La voce dell’Africa: Kabila, tribù

Padre Oliviero Ferro*

A  noi la parola “tribù”, non dice molto. Oggi si usa la parola “identità”. Però non so quanti, in effetti, ci credano. In Africa invece è una cosa terribilmente seria. La tribù è qualcosa che riunisce le persone, le fa sentire una sola cosa, le protegge e le rende visibili in tutto il territorio. Se si fa parte di una certa tribù, stai certo che, in un modo o in un altro, verrai aiutato e non lasciato solo. Ma anche tu dovrai fare la medesima cosa per ogni membro di questa grande famiglia. Ci sono incontri annuali in cui tutti si riuniscono per far vedere agli altri le ricchezze culturali e economiche, le proprie caratteristiche. Se uno riesce ad emergere, tutta la tribù ne beneficia. Questa naturalmente vale, in piccolo, anche per la famiglia. Normalmente ci si sposa con le persone della propria tribù. E’ difficile farlo con quelli di altre tribù. Anche questo è un modo per rafforzarla, per fare capire a tutti che la tribù cresce, si espande e quindi diventa importante. Lo si vede quando ci sono le elezioni politiche, e anche nella vita della Chiesa. Si cerca in tutti i modi che la propria tribù acquisti importanza (con ministri, preti, vescovi o altri personaggi potenti economicamente), così da dare orgoglio a tutti. Quello che in Africa abbiamo cercato di fare capire ai nostri fratelli è che bisogna sentirsi aperti a tutti. Diventando cristiani si fa parte di un’unica tribù, famiglia: quella di Gesù Cristo. E quindi, anche se viene da un’altra tribù, quello diventa mio fratello e mia sorella. E’ un lungo cammino, ma piano piano le cose stanno cambiando.

*missionario saveriano