a tutti, con incredibile proprietà di linguaggio e mostrando di conoscere in modo dettagliato le cose: ma lei sosteneva con candore di non fare altro che ripetere ad alta voce quanto le suggerivano gli angeli in quanto lei era ignorante anzi “ un verme di terra” come amava definirsi. Lei  vedeva un angelo dietro chiunque si rivolgeva a lei , tranne di venerdì , giorno in cui accusava una sorta di blackout settimanale in questa facoltà percettiva, perché in quel giorno gli angeli sono in adorazione della Croce .

La signora Luciana Paparatti di Rosarno dichiara: “Tempo fa mio zio Livio, il farmacista, stava facendo una cura contro il colesterolo. Un giorno, andando da Natuzza, portai con me zia Pina, la moglie di zio Livio. Quando fummo ricevute, la zia le disse: “Sono venuta per mio marito, vorrei sapere se le medicine sono giuste, se ci siamo affidati ad un buon medico…”. Natuzza la interruppe, dicendo: “Signora, ve ne state preoccupando troppo. C’è solo un po’ di colesterolo!”. Mia zia diventò tutta rossa e Natuzza, come per scusarsi, le disse: “L’angioletto me lo sta dicendo!”. La zia non le aveva parlato di colesterolo, aveva solo chiesto se la terapia era giusta e il medico bravo”.

Il professor Valerio Marinelli, docente universitario di ingegneria, da tutti riconosciuto come il maggior biografo della mistica calabrese dichiara: “In numerosissime occasioni ho personalmente constatato come Natuzza, dopo che le si è posto un quesito, attenda qualche attimo prima di rispondere, fissando spesso lo sguardo non sulla persona che le parla, ma su un punto vicino ad essa, ma soprattutto ho riscontrato come davvero ella è capace di dare immediatamente risposte illuminanti su questioni complesse e difficili sulle quali chi la interoga spesso non sa nulla, ed alle quali sarebbe arduo rispondere anche dopo lunghe riflessioni. Natuzza centra immeditamanet il problema e ne suggerisce la soluzione, quando vi è una soluzione; moltissime volte ho potuto poi verificare, certe volte non subito ma dopo un intervallo più o meno lungo di tempo, come davvero lei aveva ragione ed aveva risposto ottimamente. Questa velocità di giudizio su problemi di cui lei, obiettivamente, non possiede, dal punto di vista umano, gli elementi di giudizio, l’acutezza, l’intelligenza, la sinteticità e semplicità delle sue risposte, sono, a mio parere,  del tutto eccezionali e superumane, tanto che credo esse possano costituire una valida prova della sua reale capacità di colloquiare con gli angeli, spiriti puri ai quali sempre i Dottori della Chiesa hanno attriobuito intelligenza superiore, potenza e santità”.

Natuzza afferma che ognuno di noi ha un angelo custode personale, che ci assiste durante tutta la nostra esistenza, ed anche oltre la vita terrena, solo dopo il raggiungimento della meta finale il nostro angelo custode ritorna al posto suo originario nella gloria del Padre.

La signora Mercuri di Rosarno testimonia: “Una volta, mentre mi recavo a Mileto, passai da Natuzza, assieme a mia figlia Cinzia, che aveva allora otto anni. chiesi a Natuzza: “Natuzza, vedete qualcosa?” e lei: “Sì., vedo l’angelo della bambina”. “Sì?”, dico io e lei rivolgendosi a mia figlia: “Senti, ma perché tu rispondi male a mamma tua?”. Ed io: “Sì, talvolta mi risponde in un modo così sgarbato che sembra un diavoletto!”. E Natuzza: “Non c’è bisogno che me lo diciate voi, me lo sta dicendo l’angelo. Tu non devi rispondere così a tua mamma, devi essere più gentile!”. Una settimana dopo, di mattina, verso le dieci, mentre eravamo a casa, Cinzia, non ricordo più per quale motivo, mi diede una risposta sgarbata. Io le dissi: “Ma perché fai così, se ora ci fosse qui Natuzza, ti direbbe che al posto dell’angelo, hai il diavolo!”. Cinzia, arrabbiata, mi rispose: “La smetti con Natuzza!” ed io: “Vuoi vedere che ora la chiamo e mi risponde?”. Cinzia, di scatto, disse: “Chiamala!” ed io: “Natuzza, vedi come fa Cinzia, dai un segno nel bagno!”. Di colpo, qualche istante dopo, sentiamo provenire dal lavandino del bagno un rumore violento, secco e forte, tale da metterci addosso una grande paura. Qualche tempo dopo tornai da Natuzza, ma non pensavo  minimamente a quel fatto. Natuzza mi disse: “Signora, prima mi chiamate e poi vi impaurite!”. “Ma quando, Natuzza?”. E lei: “Non vi ricrodarte? Quando mi avete chiamato per la bambina, per l’angelo! Io ero presente!”.

La signora Rosa Galeso di Gioia Tauro ha raccontato: “Quando ero ragazza, fui bocciata all’esame di licenza media. Mi ritirai e l’anno seguente mi presentai all’esame come esterna. Mi ero preparata, ma ero molto preoccupata per la matematica, di cui sapevo ben poco. La prova scritta mi fu passata da una compagna, ma poi venne il momento degli orali. La professoressa mi diede una espressione da sviluppare, ma io non sapevo da dove incominciare. Ad un certo punto mi sentii come prendere la mano da qualcuno e svolsi perfettamente l’intero esercizio. Io, mentre ciò avveniva, mi feci tutta rossa dalle vergogna perché pensavo che mia mamma mi doveva aver raccomdandato con la professoressa e che lei, prendendomi la mano con la sua, mi stava aiutando in quel modo così strano. Ma non appena l’intero esercizio fu svolto, mi accorsi che la professoressa era intenta a parlare con una sual collega e non badava affatto a me. Venni promossa grazie a quell’aiuto misterioso. A distanza di molti anni, raccontai questo episodio a Natuzza, e lei mi speigò: “E’ stato il vostro angelo custode. Pregate sempre l’angelo custode, perché non lo pregate mai?”. La signora Anna Suriano di Vibo Valentia ha narrato: “Una sera ero disperata perché mio figlio stava molto male, con delle difficoltà respiratorie. Mi misi ad invocare Natuzza dicendole: “Natuzza, tu tutti aiuti, prega anche per mio figlio, manda l’angioletto per aiutarlo!”. Poi mi addormentai, ma, nel corso della notte, mi svegliai e vidi proprio in un angolo della stanza, un bambino meraviglioso, vestito di bianco, più bello di tutti i bambini belli che avessi mai visto, scendere lentamente verso il basso, come se galleggiasse in aria. Aveva le ali ed una candela accesa nelle mani. Io esclamai: “Aiuta, aiuta il bambino mio!”. E lui subito sparì. In seguito Natuzza mi spiegò che era l’angioletto di mio figlio che si era fatto vedere per tranquillizzarmi”.

Fra le pagine rinvenute di Don Giovanni Capellupo, confessore di Natuzza, abbiamo questa testimonianza sul rapporto della donna calabrese con gli spiriti celesti: “Natuzza mi ha detto: “Sabato sera 22 giugno 1946 ho visto la Madonna e le domandai di darmi una risposta. Mi rispose: “Fra un momento ti maderò l’angelo custode e ti riferirà quello che io ho detto a lui”. Poi le domandai perché non mi diceva più niente e mi rispose che se ne doveva andare. Le domandai perché non mi dava la benedizione come le altre volte e se il motivo era dovuto a qualche peccato e mi rispose di mantenermi sempre nello stesso modo che mi avrebbe sempre dato la santa benedizione. Poi scomparve. Era sollevata qualche mezzo metro in mezzo alla camera ed io ero vicino alla finestra. Dopo un poco è apparso l’angelo. Appena l’ho visto mi sono spaventata e lui mi disse: “Calmati, non aver paura. Io sono l’angelo custode. Tu vuoi bene a Gesù?”. “Sì”, ho risposto. “Tu vuoi bene alla Madonna?”,. “Sì”, ho risposto. “Anche loro ti hanno voluto e ti vogliono bene”, poi, in riferimento alle domande di un giovane mi disse: “Nessuno meglio di me può leggere il suo pensiero. Il suo ideale e tutti noi piace, ma è molto complicato”. La Madonna ha detto riguardo a questo giovane: “Vuole essere fedele con la Madonna e con Gesù, ma deve offrire realmente il suo cuore, affinchè tutto quello che lui vuol fare venga confermato da Gesù Cristo. Che preghi, dia buoni esempi, sia umile e caritatevole, dimostrando così di essere figlio fedele a Dio e alla Madonna”. Poi l’angelo mi disse ancora: “Vi sono in Cielo più padri e madri che non zitelle. I santi si possono fare pure nelle grotte”. Poi a me disse: “Sii sempre buona, umile e caritatevole”. Io ho risposto: “Se sono povera come posso fare la carità?” e l’angelo, sorridendo, mi rispose così: “E’ meglio essere povera di ricchezze terrene e non di animo e di fede. Prega per tutto il mondo. E’ la migliore carità. Diglielo a tutti i fedeli di Maria che preghino se vogliono che il divin Re salvatore dia soddisfazione ai loro cuori”. Poi gli domandai quale angelo era e mi rispose che era l’angelo custode del giovane e scomparve”.

Una volta un padre gesuita volle conoscere Natuzza e si recò da lei in incognito, indossando degli abiti civili. Parlò di vari argomenti e poi, dopo averle detto che stava per sposarsi, le chiese un consiglio ed un parere sulle sue imminenti nozze. Natuzza allora si alzò in piedi e, inchinandosi, gli baciò la mano. Il gesuita, stupito per qule gesto, chiese spiegazioni e Natuzza gli rispose: “Voi siete un sacerdote”. Il prete replicò che non era vero ma Natuzza aggiunse: “Vi ripeto che siete un sacerdote, un sacerdote di Cristo; lo so perché quando sete entrato ho visto che l’angelo vi dava la destra. Mentre con tutti gli altri l’angelo è alla sinistra”.

La signora Carmela D’Amato di Vibo Valentia ha dichiarato: “Domenica 11 dicembre 1988 Natuzza mi diede una lettera chiusa, pregandomi di leggergliela. La aprii e vidi che si trattava di una lettera in francese, che le avevano mandato da un monastero del Carmelo. Io lessi il testo ad alta voce, e, con mia grande meraviglia, ebbi a constatare che Natuzza, come un’interpete simultaneo, subito dopo la mia lettuta di ogni singola frase, dava la traduzione italiana perfetta, senza omettere alcuna parola. La signora in questione riporta il testo francese di tale lettera e indubbiamente si notano alcune parole difficili da tradurre senza dizionario, anche per chi ha studiato bene il francese a scuola. Natuzza, come è noto, era analfabeta e a stento parlava la lingua italiana, figurarsi il francese! Sempre il professor Marinelli afferma: “Il 25 – 6 – 1985 Natuzza ci ha detto: “Io vedo l’angelo custode di quasi tutte le persone che vengono da me. Di alcuni non lo vedo, o non lo vedo sempre, ma questo non vuol dire che l’angelo non c’è, ma per motivi che non conosco non si fa vedere da me. Io ripeto solo quello che l’angelo mi dice. Ad esempio se una mamma mi chiede talvolta: “Di che è morto  io figlio?”, e dice questo per provarmi, l’angelo mi risponde: “Lei lo sa già!”, ed io dico a quella persona: “Voi lo sapete”. Natuzza afferma di vedere gli angeli sotto forma di bambini bellissimi, luminosi, sollevati da terra. Questa visione è molto simile all’angelo come, già abbiamo visto, veniva descritto da santa Francesca Romana. Inoltre Natuzza, come faceva anche Padre Pio, esorta le persone che a lei si rivolgono, di chiedere il suo aiuto e le sue preghiere tramite il proprio angelo custode.

La professoressa Tita La Badessa di Vibo Valentia a questo riguardo ricorda: “Un giorno io ero preoccupatissima perché mia madre, che era ammalata, si trovava a Milano presso un mio cugino ed io non riuscivo a telefonarle: il telefono risultava sempre occupato. Temetti che forse avevano ricoverato d’urgenza in ospedale mia mamma. Natuzza si trovava in vacanza e non era ancora rientrata a Paravati. Allora io pregai il mio angelo custode: “Diglielo tu a Natuzza che sono disperata!”. Dopo un po’ mi sentii pervadere da una tranquillità interiore, come se vi fosse qualcuno a dirmi: “Stai calma”, e mi venne in mente che forse il telefono di mio cugino era semplicemente fuori posto. Dopo cinque minuti mi telefonarono i miei parenti da Milano e mi spiegarono che il loro telefono, a loro insaputa, era fuori posto, e non era accaduto nulla di grave. Quando poi vidi Natuzza le dissi: “L’altro giorno vi ha chiamato l’angioletto?”. E lei: “Sì, mi ha detto: “Tita ti invoca, è preoccupata!”. Hai visto che si è sistemato tutto! C’è bisogno che ogni volta ti agiti tanto?”. Sempre la professoressa La Badessa: “Una notte rimasi sola a casa e, poiché era la prima volta che dormivo sola, ero inquieta. Non sapevo cosa fare e accendevo la luce ela spegnevo. Poi decisi di mettermi a letto, ma poichè non riuscivo ad addormentarmi,. Presi le carte e mi misi a giocare da sola, ma l’inquietudine non voleva andarsene. Ad un certo punto, oltre la mezzanotte, dissi al mio angelo custode: “Angioletto, vaglielo a dire a Natuzza, che non ce la faccio più!”. Poco dopo, di colpo, mi sentii serena ed anzi mi sembrò di percepire la presenza di Natuzza. Mi sembrò anche se non la vedevo con gli occhi che lei si fosse seduta sopra la poltroncina accanto al mio leto e che avesse i piedi incrociati, come usa lei, e con le braccia conserte. Mi rilassai ed a poco a poco mi addormentai. Quando poi incontrai Natuzza in carne ed ossa, le chiesi se fosse veramente venutad a me, ed ella mi rispose: “L’angelo mi ha svegliato mentre dormivo. Svegliati, svegliati, Tita ha bisogno di te e t’invoca”, così sono venuta da voi e vi ho fatto compagnia, finchè non vi siete addormentata”. “Ma eravate seduta sulla poltroncina?”. “Sì”.

Il dottor Salvatore Nofri di Roma testimonia: “Ero nella mia abitazione di Roma, inchiodato a letto da diversi giorni a causa di una lombosciatalgia che non mi consentiva di camminare. Depresso ed amareggiato per essere impossibilitato di andare a trovare mia madre, ricoverata in ospedale, la sera del 25 settembre 1981, alle ore ventuno e trenta, dopo aver recitato il Rosario, pregai il mio angelo custode di andare da Natuzza. Mi rivolsi a lei con queste precise parole: “Ti prego, vai a Paravati da Natuzza, dille di pregare per mia mamma e di darmi, con un segno a suo piacere, la conferma che tu mi hai obbedito”. Non erano trascorsi cinque minuti dall’invio dell’angelo che percepii un meraviglioso, indefinibile profumo. Ero solo, nella camera non c’erano fiori, ma io, per oltre un minuto, respirai profumo: come se una persona, vicino al mio letto, dalla destra, alitasse profumo verso di me. Commosso ringraziai l’angelo e Natuzza con cinque Gloria”.

La signora Silvana Palmieri di Nicastro asserisce: “Conoscevo Natuzza da qualche anno e sapevo ormai che ogni qualvolta avessi bisogno della sua intercessione per una grazia, potevo rivolgermi a lei con fiducia. Nel 1968, mentre eravamo a Baronissi (SA) in villeggiatura, durante la notte mia figlia Roberta venne colta da un improvviso malore. Preoccupata mi rivolsi al mio angelo custode affinchè potesse avvisare Natuzza. Dopo circa venti minuti la bimba stette già meglio. Al nostro ritorno dalla villeggiatura andammo a trovare, come è nostra abitudine, Natuzza. Lei stessa, ad un certo punto disse, specificandomi l’ora, di aver ricevuto la mia chiamata tramite l’angioletto. Tante altre volte questo si è verificato, ed ogni volta che ci siamo riviste, è stata sempre lei a dirmi di aver ricevuto i miei pensieri per lei”. Patrizia Ariosto  di Catanzaro guarita nel 1988 da un carcinoma maligno ritenuto incurabile sia all’ospedale di Soverato sia al Sant’Orsola di  Bologna, ha raccontato  di aver visto una notte ai piedi del suo letto nel reparto in cui era ricoverata una strana figura maschile alta e dallo sguardo penetrante, vestita di bianco, che le infuse un’immediata e inspiegabile serenità, proprio qualche giorno prima che la mistica calabrese confermasse al cugino dell’ammalata l’avvenuta guarigione, aggiungendo: “Le ho mandato il mio angelo custode per aiutarla”. Rosa Stirparo di Vibo Valentia, invece, insegnando in un asilo faceva pregare ogni giorno  i bambini perché la Madonna sostenesse Natuzza nel suo apostolato e una mattina si sentì dire dalla mistica: “L’angelo mi ha detto di ringraziare te e i bambini per le preghiere alla Santa Vergine”. Una altra conterranea e figlia spirituale di vecchia data della Evolo, Mela D’Amato, mentre leggeva una lettera in francese su complessi religiosi ad alta voce e tentava di “decifrarla” con l’aiuto del dizionario, sentì Natuzza, del tutto analfabeta, tradurgliela all’impronta. Di fronte al suo stupore, lei replicò semplicemente: “Me l’ha dettata l’angelo”. Un altro episodio eclatante l’ha raccontato a chi scrive il secondogenito di Natuzza, Antonio Nicolace, oggi ultrasessantenne, che da ragazzino rimase chiuso nel forno a caldaia, sottostante la loro umile casa. Era un venerdì, giorno in cui la Evolo non riusciva a parlare con gli angeli, una sorta di penitenza, spiegò, per lei e per le stesse entità celesti che partecipavano col silenzio al ricordo della passione di Gesù. Allo scoccare della mezzanotte, tuttavia, Natuzza svegliò di soprassalto il marito e lo fece immediatamente correre di sotto perché l’angelo l’aveva avvertita che suo figlio Antonio era bloccato lì e si era addormentato, dopo aver gridato e tentato di aprire la porticina  invano.