Napoli: 400 laici alla Scuola regionale Formazione OFS-GIFRA “Portatori di Pace”

Michele Gagliarde
Domenica scorsa, presso l’Istituto dei salesiani di Via Don Bosco a Napoli, si è tenuta la scuola regionale  di formazione OFS-GIFRA, un appuntamento che ha richiamato oltre 400 partecipanti tra  francescani secolari e giovani francescani provenienti da ogni parte della Campania, pronti a riscoprirsi “portatori di pace” sulla scia del messaggio dato da Papa Francesco che, in occasione della 50° giornata mondiale della pace, ha consacrato il 2017 come anno della “non violenza attiva”, seguendo a Sua volta l’esortazione di San Francesco d’Assisi: «La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori». Durante la mattinata, sotto la guida di Mons. Felice Accrocca, Arcivescovo di Benevento e profondo conoscitore del francescanesimo, i laici francescani hanno potuto riscoprire come la vocazione alla pace del loro fondatore, il Serafico Padre Francesco, nasce da una condizione di guerra provata sulla Sua pelle, prima con la battaglia di Collestrada del 1202 fra Assisani e Perugini durante la quale fu fatto prigioniero e poi nel 1204 con  la partenza per la campagna militare in Puglia. È proprio in quel momento che, dopo aver visto e vissuto personalmente gli orrori della guerra, qualcosa nell’animo di Francesco inizia a cambiare: prima ancora che arrivi a destinazione abbandona a Spoleto le Sue aspirazioni cavalleresche e torna a casa, tra la delusione della famiglia e la derisione del popolo. L’incontro col lebbroso che lo porterà sempre di più verso il Cristo,  sancirà definitivamente la conversione di un uomo che predica la pace perché ha sperimentato gli effetti devastanti della guerra. Un’aspirazione pacifica forte che si ritrova in tutti i Suoi Scritti, a partire dalla Regola non Bollata del 1221 dove, al cap. 56, raccomanda ai frati che vivranno tra i Saraceni di comportarsi in due modi: «Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio a e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio…». Una proposta di vita comune, totalmente opposta alle logica delle Crociate che imperversava al tempo, la quale risulta profetica persino per i tempi attuali, dominati dalla logica dello scontro e dell’esclusione del diverso, in un mondo «frantumato» da «una terribile guerra mondiale a pezzi» secondo le parole di Papa Francesco. Tuttavia la strada per la pace è costellata non soltanto da ostacoli esteriori che riguardano la relazione con gli altri, ma innanzitutto da conflitti interiori. «Finché uno non si riconcilia con sé stesso- sostiene infatti mons. Accrocca- non può portare la pace a nessuno». Ce lo testimonia San Francesco attraverso la sua Lettera a Frate Leone, un raro autografo del Santo conservato nel Duomo di Spoleto e databile alla fine del 1223, in un periodo difficile della vita del Poverello conosciuto come “Grande Tentazione”. La piccola missiva, analizzata sapientemente da mons. Acrocca, consta di due parti che da analisi paleografiche risultano scritte in due momenti differenti: nella prima parte Francesco sembra chiudere in un modo alquanto brusco l’Epistola, quasi dicendo a frate Leone e alla comunità che dopo questo breve scritto, il quale riassume a sua volta una discussione precedente avvenuta fra i due, non c’è bisogno più di alcun consiglio da parte Sua: «In qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza». Francesco in un primo momento sembra quasi voler chiudere i rapporti, poi ci ripensa: raschia il Tau che aveva messo a firma della Lettera e scrive nel poco spazio che gli rimane queste parole: «E se ti è necessario per il bene della tua anima, per averne altra consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!» In questa brevissima missiva è possibile scorgere la guerra interiore che scombussola l’animo del Poverello d’Assisi: in un periodo caratterizzato da contrasti profondi all’interno della fraternità, ormai aumentata a dismisura e quindi portatrice di punti di vista differenti, il Santo si isola interrompendo i contatti col prossimo e rifugiandosi nel pianto e nella preghiera solitaria. « Tuttavia Francesco -sottolinea Mons. Acrocca- riesce a reagire e supera questo conflitto mettendo l’altro prima di sé! La pace, come afferma Paolo VI nell’Enciclica Populorum Progressio di cui, proprio oggi, ricorrono i 50 anni,“non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento d’un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”». Un monito importante per tutti i cristiani e in special modo per i laici francescani, chiamati a fronteggiare i conflitti interni ed esterni assumendo una parte attiva nei contrasti e a testimoniare l’attitudine pacifica al dialogo ereditata dal Serafico Padre dapprima in fraternità e poi in qualsiasi contesto essi si trovino, in famiglia come a lavoro, all’università come  fra gli amici. Su questa scia si è mosso l’intervento del pomeriggio a cura dello psicologo dott. Giovanni Tagliaferro che con uno stile aperto e fuori dagli schemi ha guidato l’assemblea in un cammino alla riscoperta delle emozioni e fragilità proprie di ciascun essere umano. «Quando Gesù risorge- sostiene il dott. Tagliaferro- Egli fa vedere i segni della debolezza, come per dire che tu non puoi vincere se non hai perso. È solo attraverso il nostro essere segnati dalle tante ferite provocate dalla nostre guerre giornaliere che possiamo giungere alla pace. Nonostante la società di oggi ci voglia perfetti, accettare le proprie fragilità imparando a gestire le proprie emozioni è il primo passo per riconoscersi esseri umani ed intraprendere una  relazione autentica con noi stessi e con gli altri». Dopo la celebrazione eucaristica e i saluti di Antonio Nappi, ministro dell’Ordine Francescano Secolare della Campania e di Pierfrancesco Bruno, presidente della Gioventù Francescana di Campania-Basilicata, tutti i partecipanti  si sono messi in viaggio verso le proprie case, pronti ad essere “portatori di pace” nella quotidianità, testimoniando nelle loro realtà locali la ricchezza di quanto vissuto.