Salerno: Asilo Politico “L’Italia non è un Paese per giovani”

Ogni anno, dai rapporti dell’ISTAT, il quadro nazionale che traspare è sempre più drammatico. Le nostre riflessioni e analisi sulle precarietà, povertà, specie nel Sud Italia, sono superate dai dati ufficiali pubblicati dall’ISTAT annualmente. Questi dati potremmo equipararli alla nostra opera analitica informativa e contro-informativa (volantini, giornale e sito) con molta facilità. Prima di riproporre i dati relativi al 2016, qualche riflessione diventa necessaria partendo dalla fase politica post vittoria referendaria del 4 Dicembre 2016. Nulla è cambiato, tutto è ritornato nei binari della banalità politica, caratteristica che ci contraddistingue in Europa. Da quando si dovevano cestinare le espressioni dei poteri forti locali, regionali e nazionali, gli stessi sono tornati rinforzati e sono ancora in grado di condizionare/peggiorare le condizioni di vita degli italiani. Quello che è più paradossale a seguito delle elezioni negli USA con Trump ed in Francia con Macron, il neo conservatorismo politico e finanziario europeo sembra aver ridato vita a quel quadro politico, in crisi sino a qualche mese fa. In salsa italiota la rigenerazione di Renzi ed il rispuntare del suo principale mentore, Silvio Berlusconi, sono il preludio sino al 2018 (possibili elezioni politiche) del clima politico da incubo che vivremo. Da Grillo a Gentiloni, da Salvini a Minniti che fanno a gara per superarsi nelle esternazioni e prassi da formazioni tipiche della destra e centrodestra, stanno riportando la nostra nazione a vivere un periodo politico del passato con l’allora Silvio Berlusconi che la faceva da padrone per i suoi conflitti d’interesse, intrecci politici/mafiosi e scandali rosa. Ritorno al passato, forse peggio, in quanto il passaggio del testimone dal Berlusconismo al Renzismo mantiene la nazione forse nella più squallida fase della Repubblica post fascista che vede nella struttura direttiva del P.D. dal Direttore dell’Unità (più squallido di Minzolini) e nel suo esercito di deputati, presidenti di Regione ecc. una vera e propria holding con  padri, madri, figli e cugini, impegnata unicamente nel sostenere l’interesse privato, abusando dei ruoli istituzionali. Mentre l’attività del Parlamento e delle principali formazioni politiche, è finalizzata a coprire le vicende giudiziarie del PD e a sfornare la legge elettorale “ad personam” Renziana, le condizioni di vita della maggioranza degli italiani peggiorano sempre più. Ad attestare tale considerazione trascriviamo integralmente il rapporto annuale dell’ISTAT: Italia Paese di impiegati e pensionati con sette giovani su dieci ancora a casa con i genitori e con la classi sociali che esplodono.

  • I due sottoinsiemi più numerosi sono quelli delle ‘famiglie di impiegati’, appartenete alla fascia benestante (4,6 milioni di nuclei per un totale di 12,2 milioni di persone) e delle ‘famiglie degli operai in pensione’, fascia a reddito medio (5,8 milioni per un totale di oltre 10,5 milioni di persone).
  • Il gruppo più svantaggiato economicamente è quello delle ‘famiglie a basso reddito con stranieri’ (1,8 milioni pari a 4,7 milioni di persone), seguono le ‘famiglie a basso reddito di soli italiani’ (1,9 milioni che comprendono 8,3 milioni di soggetti), le meno numerose ‘famiglie tradizionali della provincia’ e il gruppo che riunisce ‘anziane sole e giovani disoccupati’.
  • A reddito medio sono invece considerate oltre alle famiglie di operai in pensione, quelle di ‘giovani blu collar’ (2,9 milioni, pari a 6,2 milioni di persone). Nell’area dei benestanti, l’Istat inserisce oltre alle ‘famiglie di impiegati’, quelle etichettate ‘pensioni d’argento’ (2,4 milioni, per 5,2 milioni di persone). Il primo posto sul podio dei più ricchi spetta alla ‘classe dirigente’ (1,8 milioni di famiglie, pari a 4,6 milioni di persone).

Più disuguaglianze, le classi sociali esplodono.

“La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi, la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all’interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all’interno di esse”.

  • Quasi sette giovani under 35 su dieci vivono ancora nella famiglia di origine.
  • nel 2016 i 15-34enni che stanno a casa dei genitori sono precisamente il 68,1% dei coetanei, corrispondenti a 8,6 milioni di individui.
  • Crescono le famiglie senza lavoro – In Italia nel 2016 si contano circa 3 milioni 590 mila famiglie senza redditi da lavoro, ovvero dove non ci sono occupati o pensionati da lavoro.
  • Si tratta del 13,9% del totale, con la percentuale più alta che si registra nel Mezzogiorno (22,2%).

Non è un Paese per giovani.

  • L’Italia è un paese sempre più vecchio: al 1 gennaio 2017 la quota di individui di 65 anni e più ha raggiunto il 22%, collocando il nostro Paese al livello più alto nell’Unione Europea e “tra quelli a più elevato invecchiamento al mondo”.
  • L’Italia supera anche la Germania che per anni si è collocata ai vertici della classifica europea per quota di over-65 sulla popolazione complessiva. Sono in 13,5 milioni gli italiani che hanno più di 65 anni; gli ultraottantenni sono 4,1 milioni.

Quanto pesa il carrello della spesa.

  • La spesa per consumi delle famiglie ricche, della ‘classe dirigente’, è più che doppia rispetto a quella dei nuclei all’ultimo gradino della piramide disegnata dall’Istat, ovvero ‘le famiglie a basso reddito con stranieri’.
  • L’Istituto per le prime rileva esborsi mensili pari a 3.810 euro, contro i 1.697 delle fascia più svantaggiata economicamente.
  • Una capacità di spesa ridotta significa anche meno opportunità. “Malgrado una maggiore partecipazione al sistema di istruzione delle nuove generazioni dei gruppi svantaggiati rispetto a quelle più anziane, le differenze sono ancora significative”, fa notare l’Istat.
  • Ecco che “i giovani con professioni qualificate sono il 7,4% nelle famiglie a basso reddito con stranieri e il 63,1% nella classe dirigente”.
  • Le fratture che caratterizzano il Paese vengono confermate: “persiste il dualismo territoriale: nel Mezzogiorno sono più presenti gruppi sociali con profili meno agiati”. D’altra parte, spiega il Rapporto, “la capacità redistributiva dell’intervento pubblico è in Italia tra le più basse in Europa”.