Il lento cammino europeo

 Giuseppe Lembo

Siamo oggi al 2017. Un tempo nuovo rispetto al passato, per il cammino d’insieme di un’Europa dei popoli d’Europa sempre più traballante; sempre più negato al futuro dell’insieme europeo. L’UE dei nostri giorni, per i tanti mali che le cadono addosso, soprattutto nelle sue parti più deboli, con l’Italia in prima fila, non riesce più a garantire a tanta gente d’Europa, né sicurezza, né protezione sociale. È del 2002 la moneta comune (l’Euro), voluta inizialmente da 12 Stati diventati 19; altra tappa importante, l’ingresso nell’Unione fra il 2004 ed il 2007 di gran parte dei Paesi dell’ex blocco sovietico, con sulle spalle tristi condizioni di un malessere socialmente diffuso.  È del 2009, il Trattato di Lisbona, una quasi Costituzione europea. La spinta all’UE, in modo veloce e senza alcuna meditata attesa è del 1989, con la caduta del Muro di Berlino, un vero e proprio tsunami politico sull’intero continente, chiamato a dare risposte immediate e concretamente funzionali alle nuove, quanto inattese situazioni senza ritorno; situazioni che per l’urgenza, richiedevano soluzioni necessariamente sollecite. Sono questi, tra l’altro, gli anni di una grave crisi finanziaria, un secondo violento tsunami, di natura economica, con tra l’altro, nuove crescenti minacce da parte del terrorismo fondamentalista e di un’enorme movimento di rifugiati, assolutamente senza precedenti. Purtroppo a queste situazioni di disagio, l’UE non ha avuto l’intelligente capacità di dare risposte giuste e necessariamente univoche. Così non è stato! L’Europa non univocamente, ma attraverso i governi nazionali, ha dimostrato di non essere saggiamente unita, ma fortemente separata gli uni dagli altri sia nel combattere il terrorismo che le ondate migratorie. Anche se è sopravvissuta, non ha saputo dimostrare le sagge certezze di un insieme europeo, soprattutto per un futuro convintamente certo per i popoli d’Europa, impegnati con determinazione a vivere insieme per il bene condiviso di tutti i suoi membri. Questi avvenimenti tristi che lasciano il segno, in un’Europa, sempre meno unita e solidale. L’Inghilterra, sempre meno convinta dell’opportunità della presenza inglese nell’insieme UE, spinta tra l’altro, da crescenti rischi di disgregazione, sceglie la via della Brexit. Sono tante le incognite nel percorso del nuovo insieme europeo senza il Regno Unito e con, tra l’altro, le sollecitazioni diffuse di altri che minacciano di rompersi, vedendosi continuamente danneggiati dall’UE. Con questi scenari dalle acque fortemente agitate, l’Europa dell’UE, si prepara alle celebrazioni del sessantesimo anniversario. C’è da augurarsi, più che di celebrazioni con feste senza senso, rappresentino per tutti i Paesi dell’Unione, un’occasione di saggia riflessione per un rilancio utile al nuovo d’Europa; utile a percorsi condivisi di un’Europa saggiamente in cammino per garantire il bene ed il futuro di tutti i suoi membri; di tutti, nessuno escluso, moderando le egoistiche ragioni dei pochi per un assolutamente inopportuno tutto per sé. Tanto, determinandone, con il supporto dei tanti che si sentono traditi, un’irreversibile crisi di identità comune, con un’altrettanto forte crisi di legittimità dell’insieme, sempre meno insieme d’Europa. L’Europa si trova ad un punto veramente drammatico; alla base del malessere UE e dell’euroscetticismo, c’è, soprattutto, la sofferenza e l’indignazione per i gravi mali d’Europa che, cammin facendo, diventano mali drammaticamente gravi dei cittadini d’Europa che non vedono, prima di tutto, soddisfatte le esigenze basilari della gente d’Europa; tanto, in uno con i più generali e gravi problemi comuni riguardanti le frontiere, la difesa comune, l’insorgere, senza soluzioni, di gravi rischi economici e sociali, visti negativamente dai popoli d’Europa, dai tanti popoli di alcuni Paesi d’Europa in particolare che, ormai ne sempre più, si vedono abbandonati a se stessi e dal futuro sempre più negato. Una buona partenza per le concrete ed utili celebrazioni del sessantesimo anniversario, celebrato a Roma, potrebbe essere quello dei risultati del vertice del 6 marzo a Versailles, dove i leader dei quattro Paesi più grandi hanno comunemente e saggiamente condiviso, la futura prospettiva dell’UE, con alla base un’Europa più integrata sul piano della difesa e più attenta agli obiettivi sociali per gli Stati membri che vogliono assolutamente vivere, vivendo bene d’Europa e non morire, come sempre più spesso accade, d’Europa. Di un’Europa, maldestramente indifferente ai cittadini che vogliono camminare insieme nella solidarietà per un presente umanamente possibile ed un futuro altrettanto saggiamente possibile e non negato dai poteri forti di un’Europa che, sempre più spesso, non sa volere bene alla sua gente.