Vallo di Diano: SNOQ, lettera aperta al professore Parente contro suoi timori

Alcuni comitati civici del Vallo di Diano erano a malincuore disposti a bypassare l’articolo del Sole 24 ore in cui erano stati definiti come gruppi di persone che, a prescindere da ogni obiettiva valutazione dei rischi e benefici, si opponevano in maniera aprioristica alle ipotetiche trivellazioni petrolifere nel proprio comprensorio territoriale. Il giornalista Jacopo Giliberto in quel testo li aveva definiti comitati nimby, che “dicono di temere (anzi, pronosticano con certezza) devastazioni, disastri, catastrofi”. Passi pure per l’inettitudine in capo ai suddetti comitati di non comprendere come il petrolio sia in grado di “generare un Pil e un indicatore Bes (Benessere equo sostenibile) che mettono invidia alle regioni vicine, come afferma uno studio di Confindustria Basilicata” (op. cit.), ma quanto affermato dal prof. Mariano Parente in un’intervista, pubblicata lo scorso 18 gennaio dal Roma, va al di là di ogni prevedibile critica a quanti nel Vallo di Diano si oppongono alle paventate trivellazioni petrolifere. Lanciare quale allarme “Probabilmente nessun geologo della mia università potrà fare ricerche nel Cilento senza rischiare la propria incolumità” si configura come più di un’offesa agli occhi di chi oppone argomentazioni puntuali e precise, nonché avallate da riscontri scientifici, ai progetti di ricerca di idrocarburi nel comprensorio valdianese.  Queste stesse persone non hanno certo bisogno di alzare impropriamente la voce per affermare le proprie tesi né tanto meno di allungare le mani per mettere a tacere le ragioni di chi sostenga posizioni contrastanti, minacciandone addirittura la vita. Mariano Parente, docente di geologia del petrolio al Dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e delle risorse presso l’Università Federico II di Napoli, dovrebbe venire a conoscere i componenti dei comitati civici territoriali che hanno a cuore le sorti del proprio habitat naturale, così da comprendere che essi non userebbero la forza per corroborare le loro tesi, ma semmai il vigore insito nelle loro posizioni ideali. Il comitato Se non ora quando-Vallo di Diano, ad esempio, nel giugno del 2015 organizzò un convegno molto partecipato per descrivere ai presenti ed ai rappresentanti istituzionali del comprensorio i rischi che le trivellazioni petrolifere avrebbero comportato in un bacino territoriale particolare, come quello interessato dai due permessi di ricerca Monte Cavallo e Tardiano richiesti dalla Shell. I luoghi interessati dalle paventate attività di ricerca di idrocarburi costituiscono un acquifero di importanza socio-economica insostituibile (circa 8000 litri al secondo), conseguentemente un’area intoccabile da parte di elementi inquinanti. Un’area nella quale vanno espletati interventi tesi ad eliminare le attuali scarse fonti inquinanti e dove deve essere vietato qualsiasi intervento che possa arrecare inquinamento, come quello che potrebbe derivare dai due permessi di ricerca petrolifera menzionati. Anche altri comitati civici territoriali, accomunati dalla difesa dell’ambiente del Vallo di Diano e costituitisi in coordinamento, definiscono unanimemente prioritaria la tutela dell’acqua, dacchè le opzioni strategiche in campo risultavano ben evidenti: da una parte c’è il petrolio, la cui estrazione si esaurirebbe nell’arco di 10/15 anni, e dall’altra l’acqua, che nell’ipotesi di concretizzazione dei permessi di ricerca di idrocarburi potrebbe andare definitivamente e irreparabilmente perduta. Il prof. Mariano Parente dovrebbe conseguentemente comprendere che, quando sui piatti della bilancia si pongono da una parte l’acqua e dall’altra il petrolio, è difficile che royalties o altre forme di vantaggio economico possano convincere le popolazioni locali a optare per l’oro nero. E poichè da parte dei comitati civici non si vuole attentare alla sua incolumità, sarebbe peraltro utile che il docente si affacciasse nel comprensorio per spiegare le ragioni che lo portano a ritenere che le perforazioni della Shell non siano di pericolo per le falde acquifere del Vallo di Diano. Saremmo onorati di ascoltare le sue argomentazioni scientifiche espresse in un libero, pacato e costruttivo confronto con chi a quelle tesi ne contrappone altre. E, a nome del mio comitato, le consiglio di portare con sé, egregio professore, anche i suoi allievi, perché quel “forse non manderemo più sul campo nemmeno i nostri studenti e tesisti per non metterli a rischio”, fa male a chi nel Vallo di Diano non merita che gli vengano attribuiti comportamenti violenti. In un’intervista del giugno scorso ad Antonello Caporale il docente ebbe a dire “auguro ai miei figli di vivere in un luogo che abbia coscienza di sé, delle sue possibilità, delle ricchezze che ha, delle tutele che possono essere disposte senza rinunciare al benessere”. Ebbene una preghiera sarebbe il caso di rivolgere al prof. Parente: auguri alla comunità valdianese di onorare il proverbio indiano per il quale “Questo mondo non l’abbiamo in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli”. Vedrà, egregio professore, che nessun pericolo per la sua incolumità potrà generarsi da chi ha fatto di questo impegno ideale un suo principio di vita e non di violenza.

Rosy Pepe, presidente del comitato Se non ora quando-Vallo di Diano