La voce dell’Africa: Kuomba domandare, pregare

Padre Oliviero Ferro*

 “Nakuomba, unisaidei, Nasikia njala” (te lo chiedo, aiutami, ho fame). Quando sentivi quelle parole e vedevi che venivano dalla bocca di una mamma, accompagnata dai bambini piccoli, non potevi fare finta di niente. Ti veniva, magari, da pensare che forse voleva imbrogliarti. Ma di fronte a una richiesta di aiuto, non puoi dire di no. Le davi quello che potevi, soprattutto perché, in molti casi, la donna era stata abbandonata dal marito che era andato a cercarne un’altra più giovane. E come al solito, tutto ricadeva sulle spalle della mamma. Lui, l’uomo, aveva delle cose più importanti a cui pensare. Dopo averla aiutata, chiedevi a qualcuno della comunità di base di informarsi meglio sulla situazione di quella famiglia e come aiutarla. Non è il missionario che aiuta, ma sono i cristiani, la comunità che condivide quello che ha ricevuto con chi è in difficoltà. Ma il kuomba vuole anche dire pregare. Non solo a mani giunte, ma con il cuore aperto verso il Buon Dio. E qui c’era solo da imparare. Si rivolgevano a Lui con semplicità, perché lo sentivano parte della loro vita.

* missionario saveriano