La Gribaudi stampa “Le più belle preghiere agli angeli”

L’editore Gribaudi di Milano ha inviato in tutte le librerie d’Italia il testo curato da don Marcello Stanzione “Le più belle preghiere agli angeli” in una splendida veste tipografica. Per i cristiani è fondamentale pregare. Perché? La preghiera è importante: Perché senza la preghiera si perde la Fede. Perché senza la preghiera non è possibile la conversione-Per vincere le tentazioni-Per superare le difficoltà- Per realizzare i piani di Dio-Per ottenere grazia e misericordia per noi e per gli altri-Per ottenere la pace e la conversione dei lontani-Per comprendere i Doni di Dio, l’Amore di Dio, le realtà spirituali-Per trovare la gioia interiore-Per camminare sulla strada della santificazione-Per conseguire la vita eterna. Senza la preghiera non si può vivere perché è incontro col Signore, perciò la preghiera non può essere una pura e semplice recita di formule, ed è cosa molto importante e seria. Occorre dunque del tempo per pregare bene. Senza la preghiera non si può vivere perché è incontro col Signore, perciò la preghiera non può essere una pura e semplice recita di formule, ed è cosa molto importante e seria. Ma perché pregare i santi angeli di Dio? Perché sono le creature più eccelse, a contatto diretto con Dio, cui offrono i nostri sacrifici, le nostre pene, le nostre mancanze (leggasi il Libro di Tobia, con la splendida figura di san Raffaele arcangelo). Perché La devozione ai santi angeli ci stimola potentemente nella nostra ascesa quotidiana verso la santità. Bisognerebbe scrivere un’enciclopedia sui rapporti tra i santi e gli angeli perché è infinito il numero dei cristiani santi che hanno avuto una grande familiarità con gli spiriti celesti. Gli spiriti celesti sono i primi esseri creati da Dio. Il Concilio Lateranense IV del 1215, riguardo alla creazione degli angeli, affermava che Dio, nella sua onnipotenza aveva creato dal nulla, fin dall’inizio dei tempi, due ordini di creature, spirituali e corporali e precisamente gli angeli e il mondo. Il 1° comandamento del Decalogo recita testualmente: “Io sono il Signore tuo Dio, non avrai altro Dio, all’infuori di me”. Riguardo agli angeli, ciò significa che ad essi non può essere attribuita alcuna uguaglianza con Dio, che è l’unico ad essere perfetto. Gli angeli non furono creati in numero limitato, ma in numero talmente grande che noi non ne abbiamo idea precisa. E’ dalla Bibbia che noi cristiani attingiamo la vera devozione agli angeli e, leggendo la Sacra Scrittura, ci sembra di udire il fruscio delle ali degli angeli ad ogni voltare di pagina. Sono assai poco, infatti, i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento che non menzionino gli angeli, in gruppo o singolarmente, come adoratori dell’Altissimo Dio e mediatori tra il cielo e l’umanità. E’ necessario subito sottolineare che le preghiere che i cattolici rivolgono agli angeli non fanno parte del culto di latria che è riservato unicamente alla divinità, ma è culto di dulia, cioè le preghiere dei cristiani vengono rivolte agli spiriti beati in quanto essi sono servitori di Dio al quale l’atto di culto è propriamente indirizzato. Nella Chiesa furono molto prudenti nel permettere il culto agli angeli, infatti la diffusa mentalità magico-pagana faceva correre facilmente il rischio di confondere gli angeli, che sono esseri intermedi fra Dio e il genere umano, come piccoli dei di un nuovo pantheon cristiano. Inoltre, a causa anche dello gnosticismo che moltiplicava gli esseri spirituali e vedeva dovunque delle emanazioni della divinità, sfociando così in un larvato politeismo, i padri per evitare deviazioni e fraintendimenti dottrinali, tollerarono più che incentivare il culto degli angeli. I primi cristiani temevano la Cristoangeologia che era ben radicata presso la setta degli Ebioniti, che concepivano il Cristo come un angelo superiore creato dal Padre. Già ai tempi di San Paolo vi erano alcuni eretici presenti nella comunità cristiani di Colossi che consideravano gli angeli come veri e propri mediatori tra Dio e gli uomini, mettendo così in penombra l’opera redentrice di Gesù. Appena l’apostolo delle genti venne a conoscenza di tali eresie, scrisse una Lettera ai Colossesi dove affe4rmava decisamente la superiorità di Cristo sugli angeli in quanto Gesù è il Figlio unigenito del Padre, a differenza degli angeli che sono stati creati “da Lui per Lui”. In questo contesto storico si comprende esattamente il vero significato della frase paolina di Col. 2, 18-19: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale, senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio”. Nel 2° secolo dopo Cristo, sant’Ireneo scrive nel suo famoso trattato “Adversus Haereses”. “La Chiesa non fa alcunché né con invocazioni angeliche né con incanti né con alcuna prava curiosità, ma dirige in maniera pura e manifesta le sue orazioni al Signore che ha fatto ogni cosa”. In questo testo, sant’Ireneo combatte la teurgia, cioè la magia bianca che gli gnostici utilizzavano unita alle invocazioni angeliche per ottenere prodigi, mentre il nostro apologeta afferma che i cristiani si rivolgono solamente a Dio da cui provengono gli autentici miracoli. In un altro passo san Giustino, volendo dimostrare che i cristiani non sono atei, afferma che essi pregano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme alle armate degli angeli. Dopo l’Editto di Costantino del 313 e con il diminuire dell’influenza del paganesimo sulle masse, la posizione ufficiale della Chiesa nei riguardi della venerazione degli angeli divenne rigida. Nel IV secolo, san Eusebio di Cesarea, nella sua opera “Demonstratio evangelica”, così scrive: “Fra gli spiriti celesti, parecchi, grazie a una salutare economia, sono inviati agli uomini; noi abbiamo appreso a conoscerli e a venerarli in ragione della loro dignità e secondo il loro rango, pur riservando a Dio solo l’omaggio della nostra adorazione”. Didimo Alessandrino, nel IV secolo, afferma che sorsero chiese consacrate a Dio sotto il nome degli Arcangeli, nella sola città di Costantinopoli, ben 15 chiese erano dedicate a San Michele. Ad incrementare la devozione agli angeli contribuirono molto i Longobardi e ci fu un crescendo di tale culto finché nel 787 il Concilio ecumenico di Nicea II raccomandò ai fedeli di venerare l’immagine degli angeli. Nel XII secolo, san Bernardo diede alla devozione per gli angeli un particolare impulso, a riguardo degli spiriti celesti, il santo parla di: “Riverenza per la persona, devozione per la benevolenza, fiducia per la custodia”. San Bernardo commentando il verso 11 del Salmo 90: “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi”, esorta alla venerazione agli angeli affermando: “Queste parole quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per persona, devozione per la benevolenza, fiducia per la custodia, sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non solo con te, ma anche per te, ma anche per te. Sono presenti per proteggerti, sono presenti per giovarti”. Per San Bonaventura il cammino di maturazione della vita spirituale è un itinerario di incontro con gli angeli che porta all’unione con Dio Trinità. Dal secolo XIII si è diffusa la famosissima preghiera all’angelo custode (Angele Dei). “Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen”. Possiamo affermare sena paura di essere smentiti che la devozione agli angeli, specialmente a san Michele, è diventata nei secoli una delle devozioni più familiari al popolo cristiano insieme a quelle alla Madonna e a San Giuseppe. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, al n° 50, parlando della venerazione della Chiesa ai martiri di Cristo afferma che essa: “Li ha con particolare affetto venerati insieme con la beata Vergine Maria e i santi angeli e ha pienamente implorato l’aiuto della loro intercessione”. Nel Discorso di apertura del secondo periodo d’inizio del Concilio, Paolo Vi invocò la protezione e l’assistenza degli angeli a favore di quell’assemblea mondiale di vescovi. L’autorevole Catechismo della Chiesa Cattolica al n° 335 con queste testuali parole autorizza la venerazione ed il culto degli angeli: “Nella liturgia, la Chiesa, si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; invoca la loro assistenza e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi)”. Nella Colletta della festa dei santi arcangeli, il sacerdote prega: “O Dio che chiami gli angeli e gli uomini a cooperare al tuo disegno di salvezza, concedi a noi, pellegrini sulla terra, la protezione degli spiriti beati che, in cielo stanno davanti a te per servirti e contemplano la gloria del tuo volto”. Il senso esatto della venerazione dei cattolici per gli angeli è espresso nel Prefazio della messa in onore degli angeli dove il celebrante dice: “Noi proclamiamo la tua gloria, che risplende negli angeli e negli arcangeli. Onorando questi tuoi messaggeri, esaltiamo la tua bontà infinita. Negli spiriti beati tu ci riveli quanto sei grande e amabile, al di sopra di ogni creatura, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui tutti gli angeli proclamano la tua gloria”. Lo ribadisco ancora una volta: il culto degli angeli è un culto di dulia, mentre il culto di Dio è un culto di latria, tenendo ben distinta la natura dei due culti, c’è da osservare che esiste sempre un ordine ben definito nelle devozioni cattoliche. Come nelle famiglie terrestri il rispetto e l’affetto verso i nonni e gli zii non possono essere più grandi del rispetto e dell’affetto verso il proprio padre e la propria madre così nella famiglia celeste al primo livello del culto c’è la Santissima Trinità, poi, la Madonna e in seguito gli angeli ed i santi. Allora perché pregare gli angeli? Perché prendendo coscienza che questi spiriti celesti ci fanno compagnia, il nostro animo si riscalda nella lode alla Santa Trinità.

Cosimo Cicalese