Rinite allergica, se la conosci… la curi!

La rinite allergica ha raggiunto in Italia una prevalenza superiore al 20%, ossia una persona su cinque attualmente risulta affetta da tale patologia. Può esordire a qualsiasi età, sia in età infantile che, seppur più raramente in età avanzata, ma il picco di incidenza si riscontra fra i 15 ed i 30 anni, e le donne risultano lievemente più colpite degli uomini. Come tutte le patologie allergiche anche la rinite allergica è in costante aumento ed ormai è evidente come la predisposizione genetica (presente quando uno o tutti e due i genitori di un paziente in esame soffrono di patologie allergiche) risulti un fattore secondario rispetto ai fattori ambientali (stile di vita, inquinamento, esposizione ad allergeni, ecc…) nell’indurre lo sviluppo di malattie allergiche. Questo è stato dimostrato in recenti studi fatti su popolazioni di immigrati extracomunitari e sui loro figli nati in Italia, dai quali non si apprezzano differenze, anzi, nel primo caso gli adulti sviluppano sintomi anche più gravi degli allergici italiani. La rinite allergica può essere definita come una “malattia infiammatoria cronica” della mucosa nasale (al pari dell’asma bronchiale allergica) indotta da uno stimolo allergenico, ossia da un sostanza (in genere una proteina, normalmente innocua) capace di indurre in alcune persone, definite “atopiche”, la produzione di particolari anticorpi chiamati “IgE”, capaci di innescare tale infiammazione nel momento in cui l’allergene entra in contatto con la mucosa nasale. Questo particolare tipo di infiammazione sarà responsabile di fenomeni quali, la starnutazione “a salve” (crisi di starnuti a ripetizione in senza del classico raffreddore infettivo), la rinorrea (naso che cola) e l’ostruzione nasale. Se riflettete su queste manifestazioni, anche se non siete medici, vi accorgerete che non sono altro che dei meccanismi che il nostro organismo mette in atto per allontanare quelle sostanze che per errore riconosce come dannose.Talvolta ai disturbi nasali si accompagnano quelli della congiuntivite allergica: prurito oculare, senso di corpo estraneo (come “sabbia nell’occhio”), lacrimazione. Infine a tutto questo corteo sintomatologico si possono aggiungere prurito al palato ed alle orecchie e sensazione continua di muco in gola.Tutti questi sintomi e segni non necessariamente devono presentarsi insieme ma c’è una discreta variabilità individuale in termini di frequenza, di intensità e di compromissione della qualità della vita (difficoltà a riposare o a lavorare) che permettono al medico di classificare la malattia al fine poi di definire la terapia più appropriata caso per caso. Le manifestazioni cliniche sopra accennate sono tipiche della rinite allergica, soprattutto quando si manifestano nel periodo primaverile, in cui è noto riscontrare la massima concentrazione pollinica nell’aria che respiriamo. Si possono aggiungere altri piccoli segni che ad un medico attento permettono di ipotizzare una diagnosi appena il paziente varca la porta del suo ambulatorio. Ad esempio nei bambini con rinite allergica è frequente osservare delle occhiaie, conseguenti alla congestione nasale concomitante, magari solcate da una “ruga” orizzontale, nota come plica di Dennie-Morgan, determinata dal prurito e dal grattamento della zona perioculare conseguente ad una congiuntivite allergica spesso coesistente. Frequente è il riscontro di un’altra “ruga”, localizzata orizzontalmente sul dorso del naso, detta ruga nasale dell’allergico, conseguente allo sfregamento della punta del naso. Tale gesto praticato inconsciamente soprattutto dal bambino, magari appena entra nel nostro studio medico, è per noi come un saluto, detto appunto “saluto dell’allergico”. Per arrivare ad una diagnosi di rinite allergica il medico deve cominciare sempre da un colloquio con il paziente, durante il quale porrà delle domande che molto spesso lo orientano alla diagnosi. Seguirà l’esame obiettivo, si andranno cioè ad esaminare alcuni distretti come il naso (almeno nella sua porzione anteriore), la mucosa congiuntivale, l’orofaringe. Dovrebbe seguire sempre una auscultazione del torace, anche perché molto spesso un paziente che per anni è stato affetto da rinite allergica potrebbe aver sviluppato un’asma bronchiale allergica. Gli esami a cui è sottoposto il paziente con sospetto di rinite allergica sono rappresentati in primo luogo dallo skin prick test (le classiche “prove allergiche”), il quale consiste nella apposizione sulla cute di una goccia di estratto allergenico, seguito dalla pressione di un minuscolo ago che deve portare quell’estratto a contatto con particolari cellule presenti al di sotto dell’epidermide, dette mastociti, sui quali sono localizzati quegli anticorpi di cui ho accennato all’inizio, le IgE. Tali cellule daranno inizio alla reazione da “ipersensibilità immediata” rappresentata dalla formazione di un pomfo, che si potrebbe definire simile a quello che si forma in seguito alla puntura di una zanzara. Lo skin prick test è un esame basilare, molto attendibile e non molto costoso, facilmente eseguibile e che non ha particolari controindicazioni. Esiste poi la possibilità di determinare nel sangue le IgE specifiche verso determinati allergeni, ma questo è un esame di secondo livello che solo in alcuni casi l’allergologo decide di consigliare se sono necessari approfondimenti diagnostici, ad esempio quando vuole indirizzare quel paziente ad una immunoterapia specifica (vaccino). Negli ultimi 10 anni si è sviluppata un’altra metodica che consiste nella determinazione delle IgE specifiche per componenti molecolari degli allergeni, metodica definita come “dagnostica allergologica molecolare” (Component Resolved Diagnosis). È un esame costoso e non praticato in tutti i laboratori, che solo allergologi esperti in questa metodica possono richiedere ed interpretare. Viene consigliato in genere al fine di prescrivere una immunoterapia specifica quando ci sia un dubbio sulla sua indicazione. Per fare un banale esempio, due persone che al prick test risultano allergiche al polline di graminacee possono risultare sensibili a diverse proteine polliniche di graminacea, una delle due potrebbe beneficiare del vaccino mentre per l’altra il vaccino potrebbe risultare un trattamento inefficace. Quando la diagnosi di rinite allergica è dubbia, ad esempio quando i test cutanei sono negativi o quando i sintomi non convincono il medico (ad esempio una ostruzione perenne del naso in una persona che risulta sensibile ad un polline presente nell’aria solo pochi mesi) si possono eseguire altri esami quali la citologia nasale e la rinoscopia con fibre ottiche. Nel primo caso con un bastoncino di plastica si prelevano dalla cavità nasale delle cellule che si andranno ad esaminare al microscopio, questo al fine di ricercare particolari cellule infiammatorie che potranno dare indicazioni sulla genesi della rinite, sulla terapia da praticare e sulla prognosi. Nel secondo caso si va ed esaminare l’interno delle cavità nasali con una “fibra” ottica, del tutto simile a quella usata per le gastroscopie o le colonscopie, logicamente più sottile e meno lunga, questo al fine di identificare patologie che possono spiegare i sintomi riferiti dal paziente. Per quanto riguarda la terapia della rinite allergica la prima cosa da fare è allontanare l’allergene, o almeno limitare la sua presenza nell’ambiente circostante. Questo però non è sempre facile da ottenere. È possibile allontanare un cane o un gatto, ma non sempre si accetta questa soluzione. Esistono una serie di norme che i pazienti con allergia all’acaro della polvere devono seguire per ridurre la sua presenza nell’ambiente domestico… ma non si ottiene mai un azzeramento della sua presenza. Di sicuro non è possibile combattere i pollini che diffondono nell’atmosfera. Pertanto è necessario spesso ricorrere ai farmaci. In realtà prima ancora di parlare di farmaci è buona norma che i pazienti con allergie respiratorie imparino a lavare il proprio naso. Come? Con irrigazioni di soluzione fisiologica che come una secchiata d’acqua sul pavimento allontanano i allergeni ed altre sostanze irritanti dalla mucosa nasale. Per quanto riguarda i farmaci oggi abbiamo molte armi a disposizione. Abbiamo i classici antistaminici, i cortisonici nasali, i cromoni topoci, e gli antileucotrienici, ma tutti questi sono in realtà farmaci “sintomatici” cioè servono solo a combattere i sintomi, i disturbi della malattia, senza portare in realtà ad una guarigione definitiva. L’unica terapia in grado di modificare la storia naturale della rinite allergica è l’immunoterapia specifica (nota alle persone come vaccino antiallergico). Questa terapia consiste nel somministrare, per via sublinguale o per via sottocutanea, piccole quantità di allergene, al fine di indurre il sistema immunitario a non riconoscere più quella sostanza “irritante” come allergene, bensì a tollerarla. È opinione comune pensare che il trattamento della rinite allergica, così come di tutte le allergie, sia rappresentato dall’uso degli antistaminici. Non è vero che gli antistaminici sono la panacea di tutti gli allergici e non rappresentano la terapia principale (o addirittura l’unica) da praticare nella rinite allergica. Molte persone assumono antistaminici per mesi o anni, come automedicazione o, cosa più grave, dietro il consenso di medici che vedono nell’antistaminico una innocua scorciatoia. Voi cosa scegliereste tra una pillola da mandar giù ed un farmaco ad azione locale, assorbito o metabolizzato in quantità prossime allo zero? Ancora più grave è il trattamento della rinite allergica con cortisonici orali o addirittura iniettivi, ed ancora il ricorso a vasocostrittori nasali. Cortisonici sistemici e vasocostrittori non sono per nulla menzionati tra le linee guida di trattamento della rinite allergica. Il primo farmaco da utilizzare, nelle forme persistenti di rinite, è il cortisone nasale spray, perché è l’unico farmaco capace di spegnere completamente la flogosi persistente alla base della rinite allergica. Un’altra opinione molto diffusa tra le persone ed anche tra molti medici è che i vaccini non funzionano. Questo forse è accaduto perché negli anni passati l’immunoterapia è stata praticata male, magari da medici non allergologi, o semplicemente perché non c’erano le conoscenze e le integrazioni diagnostiche di cui oggi disponiamo (diagnostica molecolare, citologia nasale). Circa un anno l’AIFA (Agenzia italiana del Farmaco) ha consentito la rimborsabilità dell’immunoterapia sublinguale per le graminacee da parte del SSN, proprio in virtù dei risultati positivi che negli ultimi anni l’immunoterapia ha dimostrato in fiumi di pubblicazioni scientifiche. Per i prossimi anni si prevede la rimborsabilità anche per altre immunoterapie. Finalmente per il povero paziente allergico qualcosa sta cambiando in positivo!

Dr Fabio De Bartolomeis, Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica