L’angolo della lettura: Tutti vogliono possedere la fine del mondo

Angelo Cennamo

Ross Lockart è un uomo forgiato dai soldi. Si era fatto presto un nome analizzando il profit impact dei disastri naturali. La sua giovane moglie, Artis Martineau, è gravemente malata di sclerosi multipla. Ross è tra i finanziatori di Convergence, un’azienda tecnologica che in un luogo segreto e inaccessibile del Kazakistan sperimenta la criogenesi, un’applicazione medica avveniristica che consente il congelamento dei corpi e delle coscienze fino a quando la medicina sarà in condizione di guarire ogni malattia  –  “Zero K” è lo zero assoluto, un’unita di misurazione della temperatura che corrisponde a meno duecentosettantatre virgola quindici gradi Celsius. K sta per Kelvin, il fisico che l’ha teorizzata. Per sopravvivere alla propria  morte, certa ed imminente, ad Artis non resta che affidarsi al miraggio di questa nuova tecnica. E Ross? Ross è un uomo sano per quanto anziano, ma non vuole abbandonare l’amata compagna al suo oscuro destino. Decidere di seguire Artis nella macabra avventura della criogenesi è però qualcosa di più di una coraggiosa scelta d’amore, è l’opportunità di appagare il più folle dei desideri, quello di possedere anche la morte. “Tutto sarà rapido, sicuro e indolore” spiega il magnate della finanza al figlio Jeffrey, convocato in Kazakistan per un improbabile arrivederci e per una difficile riconciliazione dopo il doloroso divorzio da sua madre. Jeffrey tenta invano di dissuaderlo, è convinto che i medici gli abbiano fatto il lavaggio del cervello. Convergence più che un’azienda supertecnologica sembra infatti una setta di fanatici che promettono la resurrezione a ricchi uomini d’affari: “tempo, destino, possibilitàimmortalita‘”. La morte è una creazione culturale, un’abitudine difficile da spezzare: questo è il messaggio che viene inculcato ai pazienti inebetiti che attendono di essere congelati. La permanenza di Jeffrey nel labirinto futuristico di Convergence occupa buona parte del racconto. Come Dante in un girone infernale, Jeffrey vaga tra i corridoi e i cubicoli  silenziosi di quel non-luogo isolato e angosciante, dove si costruisce il futuro, una nuova idea di futuro. Porte chiuse, stanze senza finestre e sulle pareti maxischermi che trasmettono immagini non proprio rassicuranti. Di tanto in tanto, si incontrano dei manichini che riproducono i corpi svuotati e abbandonati al cupo letargo artificiale. Zero K è un romanzo postmoderno, un po’ filosofico un po’ fantascientifico, dalla scrittura gelida, lenta, disadorna, minimalista, con molte frasi brevi: “Entro in camera da letto. Non c’è uninterruttore alla parete. La lampada è poggiata sulla cassettiera accanto al letto. La stanza è al buio“, e apatica come il tema della criogenesi e come il volto inespressivo che appare sulla copertina del libro. L’ultimo capolavoro di uno scrittore inarrivabile che ha avuto come suo unico erede David Foster Wallace – la fauna dei morituri che si aggira tra i corridoi asettici e spettrali della Convergencericorda la “Enfield Tennis Academy” di Infinite Jest, con i suoi giovani tennisti prostrati e assuefatti alla noia – Un’opera ambiziosa per bellezza, originalità e profondità. Un libro che non si dimentica.